Nel giro di poco più di un anno tre drammaturghi italiani si sono dedicati alla stesura di tre romanzi, uno per ciascuno. Mi riferisco a Edoardo Erba col suo Ami (Milano, 2019); a Giuseppe Manfridi con Anja, la segretaria di Dostoevskij (Roma, 2019, romanzo sul quale ho già scritto qui su Liminateatri.it); e Marcello Isidori, fondatore e direttore di dramma.it, con Lontano (Roma, 2020). Probabilmente tale coincidenza è un fenomeno del tutto casuale (o forse la grande crisi che ci ha investito spinge gli autori teatrali verso altri lidi creativi, chissà?), che al presente interessa alcuni drammaturghi nostrani; in questa sede non m’interessa fissare correlazioni sul piano dei valori stilistici e della scrittura narrativa fra le tre opere dei nostri tre autori, e mi limito solo ad osservare che i testi appena citati presentano dei tratti in comune che li collocano nell’ambito più allargato della narrativa italiana d’oggi.
Dal punto di vista delle forme di genere letterario narrativo tutte e tre le opere si basano su caratteristiche omogenee appartenenti in particolare alle forme del “romanzo di formazione”, “epico familiare”, “sociale” (in quanto riferito al fenomeno dell’emigrazione). Ciascuna delle tre opere naturalmente esprime sensibilità diverse e del tutto personali, ancor di più nel caso di Lontano di Isidori, che, basandosi su documenti di natura epistolare e di testimonianze di familiari più anziani, ricostruisce buona parte della vita, difficile avventurosa faticosa e ammirevole, dei suoi nonni materni, Turì ed Ada. Molto altro materiale documentale è stato individuato e analizzato con ammirevole acribia ed attenzione dall’autore in biblioteche, archivi, siti del web, giornali: tale ricerca ha consentito al drammaturgo-narratore una costante precisione e ricchezza di dati nella ricostruzione dei contesti di vita in cui via via si trovarono a vivere i due sposi tra gli anni Venti e Quaranta: Sicilia, Friuli, Marocco, Egitto, Tunisia, Romania.
Il romanzo è dunque ispirato alla vera storia dei due maestri, che hanno svolto il loro servizio didattico presso le scuole italiane dei succitati Paesi stranieri. Le vicende dei due coniugi e dei loro sei figli sono, appunto, anche inserite nella storia delle grandi comunità italiane durante l’epoca fascista e la seconda guerra mondiale, fino al loro definitivo ritorno in Italia all’alba degli anni Cinquanta.
In genere questo tipo di romanzi si serve o di protagonisti “comuni” inseriti in grandi eventi, o di grandi protagonisti che si staccano da vite comuni e feriali. Potrei fare l’esempio della storia della famiglia siciliana dei Florio, raccontata nel bel romanzo di Stefania Auci I leoni di Sicilia, edito nel 2019.
La prima modalità è quella scelta da Isidori che rischia però, a mio parere, l’accumulo cronachistico dei documenti e delle testimonianze, “strozzando” in alcuni passaggi la “vita” interiore dei personaggi (i caratteri sia di Turì che di Ada meritavano una maggior evidenziazione, anche per alcuni loro “eccessi” buoni per l’esposizione romanzata); e anche rinunciando, cosa sorprendente per un bravo e riconosciuto drammaturgo quale è l’autore, ad uno svolgimento ricco di dialoghi al fine di dare bei scossoni di vivacità alla pura linea diegetica. Ciò non toglie che alcune parti del romanzo non conquistino il lettore, anzi, e mi riferisco in particolare ai capitoli dedicati alla Sicilia, all’Egitto, e alla vita della famiglia di Turì, Ada, dei loro figli e amici in Romania durante i drammatici anni del conflitto mondiale: fa agio uno stile pulito, asciutto, volutamente scevro da svolazzi stilistici, e quindi direttamente fruibile dalle capacità immaginative del lettore; ed è per questo che a mio parere sarebbe stato meglio “asciugare” un po’ alcuni passaggi snellendo la narrazione (oltre 600 pagine son davvero tante) ed evitando eventualmente di annoiare il lettore. Buona fortuna, dunque, al libro di Marcello Isidori.
Marcello Isidori, Lontano, ilmiolibro.it, 2020, pp. 620, euro 31,00.