Cassandra. La profetessa inascoltata. La incontriamo nei poemi omerici, dove però non si fa menzione delle sue doti di veggente. Ad Apollo, innamoratosi di lei, deve il suo dono di predire e anche quello di non essere creduta. Il dio infatti, dopo essere stato rifiutato, le infligge questa terribile punizione, che sarà all’origine del suo tragico destino. Nessuno infatti la ascolterà quando annuncerà la presa di Troia, diventando così la concubina di Agamennone, portata poi a Micene, dove Clitemnestra la ucciderà. Cassandra però risorge, almeno nelle parole del testo di Ruggero Cappuccio. La vediamo cosparsa dalla terra, avvolta nello zolfo, pronta a vendicarsi attraverso un’ultima, fatale, profezia.
Ma qual è il peso del suo annuncio oggi? Il cavallo di Troia che si nasconde nella nostra epoca è l’emergenza climatica, la catastrofe ambientale a cui stiamo andando incontro vertiginosamente. La figura di Cassandra sul palco somiglia per coraggio e indignazione a Greta Thunberg. Anche lei, proprio come la giovane attivista, ci ricorda che la nostra casa è in fiamme. È questa l’originale e interessante intuizione del testo di Ruggero Cappuccio e della regia di Jan Fabre. L’artista belga continua il suo percorso lungo le tracce della mitologia greca – celebre la sua opera Mount Olympus, vera prova di resistenza per il pubblico e per gli attori di 24 ore, che in fondo, spiega Fabre, non sono niente rispetto ai rituali dionisiaci che duravano tre giorni e tre notti. Resurrexit Cassandra invece concentra il dramma della tragedia in meno di due ore, forse perché è un testo dettato dall’urgenza. Di tempo in fondo, per salvare il pianeta, non ne abbiamo ancora molto.
L’attrice tedesca Stella Höttler va incontro a diverse metamorfosi, incarnando gli elementi naturali attraverso cui rinasce, simboleggiati da cinque abiti di colore diverso. Tutta la natura partecipa a questa sua trasformazione, quella stessa natura minacciata dagli uomini. Cassandra è con il corpo e con il suo essere dalla sua parte. L’unico contatto che può instaurare con gli uomini per provare a salvare il pianeta è la parola, ma ecco che quest’ultima si trasforma in grido. A forza di non essere ascoltato, il discorso perde la sua funzione comunicativa e finisce per diventare solo un suono.
La disperazione cresce e con essa la consapevolezza dell’epilogo. Sul palco cinque schermi proiettano le fasi del suo sofferto ritorno sulla terra, landa desolata segnata dall’indifferenza. Questo momento però ha una durata eccessiva e finisce per togliere potenza al dramma. Ripetere virtualmente e infinitamente movimenti, gesti, grida non accresce l’azione tragica, al contrario interrompe il momento della sua massima tensione, la sua ascesa. E così quando Cassandra si rialza da terra e la ritroviamo nella sua fisicità scopriamo di aver perso contatto con lei, quello che all’inizio ci permetteva di dare un peso alle sue parole. Lo spettatore finisce per essere assuefatto a tanta ripetizione e così le ultime frasi che l’attrice pronuncia non colpiscono né ammoniscono. Cassandra ancora una volta finisce per non essere creduta.
Resurrexit Cassandra
ideazione e regia Jan Fabre
testo Ruggero Cappuccio
musiche originali Arthur Lavandier
performer Stella Höttler
voce maschile Gustav Koenigs
dramaturgia Mark Geurden
light design Jan Fabre, Wout Janssens
costumi Jan Fabre, Kasia Mielczarek
assistente alla regia Lore Borremans
tecnici Wout Janssens, Geert Van Der Auwera.
Napoli Teatro Festival, Teatro Bellini, 12-13 settembre 2020.