Il noto conduttore radiofonico statunitense Casey Kasem diceva: «la radio non è cambiata nel corso degli anni. Nonostante tutti i miglioramenti tecnici, è ancora un uomo o una donna e un microfono, la riproduzione di musica, la condivisione di storie, il parlare di diverse questioni – il comunicare con il pubblico».
Maria Genovese, autrice, conduttrice e regista radiofonica è riuscita con impegno e intelligenza a fare esattamente questo nel suo percorso segnato sino ad ora.
Lucana di origini, romana di adozione, dal 2014 collabora con Roma Tre Radio, la radio web ufficiale della Terza Università romana dove cura e conduce il programma di approfondimento letterario Dickens oltre a quello di approfondimento teatrale Dietro Le Quinte, poi diventato Ibsen.
Testarda di indole, ma soprattutto attenta e rigorosa nel suo lavoro, non si è mai tirata indietro su nulla. Per entrambi i programmi, cura da sola tutto il processo creativo, organizzativo, di editing, di podcast e Social. Così come per Mainstreaming, il morning show sempre di Roma Tre Radio, dove svolge l’importante ruolo di formare studenti e studentesse all’universo radiofonico.
Poco prima della “surreale sospensione” che ha costretto tutti noi a fare i conti con il lockdown, Maria Genovese aveva creato Radio Frammenti, un progetto nato con l’intenzione di creare uno spazio collettivo, itinerante, di racconti, per intercettare e “dare voce” a una comunità che vuole raccontare e raccontarsi, inventando uno spazio “altro” fatto di testimonianze, incontri, suoni, voci. Voci del presente, dell’attimo o delle situazioni che viviamo, come il podcast Altre vite, proposto con i materiali, inviati da tutti coloro che vogliono immaginare, descrivere, testimoniare, un tempo diverso.
Ci auguriamo che presto Radio Frammenti trovi un posto in cui e da cui resistere, perché, come ha affermato Bob Dylan: «Ho sempre trovato qualcosa alla radio. Proprio come i treni e le campane, era parte della colonna sonora della mia vita».
Maria, ci puoi spiegare quali sono le peculiarità di una radio web?
La caratteristica più importante delle radio web è rappresentata dall’immersione totale nel mondo digitale e quindi dalla produzione di contenuti fruibili in streaming su tutti i dispositivi elettronici. Inoltre, rappresenta il mezzo per eccellenza attraverso il quale è nato il sistema del podcasting che è in forte ascesa. Radio web è anche sinonimo di libertà rispetto al classico modo di fare radio, nella possibilità insita di sperimentare contenuti e formati. Locale e globale allo stesso tempo, una radio web è una vera e propria piattaforma di comunicazione.
Prima dell’isolamento cui ci ha costretto il Covid, hai ideato Radio Frammenti. Ci racconti le linee guida del progetto?
Radio Frammenti è una radio web itinerante, un piccolo studio mobile che vuole raccontare gli eventi culturali spostandosi da un luogo all’altro, attraverso la realizzazione di interviste, podcast e altri contenuti audio. Rappresenta il modo che ho scelto per narrare frammenti culturali ma è anche una sfida, quella di provare a mettere in connessioni le menti. Fra(m)menti ha questo doppio significato. Mi piacerebbe dare voce al pubblico, soprattutto a quello più giovane, utilizzando la radio come strumento didattico e formativo, muovendomi all’interno di un linguaggio vicino alle nuove generazioni che vivono molto il mondo del web, ma spesso restando fuori da quello culturale. Seguendo questa direzione, il progetto prevede anche la formazione di piccole redazioni locali che avranno modo di seguire laboratori radiofonici e acquisire gli strumenti per dar vita a un “racconto partecipato”, attraverso la creazione di format originali, una narrazione che tiene conto dei luoghi e dei territori e un dialogo continuo ed aperto con e tra artisti, operatori, reparti tecnici. Per questo è una radio “che si muove con te”. Un progetto aperto e in continua trasformazione che prevede al suo interno uno spazio audio di residenze artistiche, ma anche un posto dove ci si possa prendere cura di cose fragili, minute, che si assumono il rischio del fallimento quotidiano e che provano, tuttavia, ad esistere con coraggio.
È un sogno che sto provando a concretizzare. Mi piacerebbe diventasse piano piano una realtà lavorativa per me e per altre persone.
Un progetto che per ora si è dovuto fermare, ma che avresti potuto continuare utilizzando tutte le possibilità della rete. Penso, ad esempio, ai Social. Invece, apri uno spazio audio di racconto collettivo e decidi di non far sentire la tua voce. Perché?
Quello che sta succedendo mi ha atterrita. Non sono quello che faccio. Non devo per forza “condurre”. Se non ho parole o penso che quelle che ho non siano utili a nessuno, resto in silenzio. Ho cercato di capire quello che stava succedendo alla mia vita e alla vita delle persone a cui voglio bene. Ho aperto i microfoni a uno spazio audio perché a un certo punto ho capito che c’era una gran voglia di condivisione. Nel fare questo la mia voce non serviva. Ho scelto, almeno ci provo, di fare un tipo di radio che ha molto a che fare con la naturalezza. Non mi piacciono le costruzioni emotive. Cerco di evitarle. Non so se ci riesco sempre, ma l’intenzione c’è. Mi occupo dell’aspetto tecnico, costruendo una narrazione il più vicino possibile alla realtà di chi ha deciso di condividere con me e con chi vorrà ascoltare un pezzo della sua storia attuale, interessante o noiosa che sembri, ma è la sua storia, Altre vite appunto. Mi piace che le persone mi dicano che sono contente di essersi messe in gioco per raccontare qualcosa. In questo momento mi basta. Ci sarà tempo per altri formati.
Per quanto riguarda i Social, hai ragione. Una radio web ti offre tante possibilità. Il limite per me è rappresentato dall’adattabilità. Mi piace la prossimità in quello che faccio, l’ascolto, lo sguardo, i momenti intimi che si creano al di là del microfono. Avrei dovuto sacrificare tante cose del mio progetto che ha a che fare con il movimento, l’itineranza, in cambio di una presenza visibile in un quadratino. Utile a chi? Se devi fare questo passaggio, devi essere in grado di sostenerlo. Io non lo sono. Sia chiaro, è un passaggio assolutamente lecito. Non giudico chi decide di farlo. Anche a Roma Tre Radio alcuni bravissimi colleghi fanno le trasmissioni attraverso la diretta Instragram e avrei potuto fare lo stesso perché i responsabili ci hanno dato questa opportunità. So che è un po’ contraddittorio perché mi muovo sul web e mi stupisco di ciò che sul web si può fare. Ma io continuo ad amare la radio che si ascolta, non quella che si vede. La visibilità è diventata purtroppo da tempo il potere di contrattazione lavorativa. Abbiamo un po’ tutti paura di scomparire e allo stesso tempo vorremmo essere in grado di trovare nuove opportunità in questo tempo sospeso. Ma se sparisci per un po’ non è detto che poi tu non possa ricomparire. Sono stata invitata da Carlotta Vitale di Gommalacca Teatro a fare un incontro su radio e podcast, con ragazzi e adulti del laboratorio di ricerca scenica LA KLASS. Alcuni di loro hanno mandato contenuti per Altre Vite. Un’esperienza molto interessante che mi ha permesso di capire come tanti, soprattutto ragazzi, quando si parla di linguaggio Social, non si riconoscono affatto in questa realtà ri-costruita continuamente.
Credo che ognuno di noi avrà a che fare con una ferita molto profonda a cui dovrà dare ascolto. Siamo tutti preoccupati, giustamente, per le nostre professioni, per la ripresa economica, per la riapertura del mondo come lo abbiamo vissuto fino a pochi mesi fa. Ma io sono più preoccupata, per ora, di come il mio corpo e la mia anima devono muoversi in uno spazio fisico e sociale che so di dover riconoscere perché non ho scelta, ma rispetto al quale faccio una gran fatica. A proposito di adattabilità. I teatri sono chiusi ma forse il teatro è con noi anche più di prima.
Con Roma Tre Radio, hai fatto negli anni un lavoro straordinario dando voce a tante compagnie teatrali, autori, attori, registi e tecnici. Che tipo di continuità, alla luce di quanto accaduto negli ultimi due mesi, pensi possa esserci tra le due Radio?
Ho fatto del mio meglio. Il mio intento è stato sempre quello di avvicinare gli studenti al mondo del teatro e della letteratura, raccontare progetti sociali, cercando di usare una comunicazione semplice e diretta in dialogo con gli ospiti in studio. Sono davvero felice quando qualcuno mi chiede che spettacoli ci sono in programmazione o che libro può regalare. Certamente, non per la domanda in sé ma per quello che veicola rispetto al tuo sforzo, rispetto al fatto che la radio ti permette di trasferire e ricevere bellezza. Roma Tre Radio sarà sempre in un rapporto di continuità con quello che faccio. Rappresenta il posto dove ho imparato molto di quello che posso fare con Radio Frammenti. Ho la piena e totale disponibilità da parte dei responsabili e spero di continuare a meritarmela con tanto lavoro come ho fatto fino ad oggi. Vedremo come si presenterà il futuro.
Per le tue trasmissioni su Roma Tre Radio, curi da sola tutto il processo creativo, organizzativo, di editing, di podcast e Social. La stessa cosa la fai per Radio Frammenti. Uno sforzo enorme guidato da una scelta coraggiosa. Se dovessi tirare le somme oggi, il fare da “sola”, ti ha lasciato anche un senso di solitudine in relazione a quanto fatto e ai rapporti stabiliti con artisti e istituzioni?
Fare da soli non è sempre una scelta. Negli anni, ho provato a fare rete con diverse realtà presentando i miei progetti che avevano a che fare con la radio e la formazione. L’ultima proposta di questo tipo l’ho fatta al Teatro India a giugno 2019. C’è stato anche un incontro a dicembre 2019 al Teatro Argentina. Oggi una radio al Teatro India è nata. Vuol dire che la mia intuizione forse era buona.
Tempo fa un direttore artistico di un’istituzione culturale molto importante a Roma, mi disse: «Maria questo progetto è molto interessante ma la mia esperienza di operatore culturale mi fa dire che se non trovi un nome importante che ti affianca non te lo farà fare mai nessuno». Ha letto il progetto. È stato chiaro.
Ecco il dato è che spesso non conta il progetto ma conta chi sei. Questo è frustrante perché ogni volta devi raccogliere i cocci e rimetterti in sella.
Che impatto ha sulla tua vita e sul lavoro che fai una cosa del genere?
Non si tratta di Maria Genovese e dei suoi progetti. Il mondo della cultura è anche un sistema malato rispetto al quale spesso raccontiamo soltanto le cose belle. Capita a tanta gente di vivere queste esperienze e non va bene. Ho lavorato tanto in questi anni e ho fatto il meglio che ho potuto fare. Vengo da una realtà radiofonica, che ti prepara per il lavoro da fare fuori, ma quando provi a farlo fuori ti scontri con una serie di mostri. Qualche anno fa mi hanno proposto la direzione artistica di una radio web. Bello no? Peccato che avrei dovuto gestire tutta la programmazione in modo tale che potesse veicolare gente verso i corsi di teatro fatti da un’accademia. E pensa, nonostante non fosse previsto uno stipendio diretto ma che dovevi recuperare tu attraverso le sponsorizzazioni, se non ci fosse stata questa richiesta priva di ogni etica, avrei accettato il rischio. Non voglio essere fraintesa. So benissimo di non essere Zavoli ed essendo una persona adulta so anche che quello che so fare e faccio rispetto all’universo radiofonico macro si ridimensiona per forza di cose. Se realizzo un prodotto finito con un podcast e tu lo metti in rassegna stampa, sto contribuendo al tuo lavoro di ufficio stampa. Se parlo di un laboratorio teatrale nella mia trasmissione e si iscrivono delle persone che l’hanno sentita, sto contribuendo al lavoro di chi quel laboratorio lo fa. Stessa cosa se dieci studenti vanno in sala a vedere uno spettacolo di cui abbiamo parlato in radio. Quasi tutti i miei amici sono venuti a teatro con me. La mia dirimpettaia viene a teatro con me. Andare a teatro rappresenta adesso una opzione per loro rispetto a prima. Anche questo aspetto più pratico non mi sembra banale. Per rispondere quindi alla tua domanda precedente, sì, ho sentito e sento un senso di solitudine, di impotenza e frustrazione molto alto rispetto alle istituzioni. Per quanto riguarda alcuni artisti, alcuni uffici stampa, alcuni operatori, alcuni critici, per esperienza ho capito che fin quando lavori gratis sei la più brava del mondo a prescindere da tutto ma di quello che vivi tu non frega nulla a nessuno. Poi però arriva la pandemia. Hai notato come durante questo periodo molti dicono che siamo tutti una grande famiglia sulla stessa barca? In questa barca però ci sono gli stessi che ti chiamavano per la comunicazione e volevano pagarti in nero, o quelli a cui se chiedevi il numero di telefono di un giornalista ti dicevano che l’agenda dei contatti è sacra, o critici che in maniera poco etica consigliavano sempre gli stessi uffici stampa ad artisti o a festival. Quindi alcuni rimarranno sulla barca e altri resteranno sulla zattera. Esattamente come prima. Mi sorprende questo affanno a domandarsi se ne usciremo migliori quando nel mentre ne siamo già usciti peggiori. Detto questo poi devi decidere se lasciarti abbattere o andare avanti. Io ho deciso di andare avanti.
Radio Frammenti è anche la mia risposta a quello che ho detto fin qui. L’idea che puoi canalizzare le tue energie in maniera positiva e provare nel tuo piccolo anche a cambiare delle cose. Mi piacerebbe dar vita ad uno spazio in cui le persone che hanno delle idee, dei progetti, possano trovare ascolto e sostegno. Un processo lungo, lo so. Anche qui sono sola perché non voglio collaboratori se non li posso pagare, ma ci sono tante persone che mi sostengono e molte di queste le ho conosciute grazie al lavoro in radio. Ne approfitto per ringraziare Mirko Gallico, tecnico audio già per Roma Tre, che mi ha supportato nella parte tecnica; Tamara Bartolini e Michele Baronio che hanno realizzato i primi jingle; Rita Petruccioli che ha realizzato il logo e la copertina della pagina facebook. Voglio, poi, ringraziare Roberta Nicolai, direttrice artistica di Teatri di Vetro per aver voluto continuare un rapporto di lavoro e sinergia iniziato anni fa durante il tematico di teatro e avermi dato la possibilità di lavorare con Radio Frammenti concedendomi anche l’opportunità di una narrazione dilatata nel tempo essendo il mio un progetto appena nato. Ringrazio per lo stesso motivo Antonino Pirillo, Giorgio Andriani e Valentina Marini del Teatro Biblioteca Quarticciolo, teatro con il quale continua un rapporto di collaborazione iniziato anni fa. Benedetta Boggio è la prima persona alla quale ho parlato di Radio Frammenti e anche da lei ho avuto pieno sostegno. Ci sarebbero tanti altri nomi, per fortuna, ma mi fermo.
Per quanto riguarda il lavoro fatto a Roma Tre Radio, che rappresenta una realtà di eccellenza nel panorama delle radio web universitarie, è stato diverso?
Ho avuto la possibilità di gestire da sola due programmi tematici, uno sul teatro e uno su letteratura e narrazioni ma non è stata una scelta obbligata. È stata una mia scelta che la direttrice dei programmi, la professoressa Marta Perrotta e gli station manager Oriella Esposito e Marco Cocco, hanno appoggiato e che mi ha permesso di fare un’esperienza formativa e lavorativa straordinaria. Ma alle spalle c’è sempre stata una struttura presente in qualsiasi momento. Quando mi è stato chiesto di andare con una postazione radio alla fiera Più libri Più liberi, (di questo ringrazio sempre Silvia Barbagallo e il gruppo di lavoro della fiera) ho sperimentato in maniera autonoma le mie capacità organizzative rispetto alla gestione dei contenuti ma con me c’è stata una squadra di lavoro presente per gli aspetti tecnici, di regia, di allestimento e di tanto altro. Parliamo di un contesto formativo per quanto riguarda tutte le figure che ruotano intorno al mondo radiofonico e anche alla comunicazione relativa. Io stessa mi occupo di formare nuovi studenti che arrivano in radio e lavorano con me alla costruzione del morning show del venerdì. Tengo molto all’aspetto formativo e sono anche molto rigida per la verità. Credo sia importante quello che riesci a trasferire ad altre persone. Il mondo del lavoro aziendale che mi ha vista contabile per tanti anni, mi ha sempre accolta con “qua si ruba con gli occhi” oppure “ti abbiamo comprato un gestionale, capisci come funziona e poi ce lo spieghi”. Quando abbiamo iniziato con Roma Tre Radio, ci sono state tante prime volte. Da anni i ragazzi che arrivano trovano una realtà perfettamente funzionante e formativa. Io voglio che chi lavora con me possa dire di avere imparato delle cose perché gli ho dedicato il tempo che meritava con una corretta formazione. Il resto poi lo devi fare da solo. Le cose tornano sempre nella vita. Ho lavorato per anni come intervistatrice e poi come supervisore in un call center. Ricordo sempre quello che ho imparato da Linda Rotunno, una delle mie responsabili dell’epoca, considerata da tutti molto esigente. Se ci penso ora capisco come la mia capacità di stare in voce per tante ore, viene anche dal lavoro che ho fatto lì e dalle cose che lei mi ha insegnato. A Roma Tre Radio ti viene concesso uno spazio e lo puoi usare come vuoi, ma non sei mai lasciato solo. Questa cosa è fondamentale perché mi ha dato la possibilità di potermi muovere e iniziare l’avventura di Radio Frammenti, cosa che la rete che ho provato a costruire fuori, come ti ho detto, non mi ha dato. Ma questo vuol dire anche che se vuoi puoi al di là di tutto e di tutti gli ostacoli. Non avere fretta è quello che ho imparato a ripetermi negli anni. Poi magari un giorno, in un mondo perfetto, il lavoro fatto nelle radio universitarie sarà riconosciuto dal sistema, un lavoro da retribuire.
Stai lavorando a nuovi format, a nuovi progetti? Vuoi condividerli con noi?
Sì, io lavoro sempre a nuovi progetti. Per quanto riguarda la condivisione, ti dirò, qualcosa ho imparato in questi anni e ti rispondo con Pirandello: «Confidarsi con qualcuno, questo sì è veramente da pazzi».