Come in una tela di Francis Bacon, la scena si apre in uno degli ambienti più tetri e sconvolgenti mai concepiti dall’uomo: l’interno di un mattatoio. A questo luogo Georges Bataille dedicò un articolo dal titolo Abattoir, comparso in un numero della rivista “Documents” nel 1929, commentando alcune fotografie di Eli Lotar scattate al mattatoio della Villette di Parigi, oggi trasformato in un teatro. Opposta è la situazione ricreata dalla regista Valentina Esposito che, con la Compagnia Fort Apache Cinema Teatro, ha fatto dello spazio scenico del Teatro India un banco da macello, rendendo visibile, come se le pareti fossero di vetro, un luogo osceno.
Sette cavalli da corsa, ormai diventati vecchi, attendono insieme il loro destino. In questa sospensione senza tempo beckettiana, si scambiano alcune battute e perlopiù si insultano, si prendono gioco l’uno dell’altro, ricordando le vecchie glorie del passato, quando sfrecciavano all’impazzata nell’ippodromo. Nulla più di tutto questo nell’immobilità a cui oggi sono condannati.
Quel passato, tanto evocato e rimpianto, si fa presenza reale. Ai corpi pesanti e ai volti stanchi di oggi si sostituiscono quelli agili e scattanti di allora. Altri attori ed energie completamente opposte invadono la scena, eppure anche in questa condizione è l’angoscia a prevalere. L’insensatezza di quella corsa è il preludio a quella “destinazione non umana” a cui sono condannati. La competizione, il desiderio di emulare il numero 1 e di essere i migliori a tutti i costi a che cosa conducono? È questa la questione esistenziale a cui siamo chiamati. Nel salto temporale tra il passato e il presente, oscillazione continua tra i due mondi, siamo messi di fronte agli effetti di quel delirio tutto umano che si nasconde dietro le scommesse. Puntare tutto sul cavallo vincente, osannarlo come figura quasi mitologica e poi al primo colpo eliminarlo, come è successo al numero 1, che dopo un incidente è stato messo da parte per sempre, in quel limbo che divide con i suoi compagni. In questo scenario tutto maschile compaiono in maniera quasi profetica tre donne, quasi ad annunciare quel destino che loro, come Cassandra, già conoscono. Sono madri, amanti, ma anche spettatrici sugli spalti mentre assistono a quella gara che è già in partenza un finecorsa.
Quando tutto sembra già finito e il numero 1 si è finalmente liberato del peso del corpo, in maniera del tutto inaspettata, fa la sua apparizione una bambina, che ignara di tutto ciò che è accaduto, si mette a giocare con i suoi cavalli. Sono proprio loro, gli stessi che fino a quel momento abbiamo visto agitarsi sulla scena. È lei adesso a decidere e per un momento quella presenza ci solleva, facendoci sperare che un’altra destinazione è ancora possibile.
Destinazione non umana
scritto e diretto da Valentina Esposito
con Fabio Albanese, Alessandro Bernardini, Matteo Cateni, Chiara Cavalieri, Christian Cavorso, Viola Centi, Massimiliano De Rossi, Massimo Di Stefano, Michele Fantili, Emma Grossi, Gabriella Indolfi, Giulio Maroncelli, Piero Piccinin, Giancarlo Porcacchia, Fabio Rizzuto, Edoardo Timmi
costumi Mari Caselli
trucco Mari Caselli
ideazione scenografica Valentina Esposito
scenografia Edoardo Timmi
musiche Luca Novelli
luci Alessio Pascale
assistente costumista Costanza Solaro Del Borgo
assistente al trucco Simona Prundeanu
fonico Luigi Di Martino.
Organizzazione Ilaria Marconi, Giorgia Pellegrini, Martina Storani
Ufficio Stampa Carla Fabi Roberta Savona.
Una produzione Fort Apache Cinema Teatro
in collaborazione con Ministero della giustizia – Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale del Lazio, Sapienza Università di Roma, Atcl – Spazio Rossellini Polo Culturale Multidisciplinare della Regione Lazio, Artisti 7607, CAE Città dell’Altra Economia di Roma.
Con il sostegno di Ministero della cultura, Regione Lazio, Fondi Otto per mille della Chiesa Valdese.
Teatro India, Roma, dal 22 al 27 febbraio 2022.