Immaginate una nave senza mare. Una nave che attraversa campi, paesi, città silenziose circondate da montagne. Immaginatela lunga ventisette metri e larga sei, adagiata su due carrelli trainati da una motrice e costruita in policarbonato e acciaio Corten. Immaginatela come fosse un vascello sospeso nel tempo, ma non per questo poco solido o senza una rotta. Al contrario, un vascello carico di storie fantastiche, personaggi magici, echi ancestrali, favole antiche, figure misteriose. Una nave teatrale, certo, nella misura in cui il teatro è sempre e comunque un viaggio. Ma anche una nave ancorata al suo porto di umanità e vita vissuta. Perché ogni viaggio possiede sempre un legame forte con i luoghi e i popoli che “attraversa”.
È questo l’oggetto/simbolo del complesso progetto Aware – La Nave degli Incanti con cui la compagnia Gommalacca di Potenza ha vinto il bando riservato alle compagnie lucane dalla Fondazione Matera – Basilicata 2019 e che prevede la realizzazione di uno spettacolo ad episodi lungo la S.S. Basentana con partenza da Potenza il 7 luglio e arrivo a Matera il 21 luglio. Due settimane di navigazione, toccando Castelmezzano (il 10 luglio), Garaguso (il 14) e Ferrandina (il 17). E se l’approdo non potrebbe che essere laddove quest’anno si stratificano le manifestazioni per Matera – Capitale della Cultura, l’itinerario nella sua completezza è davvero il cuore dell’iniziativa. Anche perché questa scenografica nave delle meraviglie, cui fa da emblematica eco la provocatoria “Barca nostra” portata alla Biennale di Venezia dall’artista svizzero Christoph Büchel, ha avuto un tempo di progettazione lungo, appassionato e ragionato. Un tempo di gestazione/maturazione che coincide in fondo con i tanti anni di lavoro sul territorio che Mimmo Conte e Carlotta Vitale, co-fondatori di Gommalacca, hanno fatto per costruire con la popolazione un dialogo sinergico e significativo nell’intento – peraltro riuscitissimo – di sradicare la miope convinzione che teatro e spettacolo coincidano.
Proprio grazie al consenso e alle conferme arrivate da parte della cittadinanza di Potenza e della Basilicata tutta, Mimmo e Carlotta (lui, regista/attore di origine campana; lei, attrice e direttrice artistica della compagnia con natali in Puglia) hanno potuto disegnare la fisionomia di un progetto così complesso e ambizioso (i dettagli al link: https://www.gommalaccateatro.it/la-nave-degli-incanti/), chiamando a bordo con loro Riccardo Spagnulo (curatore della drammaturgia), lo scenografo Mario Carlo Garrambone (ideatore della macchina scenica), l’artista plastico Didier Gallot-Lavallée, l’Atelier SudSide di Marsiglia, Andrea Paolucci del Teatro dell’Argine (impegnato negli aspetti organizzativi). Senza contare, ovviamente, la tanta gente comune, dai bambini agli anziani, che si è lasciata coinvolgere nel progetto prendendo parte attiva alla fase di indagine sociale preliminare al corpo dell’evento e che è stata curata dalla piattaforma di rigenerazione urbana Recollocal.
È la stessa Carlotta Vitale a raccontarci il cantiere in cui ha preso forma questa nave magica e incantata, che può vantare una “ciurma” di oltre trenta persone.
A poco meno di un mese dal varo de La Nave degli Incanti, puoi spiegarci come nasce l’idea di questo progetto?
Lo possiamo considerare una specie di culmine, di conclusione del lungo lavoro nella e sulla città di Potenza che Mimmo Conte ed io abbiamo iniziato a fare da quando è nata la compagnia Gommalacca e, al contempo, qualcosa di nuovo. Direi che Aware rappresenta sia l’approdo di quanto abbiamo messo in campo operando sul territorio, dopo esserci a lungo interrogati su quale dovesse essere la nostra “funzione”, sia una nuova partenza, un momento importante di passaggio che ci porterà senz’altro ad un cambiamento in termini artistici e operativi.
La vostra storia a Potenza inizia tanti anni fa. Come siete riusciti a coniugare ricerca creativa e necessità di coinvolgere il territorio?
Mimmo ed io ci siamo conosciuti a Potenza nel 2005, quando siamo arrivati in città per partecipare ad un’esperienza formativa con Serena Dandini. Poi abbiamo deciso di fermarci qui; il Comune ci ha riconosciuto come realtà cittadina e piano piano abbiamo iniziato a costruirci una fetta di mercato. Abbiamo coinvolto altri attori, studenti, e abbiamo puntato su un linguaggio espressivo rivolto alle nuove generazioni, portando laboratori e spettacoli in spazi inusuali. Sapevamo di dover parlare a un pubblico vasto ed eterogeneo proponendo temi non troppo scontati e la risposta è stata immediatamente molto buona. Nel 2006 però, come molti ricorderanno, il Circuito distributivo ABS è fallito e la città si è trovata sguarnita, in un vuoto e in una crisi preoccupanti. A quel punto abbiamo iniziato a tessere una rete di relazioni con altri operatori e a lavorare soprattutto sulla formazione del pubblico. Potevamo farlo perché vivevamo qui e avevamo imparato a conoscere il territorio. Motivo per cui, alcuni anni dopo, ci hanno assegnato una “casa” nel famigerato Rione Cocuzzo, un quartiere periferico che somiglia a Corviale e si articola in un unico palazzone di 750 metri – lo chiamano il Serpentone di Potenza – circondato dalle montagne.
Ed è proprio qui che è stata edificata quella nave “della vergogna” da cui prende spunto l’idea del progetto per Matera 2019. Una nave inamovibile che diventa dinamica?
Proprio così. Al centro di questo complesso c’è una pazzesca nave di cemento progettata nel 2000 da Enric Miralles come opera di riqualificazione urbana. Il progetto non è stato mai ultimato perché durante i lavori Miralles, uno dei maggiori archistar dell’epoca, morì improvvisamente e l’opera restò lì, come un silenzioso cimitero sotterraneo. Solo molti anni dopo si pensò di trasformare l’area in un giardino pensile. Una macchia di verde che non impedì comunque di lasciare la zona nel degrado. Guardare il complesso dall’alto suscita davvero una grande impressione. Pensavamo da tempo di dover realizzare un progetto che avesse a che fare con quello scempio edilizio.
Eppure, proprio in questo scempio edilizio ha origine la vostra bella avventura artistica degli ultimi anni.
Ci siamo stabiliti nel Serpentone nel 2012 e da allora abbiamo dato il via ad una serie di laboratori, lavorando con i bambini, gli anziani, i ragazzi del luogo. Proponevamo soprattutto azioni in strada o in altri spazi e baratti scenici molto coinvolgenti per la popolazione. In pratica, abbiamo fatto piazza pulita della parola “teatro” e l’abbiamo rimpiazzata con un codice di bellezza che fosse anche apertura al territorio, mediazione con la gente. Siamo infatti convinti che, tanto più in realtà come questa, il teatro debba essere uno “strumento di attivazione sociale”, intendendo con questa espressione la capacità di connettere persone, luoghi e di creare le condizioni affinché la gente scopra altri tipi di legami tra sé e con gli spazi che abita. Un concetto fondamentale per noi, che è stato anche al centro di un convegno svoltosi a Roma il 2 aprile scorso nei locali del WeGil in seno al quale c’è stata una prima presentazione pubblica di Aware.
Da quanto racconti si deduce che ci sia un nesso molto stretto tra il vostro background potentino e il format con cui avete vinto il bando per Matera. È esatto?
Direi di sì. La Fondazione Matera, nel 2017, ha pubblicato un bando per un progetto teatrale dedicato a Matera cui potevano aderire solo operatori lucani. Abbiamo avuto due settimane per candidare un’idea. Giorni frementi in cui ha preso forma la nostra idea della nave: non potendo spostare la nave di Miralles avremmo fatto muovere una nave/macchina scenica e l’avremmo fatta viaggiare per la Regione. Abbiamo puntato sulla nostra esperienza, sulla collaborazione di tanti partner, anche stranieri, e di tanti bravi artisti. Ma soprattutto sulla comunità. È questa che fa muovere veramente la nave, il nostro teatro viaggiante. Avevamo chiaro che il lavoro sarebbe scaturito dal confronto con altre persone, sia professionisti del settore sia gente comune. E in effetti è stato così. Basti pensare che abbiamo organizzato due ondate di selezioni e abbiamo lavorato sempre in condizione di co-creazione, come se si trattasse di una “gravidanza” collettiva.
Come si è andato strutturando l’intervento, tra gli altri, di Riccardo Spagnulo (pluripremiato fondatore della compagnia Fibre Parallele, ndr) alla drammaturgia?
Da diverso tempo Riccardo era impegnato in un progetto di rigenerazione urbana e portava avanti una ricerca, estesa ai cinque Comuni coinvolti ne La Nave degli Incanti, che è poi confluita in uno splendido dossier, corredato da un e-book scaricabile dal nostro sito, che restituisce una visione della Lucania contemporanea incredibile. Parlando con tante persone diverse, ha collezionato del materiale straordinario: sogni, desideri, paure anche legate al tema stesso del viaggio, dell’incontro con l’altro. In pratica è riuscito a coniugare taglio sociologico e indagine sulla cultura delle radici popolari. Motivo per cui nella drammaturgia c’è un tratto fortemente fantastico. Ad incarnarlo è in primo luogo la figura della protagonista: una bambina (Sofia, ndr) che non riesce a dormire, sente una voce che la chiama, incontra un mentore e ha un pesce da riportare al mare. Questo è il filo rosso che attraversa le cinque azioni e che fa da collante all’intera storia.
Dunque si tratta di episodi diversi ma complementari tra loro?
La partitura drammaturgica è divisa in cinque episodi che assecondano la scansione delle cinque tappe toccate dalla nave. Il leitmotiv della bambina resta ma, per esempio, a Castelmezzano ella incontra un’incantatrice di anime; a Ferrandina arriva in un villaggio fantasma; infine, a Matera (la città Madre appunto), luce e oscurità si scontrano: il viaggio del pesce che era un ragazzo termina con il ritrovamento della madre. Nel complesso, posso dire che Riccardo ha fatto un lavoro molto bello e ha valorizzato con rara originalità il materiale donatogli dalle persone con cui ha condotto la ricerca. È uscito dai soliti cliché e ne è venuto fuori un mondo archetipico, mitologico, incantato, appunto.
In definitiva la nave viaggia e apporta un significato nuovo ai luoghi che attraversa?
Esattamente così. Lo strumento del viaggio serve per trasportare questa scatola di incanti e per cambiare ogni volta la percezione dei diversi luoghi in cui “approda”. Questa credo sia in definitiva la funzione stessa del teatro. Per lo meno, quando il teatro sa agire nella società.
Cosa ti auguri rispetto ad Aware e al suo debutto di luglio?
So che ci abbiamo messo tutta l’energia possibile. Ci crediamo e lavoriamo da mesi con forza e dedizione. Mimmo ha fatto una regia preziosa. Tutti gli artisti impegnati e le persone coinvolte hanno dato il massimo. È stato un lavoro di costruzione collettiva e partecipata che, quando diventerà “spettacolo”, spero riesca a restituire questa idea forte di legame con il territorio. Un territorio bellissimo, particolare. Se dovessi augurarmi qualcosa, ecco, mi augurerei che la nostra Nave degli Incanti riesca a restituire, attraverso l’esperienza del paesaggio, le tante sollecitudini dello sguardo cui questa Regione ti espone. Aware è tutto questo. Una parola che rimanda, per suono, ad un termine giapponese che significa proprio incantamento di fronte alla natura, sensazione di stupore, di perdita nel tempo e nell’immaginazione. Cosa di più teatrale?
Aware – La Nave degli Incanti
Spettacolo teatrale ad episodi lungo la S.S. Basentana
in scena dal 7 al 21 luglio 2019.
7 luglio: Potenza
10 luglio: Castelmezzano
14 luglio: Garaguso
17 luglio: Ferrandina
21 luglio: Matera.
Per info: www.gommalaccateatro.it; http://www.materaevents.it/