I Linguaggi Fantastici del Narni Città Teatro, co-diretto da Francesco Montanari e Davide Sacco, hanno letteralmente invaso la cittadina umbra dal 17 al 19 giugno scorso. Dal Teatro Manini all’Ala Diruta, da Piazza dei Priori al Chiostro di Sant’Agostino fino alla Rocca Albornoz sono state ben 12 le location che hanno ospitato questa terza edizione, variegata per contenuti e forme espressive. Un lungo weekend di appassionata bellezza scandito da trentacinque eventi con sessanta aperture di sipario, dal mattino fino a notte fonda.
Una terza edizione “da record” come l’ha definita il direttore Sacco: «Il festival ha moltiplicato i suoi numeri anche grazie al pubblico che continua a sostenerci e a essere parte attiva di quel sogno che è la “città ideale” che vorremmo. Abbiamo sognato con forza Narni Città Teatro che, un’edizione dopo l’altra, prende sempre più corpo e diventa realtà: quest’anno oltre 3.000 spettatori, un numero in crescita che è di buon auspicio per la prossima edizione».
Dopo il Volume I – Nascita e il Volume II – Cadute Necessarie, ecco i Linguaggi Fantastici a fare da filo conduttore dell’offerta di questo terzo anno di vita di una kermesse che punta ogni anno a superare se stessa.
Da segnalare come felice dimostrazione di quanto il teatro possa creare quella comunità troppo spesso citata ma poco realizzata, lo spettacolo Every Brilliant Thing, nella bella cornice del Chiostro di Sant’Agostino con la regia di Fabrizio Arcuri, in cui Filippo Nigro abbraccia il pubblico coinvolgendolo in prima persona con la sua lista di parole, oggetti ed emozioni. Il gelato, la voce di Nina Simone, le arance, fare il bagno nudi. E ancora: la luce del sole, stare svegli tutta la notte a parlare, il tè con i biscotti, le parole palindrome. Si va avanti così elencando tutto ciò che può ricordare a un uomo per cosa vale la pena vivere. Tutte quelle piccole, grandi cose che spesso si dimenticano ma che, se ci si ferma a guardarle nella loro giusta dimensione, diventano – ed è questa la loro forza – universali e, quindi, partecipate.
Le parole proiettate a velocità crescente nella dura performance di Romeo Castellucci Il Terzo Reich, accompagnate da una musica prepotente che squarcia i timpani (il pubblico è stato invitato a indossare i tappi distribuiti prima di entrare in sala) e lo stomaco, scuotono, invece, gli animi e spingono a interrogarsi sulle nuove declinazioni che può creare l’arte. Tante le domande scaturite da questa performance che ha diviso gli spettatori e che è stata di sicuro tra i linguaggi “fantastici” più divisivi del festival.
A unire poi corpi, menti e gole sono stati i 99 Posse che dal palco del Teatro Manini hanno dato vita allo spettacolo Scritti sull’arte, da Karl Marx per la regia di Davide Sacco. Il trio partenopeo e la voce di Simona Boo assieme agli attori Daniele Russo e Federica Rosellini hanno coinvolto il pubblico “in un viaggio alla scoperta del sentimento più profondo della Rivoluzione”. Una contaminazione vincente che ha conquistato la platea e che in un mix travolgente di musica e teatro civile, porta a interrogarsi su cosa sia la vera rivoluzione e qual è, dunque, il compito dell’arte.
Nella sala del camino del Palazzo Eroli, Francesco Montanari regala invece un monologo che esplora momenti di quotidianità di una coppia. In Play House, dando voce ora a un lui, ora a una lei, ci fa spiare nel microcosmo di queste due vite, delle loro debolezze, paure e sogni.
E, ancora, sempre al Teatro Manini, Uno spettacolo di fantascienza di Liv Ferracchiati che lo interpreta assieme ad Andrea Cosentino e Petra Valentini. Ferracchiati compone un testo, e quindi uno spettacolo, che pone anch’esso, come molti lavori in questo festival, una serie di interrogativi: «Cosa accadrebbe se provassimo a spostare il punto di vista comune rispetto alle faccende che riteniamo più ovvie? Perché dividiamo il tempo in 24 ore e non in 48 mezzorette? Chi ha scelto per noi cosa ci dovesse piacere e cosa, invece, no?».
«Noi ci nutriamo di convenzioni», dichiara Ferracchiati a un certo punto. Come non essere d’accordo. Un’affermazione tanto banale quanto vera e, forse, proprio perché vera, spiazzante. Anche perché la fine di noi tutti è solo una: il caos, che c’era prima di noi e dopo di noi continuerà a essere. Perché «all’inizio dell’inizio e alla fine della fine si sta e basta». E allora perché passare la vita a cercare di definire una identità? Per chi se lo fosse perso questo spettacolo – consigliatissimo – potrà essere recuperato nella prossima stagione in giro per l’Italia.
Infine, a chiudere la tre giorni, l’ormai consolidato appuntamento all’alba all’Ala Diruta dove quest’anno è toccato a Sabina Guzzanti intrattenere il pubblico con il suo abbozzo di spettacolo. L’artista ha letto la sua prossima avventura teatrale cercando di restituire le atmosfere di un testo di cui però non svela completamente il finale.
La chiusura più emozionante, però, è quella vissuta alla Rocca Albornoz grazie alle note del maestro Ennio Morricone suonate da un quartetto strumentale di eccellenze composto da Patrizio Destriere (saxofoni), Claudio D’Amato (pianoforte), Giuseppe Civiletti (contrabbasso) e Giampaolo Scatozza (batteria). Da C’era una volta in America a Nuovo Cinema Paradiso, da Un sacco bello a La leggenda del pianista sull’oceano, un concerto che chiude un weekend fantasticamente denso di vita e bellezza.
Narni Città Teatro, Narni, dal 17 al 19 giugno 2022.