Arturo Benedetti Michelangeli: un secolo di poesia e di perfezione di Giulia Chiaraluce

«Essere un pianista e un musicista, non è una professione. È una filosofia, una concezione di vita che non può basarsi né sulle buone intenzioni, né sul talento naturale. Bisogna avere prima di tutto uno spirito di sacrificio inimmaginabile».

(Arturo Benedetti Michelangeli)

Il 2020 si configura come un anno ricco di anniversari per il nostro Paese. Nell’anno del centenario dalla nascita di Federico Fellini ci si prepara, anche, per i festeggiamenti di un altro importante centenario: quello della nascita del più grande pianista del Novecento, Arturo Benedetti Michelangeli.
Interprete di fama mondiale e insegnante appassionato, attraverso la sua carriera straordinaria, il genio italiano ha stabilito uno standard espressivo e uno stile esecutivo inimitabili, ridisegnando i profili del rapporto tra musicista e strumento.
Nato a Brescia il 5 gennaio del 1920, iniziò lo studio del pianoforte a soli tre anni e, a sette anni, si distinse come enfant prodige durante alcune esibizioni nei saggi scolastici. Un astro nascente, un talento unico, che venne ammirato e sostenuto da molte delle importanti personalità che si trovarono ad ascoltarlo. Tra i più celebri endorsment ricevuti dall’artista bresciano va ricordato quello di Maria Lentati de’ Medici che donandogli il primo Steinway mezza coda lo avviò, seriamente, alla carriera artistica.
Conseguito a soli quattordici anni il diploma di magistero in pianoforte, era il 1934, il Maestro calcò i palcoscenici internazionali dando vita al “fenomeno” Michelangeli, che divenne così un divo emblematico del Novecento musicale.

 

 

 

 

 

 

Accolto dal pubblico internazionale come il nuovo Liszt, iniziò la sua attività didattica al Conservatorio di Bologna nel 1939 e, senza abbandonare l’insegnamento (che fu sempre un aspetto rilevante della vita musicale del pianista) cominciò a far incidere i suoi lavori, su lacca, poco dopo l’inizio della Seconda Guerra Mondiale, nel 1941.
Durante la sua carriera tenne concerti in tutto il mondo, incantando – nel corso di ogni esecuzione – le anime degli spettatori. Il suo tocco, il suo fraseggio “ luminoso”, lo resero una celebrità del pianismo mondiale. Negli anni Sessanta, Michelangeli, come socio fondatore della casa discografica BDM, fallita a causa di dissesti economici, ricevette, durante un concerto al Teatro Ermete Novelli di Rimini, un atto di notifica di sequestro dei propri beni (tra i quali figuravano due pianoforti). A seguito di questo evento, offeso nell’onore e umiliato dall’“onta mediatica” di cui si sentì investito, decise di non suonare più in Italia e di trasferirsi in Svizzera dove morì nel 1995.
La biografia del Maestro ci restituisce una personalità complessa, tratteggiata da un dualismo che ha confluito in scelte estetiche estreme e in una comunicazione pubblica “faticosa”, rivelando una personalità tanto generosa quanto brusca, tanto razionale quanto repentinamente impulsiva. In realtà, la sua assoluta concentrazione verso una poetica programmatica, definita priva di orpelli mondani, venne fraintesa e giudicata come pretenziosa, oscurando così il senso stesso della sua ricerca artistica.

Michelangeli non aveva un carattere salottiero, ma divenne “divo” in maniera naturale, subendo la fama e il gossip da cui, però, tentava di fuggire per trascorrere una vita riservata. Fin dal principio della sua carriera, con la precoce conquista di riconoscimenti nazionali e internazionali, espresse un principio fondamentale della sua etica morale e professionale: quello di rivolgersi alla sostanza delle cose senza deviazione alcuna. Nel Maestro, la concretezza, estetica e filosofica del pensiero musicale, deriva da un rigore e da un’assoluta dedizione nei confronti della ricerca pianistica. Un lavoro artigianale, profondo e instancabile, che trascina il pianoforte all’apice dell’indagine timbrica. Michelangeli è stato un personaggio discusso e ritenuto, spesso, controverso.
Lo studio del repertorio impegnava l’esecutore per interi mesi prima di ogni concerto perché ne curava ogni singolo dettaglio: passava ore, assieme agli accordatori e ai tecnici, per mettere a punto gli “strumenti del mestiere”, i pianoforti, affinché potessero esprimere la loro potenza in ogni singola corda “tarata” con un timbro preciso e ciò non per capriccio o vezzo d’artista, ma con l’obiettivo di avvicinarsi alla perfezione.
Nel rivedere i video delle magistrali esecuzioni del Maestro si è colpiti dall’immagine del suo viso impassibile durante le sue performance: un’espressione imperturbabile che si presenta a noi come la sintesi concreta del pensiero musicale del pianista. Il suo lavoro ha donato al pianoforte la consistenza organica di un essere vivente, ristabilendo il colloquio tra strumento ed esecutore che illumina, ancora oggi, il pianoforte classico.

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Festival Internazionale del Pianoforte

Teatro Sociale, Bergamo, 25 aprile 2020.
Teatro Grande, Brescia, 26 aprile 2020.
Auditorium Lau Domenico, Foligno, 21 giugno 2020.