Dal 19 al 27 luglio 2019, a Sansepolcro (Arezzo) si è svolta la diciassettesima edizione del Festival Kilowatt. Nobile l’intento di Luca Ricci e di Lucia Franchi espresso all’inizio dello stesso: «Ci piacerebbe che si ricominciasse a far girare una grossa ruota, tutti insieme, anche se parliamo lingue diverse e veniamo da culture differenti, che gli individui sentissero che prendere parte è più divertente del restare ai margini. Partecipare è normale perché siamo esseri umani. Basta compiere un gesto semplice per togliersi dai lati e condividere un invito. Il teatro è un buon posto da cui ricominciare a mettersi in gioco».
Partecipare: prendere parte ai sentimenti altrui, dunque. Sentimenti che hanno avuto modo di confrontarsi, sicuramente, nei diversi spazi offerti nel piccolo comune dove Piero della Francesca compose il famose Polittico e la Resurrezione del Cristo (ma non soltanto). Un posto in cui si possono ascoltare ancora gli echi durante il palio dei Giochi di Bandiera e altre manifestazioni ispirate al Rinascimento.
Dopo un’annunciata fiacca, anticipata all’inizio del Festival e causata dal dibattito nato a giugno sui social che ha visto il ritiro di Romeo Castellucci come principale artista ospite, abbiamo avuto modo di percepire una veloce ripresa, vedere teatro e continuare a parlarne anche dopo di questo (o continuare a farlo?). Gli spettacoli, visti durante la nostra permanenza (dal 19 al 21), si sono concentrati tutti negli orari tra le 18:00 e le 23:00, seguendo una maratona divertente, in quanto mossi dalla curiosità e dallo stupore con percorsi itineranti in case private, come è stato per la compagnia Bartolini/Baronio che ci ha regalato 9 Lune, nove racconti diversi sul concetto dell’abitare, del vivere un luogo e, di conseguenza la storia di chi, quello stesso luogo, lo abita; una performance itinerante, dal gusto di un viaggio sonoro come fosse un ritorno al pianeta. Una performance che ha coinvolto tutti i sensi in un mantello di dolcezza e ricerca dettagliata di un abitare non solo una casa, un luogo. Bensì, un viaggio interiore che, inevitabilmente, ha suggerito mille domande e suscitato grandi emozioni.
Sono stati spettacoli coinvolgenti nel loro essere raffinati, carichi, come nel caso di Shakespearology di Teatro Sotterraneo di una conoscenza certosina dei testi di Shakespeare ricuciti con una ironia tagliente e riflessiva. Un one-man-show, una biografia, un catalogo di materiali shakespeariani più o meno pop, un pezzo teatrale ibrido che dà voce al Bardo in persona e cerca di rovesciare i ruoli abituali: dopo secoli passati a interrogare la sua vita e le sue opere, finalmente è lui che dice la sua, interrogando il pubblico del nostro tempo, anche su una situazione teatrale che lascia in bilico speranze e futuri incerti, come su tacchi traballanti.
E ancora: spettacoli partecipativi come Imitation of Love della compagnia Cuocolo-Bosetti in cui in dieci round si consumano i conflitti generazionali tra figli e genitori e tutte le cicatrici che ne derivano, mentre lo spettatore “naviga” nello stesso spazio degli attori. Questi ultimi – con una dolcezza intrisa di ironia che poi si rivela malinconia mista a rabbia – portano in maniera continua a scavare, come un coltello nelle piaghe del passato, sull’irrisolto che anche i complessi familiari possono causare durante le crescite e nelle scelte, nonostante un andare avanti nel tempo e continuare a ripetersi “ma non m’importa!”, perché invece importa, importa eccome se solo qualche carta in tavola fosse stata scoperta o cambiata e se solo ci fosse stato un po’ più di ascolto.
È stata celebrata, poi, la ricorrenza del sogno più grande di un uomo, quello dell’allunaggio, il momento in cui l’intero mondo si è fermato nell’ammirare un uomo che ha messo piede sulla luna. La compagnia Arditodesìo – di Andrea Brunello, con Laura Anzani e Ettore Distasio – con Fly Me To The Moon ha messo in luce la crisi di una coppia dal punto di vista di una donna, una casalinga, che aspetta, che giustifica fino alla fine, fino a sentire il male, il sogno più grande dell’uomo stesso: mettere per primo il piede sulla luna appunto, un desiderio che porta a dimenticare qualsiasi principio “terrestre” e valore familiare. La fatica e l’impossibilità di raggiungere la luna vanno in parallelo con la mancanza di dialogo all’interno di un microcosmo. Notevole anche come, nello spettacolo, siano state spiegate, in maniera prettamente scientifica, alcune declinazioni lunari e l’importanza del satellite in comunione con la Terra. Questo piccolo miracolo scientifico è accaduto grazie alle competenze di Andrea Brunello, il quale è prima di tutto un fisico e matematico che si è laureato in Fisica e Matematica presso la Cornell University di New York nel 1992 e che ha conseguito il Ph.D. in Fisica Teorica presso la State University of New York-Stony Brook nel 1997. Nel 2001 ha interrotto la sua attività di ricercatore per dedicarsi a tempo pieno al Teatro con un obiettivo preciso: avvicinare il Teatro alla Scienza. È bello vedere come diverse discipline sposino il Teatro e si raccontino in un luogo a noi caro fatto di partecipazione, appunto.
Kilowatt ha avuto il pregio di “riunire” in case, piazze, teatri. Gli organizzatori hanno avuto la cura di fare in modo, anche tramite convegni, che tutti quanti potessero essere coinvolti, concedendo a ciascuno una autentica libertà di espressione.
Kilowatt Festival, Sansepolcro (Arezzo), dal 19 al 27 luglio 2019.