Nino Rota, simbolo nazionale del sodalizio tra musica e cinema, viene riscoperto a 360 gradi dal violinista Alessio Bidoli attraverso la sua ultima pubblicazione, Nino Rota: Chamber Works, pubblicato da Decca Italy e distribuito dal 28 febbraio scorso in tutti i migliori negozi di musica. Al fianco del violinista milanese, Nicoletta Sanzin all’arpa, Massimo Mercelli al flauto e il pianista Bruno Canino, interpretano una originale selezione dei repertori meno celebrati del Maestro Rota.
Quando pronunciamo il nome Nino Rota non possiamo fare a meno di pensare a Fellini, Zeffirelli e Visconti: scorrono nella nostra mente i fotogrammi dei capolavori cinematografici che hanno raccontato l’Italia nel mondo. Nell’immaginario comune il compositore italiano sembra non essere appartenuto ad altro se non al cinema e, nelle nostre orecchie, risuona all’istante il tema di Amarcord.
Ma Nino Rota è stato un compositore assoluto, di raffinata interezza, abile nel plasmare materiale sonoro di ogni genere e struttura. Ad oltre quarant’anni dalla sua morte possiamo dire di non conoscerlo nella sua totalità: in questo paesaggio meno noto ma ricco di colori timbrici, l’intervista con Alessio Bidoli ci guida verso la conoscenza del compositore italiano.
Maestro, un disco che lascia stupito l’ascoltatore e lo immerge in un repertorio poco conosciuto di un grande compositore del nostro paese. Cosa ha mosso la sua ricerca?
Conosciamo tutti Nino Rota per le sue colonne sonore. Nel disco, invece, ho deciso di interpretare le sue opere meno blasonate, dirigendomi verso una piacevole riscoperta della musica cameristica e neoclassica di Rota. L’intenzione è stata proprio quella di rivalutare il Rota meno conosciuto ma rilevante nel panorama dei musicisti neoclassici: la sua musica è caratterizzata appunto da una certa ironia, da un particolare sarcasmo con quel leggero tocco di parodia, un po’ alla Stravinskij. Davvero, una piacevole riscoperta.
Portare la musica da camera in studio di registrazione nell’era digitale: quali sono le insidie di un lavoro di riscoperta come questo?
Il lavoro in studio di questo disco non ha avuto particolari problemi, anche se registrare è sempre complesso. In studio occorre ricreare un palcoscenico virtuale, bisogna cercare di riportare l’emotività che si ripercuote nella sala da concerto nella sala di registrazione: questo è un compito arduo, perché bisogna tenere sotto controllo tutto ciò che accade sotto al microfono. I microfoni a condensatore captano ogni tipologia di fruscio, rumore o scricchiolio ed è necessario essere molto attenti a non trasformare una registrazione in un live e, viceversa, non far diventare il live una registrazione. Rimane importante non eccedere in parossismi emotivi , ma allo stesso tempo è difficile ricreare un palcoscenico virtuale: il confine è molto sottile e questo determina un compito impervio.
Ha all’attivo quattro dischi col pianista Bruno Canino, questo è il quinto lavoro insieme. Dall’esordio della vostra amicizia musicale nel 2013, col disco del 2013 Verdi Fantasias per Sony Classical sono trascorsi sette anni pieni di note…
Il nostro è un rapporto molto semplice, privo di sovrastrutture. La nostra collaborazione è priva di retorica che invece pervade i social. Un rapporto molto naturale e sincero. Nonostante la differenza anagrafica, la nostra collaborazione è sempre fruibile, scorrevole.
Lei è stato docente al Conservatorio di Bari, come Nino Rota. Questo ha creato un raccordo tra voi?
Il Conservatorio di Bari mi ha aiutato perché in quel periodo, gravitando nella direzione del conservatorio, continuavo a vedere il pianoforte di Nino Rota, sul quale cadeva sempre il mio occhio. Sicuramente il pianoforte, il mare, la naturalezza, la purezza e perché no, anche il buon cibo, hanno contribuito a farlo essere un compositore e un direttore asceta. Nonostante fosse così famoso, Nino Rota si ritirava al Conservatorio anche nel dopo scuola, passando lunghe ore a studiare passaggi e composizioni.
Prima di salutarla, ci descriva cosa possiamo trovare nel suo disco, Nino Rota: Chamber Works
In questo disco si trova la musica di Nino Rota, che possiamo definire una musica semplice senza essere semplicistica. La sua è una musica che porta cose profonde senza pesantezza. Appare, in prima istanza, una musica scevra di troppe sovrastrutture ma, andando a fondo, si scopre come sia architettata in maniera piuttosto precisa. Le sue composizioni evocano qualcosa di perduto che si vorrebbe avere ma non si trova: nelle pagine musicali di Nino Rota c’è un sorriso melanconico. Nino Rota sosteneva che «è meglio una canzone di una brutta sinfonia», nelle sue composizioni classiche troviamo sempre un pizzico della sua musica da film, il suo tratto estetico, la sua nostalgia.
Per iniziare ad ascoltare questo bellissimo lavoro dedicato al grande compositore italiano, omaggio alla musica cameristica tra neoclassicismo e cinema, immaginiamo l’archetto di Bidoli che, sfregando le corde del suo violino, riesce a togliere la polvere da un vecchio album di fotografie: ecco che ci consegna nuovi ritratti e nuove pagine di Nino Rota, tutte da scoprire.
Nino Rota: Chamber Works
Sonata for Violin and Piano ( 1936-37)
Improvviso in D minor for Violin and Piano (1947)
From the film Amanti senza amore ( 1947)
Improvviso for Violin and Piano (1969)
Un diavolo sentimentale
The Legend of the Glass Mountain ( 1949)
From the music of the film The Glass Mountain
Arranged for Violin and Piano by the composer
Sonata for Flute and Harp (1937)
Trio for Flute, Violin and Piano ( 1958)
Alessio Bidoli: violino
Bruno Canino: pianoforte
Massimo Mercelli: flauto
Nicoletta Sanzin: arpa
Nino Rota: Chamber Works, Decca Italy, febbraio 2020, euro 16,41.