Cosa mi stai dicendo adolescente poetico con lo sguardo languido ma sicuro? Che dolore mi racconti mentre mi sussurri: «Ho nostalgia del futuro»? Mentre mormori: «Sono triste perché mi manco. Perché non mi guarda come lo guardo io o come lui guarda l’altra»? Cosa racconta il tuo corpo mentre cade a terra e si raggomitola su se stesso? Cosa mi racconti tu, tredicenne-performer, creatura e creatore di una danza delle emozioni così viva e pura e vera? Tu, che potresti essere un mio alunno o mio figlio o un qualsiasi ragazzo della strada. Tu che accarezzi un fiore con la levità di Charlie Chaplin e nel frattempo mi parli di infanzia smarrita, di paure nuove e sconosciute con la stessa spontaneità con cui accogli sul tuo volto un sorriso tenero o con cui ti muovi per qualche minuto nello spazio, disegnando movenze da ballerino discreto. So così poco di te. Eppure, vivo con te ogni giorno. Ogni giorno ti guardo, ti ascolto, ti vedo crescere e cambiare. E adesso, seguendoti sul palcoscenico, mi sento un ospite privilegiato e impacciato: mi viene quasi da piangere. Vedo vicino a te il mio ieri di bambina, il mio cuore di ragazza e il mio oggi di madre e insegnante. E provo una gratitudine enorme quando, alla fine, mi abbracci forte. Grazie. Grazie perché la tua giostra è semplicemente poesia.
Trovo tra gli appunti di un quaderno che porto sempre con me queste frasi, buttate giù appena uscita dal Teatro India di Roma dopo aver partecipato all’installazione Never Young. Game Over che la compagnia Biancofango di Francesca Macrì e Andrea Trapani ha presentato all’interno di Teatri di Vetro 2022 insieme con la docu-performance Never Young. Appunti, primo studio di una nuova produzione che intende costruire un percorso di riflessione intorno all’attualità della figura/tema di Lolita e che, di conseguenza, risulta intrinsecamente connessa con il precedente e fortunato spettacolo del duo romano, About Lolita (per il quale rimando all’articolo pubblicato su Liminateatri il 19 maggio 2022).
Parto dunque dalle mie brevi impressioni personali per cercare di spiegare – e perciò di capire meglio io stessa – la fisionomia di un progetto molto complesso, prodotto da Fattore K e Triangolo Scaleno/Teatri di Vetro, il cui cuore risiede nell’urgenza di intercettare la fragilità, la sfrontatezza, la confusione, lo smarrimento, il desiderio di emancipazione sessuale dei nuovi adolescenti (e preadolescenti) ragionando in termini sociali, storici, politici e ascoltando la loro intima voce. I giovanissimi del terzo millennio diventano così oggetto e soggetto di un’arte performativa – ma potrei dire di un “processo” – che li attraversa tematizzandoli e che, al contempo, li valorizza attraverso un’esperienza teatrale di cui sono essi stessi gli artefici: liberi ma arricchiti dalla sublime disciplina della scena. I due progetti (Game Over e Appunti) viaggiano perciò di pari passo, si nutrono l’uno della forza dell’altro e, anche in virtù di questa stessa complementarietà, appaiono forieri di interessanti approdi futuri.
Game Over ha la fisionomia di un lavoro/laboratorio dove confluisce la linea più precipuamente “pedagogica” della compagnia, il suo impegno artistico con giovani studenti/attori non professionisti già felicemente sperimentato in titoli quali Muro di gomma, Romeo e Giulietta ovvero la perdita dei padri, e il cui esito scenico viene immaginato come un’installazione site-specific votata a trasformare la consueta fisionomia dello spazio performativo, sposando così a pieno lo spirito della vetrina romana diretta da Roberta Nicolai e intitolata Oscillazioni.
Nel foyer del Teatro India l’immagine proiettata di una grande giostra con cavallini di legno fa da sfondo all’ingresso del pubblico: ogni spettatore ha un numero ed entra in sala da solo, in ordine progressivo. Ad accoglierlo ci sono otto tra adolescenti e preadolescenti provenienti da diverse scuole della capitale, i quali siedono in prima fila in attesa di essere scelti. Il ragazzo preso per mano a quel punto si alza e sul palcoscenico pressoché spoglio (un’altalena al centro, caldi giochi di luce a cura di Massimiliano Chinelli, inserti musicali e sonori affidati a Giovanni Frison) costruisce un piccolo mondo di parole, gesti, acrobazie, danza, movimenti ripetuti, dove scorre un flusso di emozioni profonde: da autobiografia la sua lingua diventa drammaturgia. L’astante è dentro al gioco e al contempo fuori; si fa confidente, osservatore, interlocutore silenzioso, poi viene avvolto in un abbraccio dolcissimo e ritorna al punto partenza. La giostra prosegue poi con altri incontri, altre storie, altri giri. Colpisce, pur nella brevità delle incursioni espressive dei diversi ragazzi, la grazia, la consapevolezza, la totale apertura con cui essi affrontano un’esperienza liminare – un vero e proprio salto – che li mette a nudo e li guida alla ricerca di sé. D’altronde Game_Over è e vuole essere un progetto (per il quale, in futuro, la compagnia prevede un ampliamento ad altre realtà italiane) dedicato proprio a loro, agli adolescenti, con quel tanto di nostalgia che basta per ritrovare, nelle loro capriole emotive, qualcosa di noi. La giostra, il teatro, ne sono solo i luoghi simbolici. Scrivono Macrì e Trapani: «È il palcoscenico di un teatro, ma è anche una piazza nel centro o nella periferia di una città qualunque, è la piazza virtuale di internet, è la chat sul telefonino, sono i muretti o i giardinetti in cui si siedono tutti i pomeriggi. Dentro ci sono i giochi.
Il simbolo dell’infanzia da cui tutti siamo chiamati a separarci».
Proprio con un poetico inno all’infanzia termina Never Young. Appunti, primo studio di uno spettacolo che debutterà l’anno prossimo e che, pur nella forma non definitiva proposta a Teatri di Vetro, si dimostra già decisamente coeso e maturo sotto il profilo drammaturgico/registico e interpretativo. Proseguendo la riflessione avviata in About Lolita, Macrì e Trapani (qui anche principale interprete) allargano lo sguardo sulla realtà contemporanea ponendosi interrogativi cocenti che riguardano soprattutto – ma non solo – i cambiamenti sociali provocati dal berlusconismo, dal consumismo esasperato, dall’avvento delle tv private e di internet. Attingo ai materiali di presentazione del progetto: «Dov’è oggi Lolita? Dove lə possiamo incontrare nella comunità che ci circonda? La società di oggi ci impone nuove domande. Ma cosa ci vuole dire questa “generazione che viene”? Cosa gli abbiamo consegnato noi, Padri Storici? Cosa la politica? Cosa la televisione? Cosa il mondo disinibito e a perenne consumo del web? Cosa le nuove tecnologie? Lolita è troppe cose per sintetizzarla in un pensiero solo, ma certo ha rappresentato dalla seconda metà del Novecento ad oggi la curiosità verso un mondo degli adulti troppo lontano per poter essere d’aiuto o troppo vicino per poterne avere rispetto. (…) Cos’è accaduto poi? Dov’è finita questa curiosità, quello sguardo tra innocenza e pornografia che ha attraversato in sequenza più generazioni? Come siamo passati da Lolita alle baby squillo – alla prostituzione nei bagni delle scuole – ai marchettari bambini – agli sugar baby/sugar daddy/sugar mommy? E non nei paradisi tropicali dove nel confine tra lecito e illecito troviamo ancora la letteratura, dalla Thailandia di Houellebecq al Sudamerica di Márquez, ma nelle scuole sotto le nostre case, in questa Italia presa in prestito dalla fretta, dalla libidine a tutti i costi, dal piacere indiscriminato. Sono davvero finiti i sogni? E chi ha smesso, per primo, di sognare? Sono dieci, cento, mille storie di Peter Pan al contrario. (…)».
Palcoscenico vuoto: solo qualche sedia, un tavolino, uno schermo su cui proiettare immagini, video e i titoli dei diversi capitoli in cui è suddiviso il ricco materiale drammaturgico del lavoro, che assembla suggestioni personali, stralci di Norberto Bobbio, citazioni tratte dal volume Ho 12 anni, faccio la cubista, mi chiamano Principessa. Storie di bulli, lolite e altri bimbi della giornalista prematuramente scomparsa Marida Lombardo Pijola, testimonianze scritte da un coro di cittadini presente in scena quale voce “adulta” di una civis attraversata da enormi cambiamenti storici e politici. Coro cui fa da controcanto la voce, altrettanto corale, di un nutrito gruppo di giovani allievi attori chiamati a rappresentare gli adolescenti di oggi, un certo spaccato dell’adolescenza odierna.
Questa ricchezza di umanità così diverse eppure così vicine è, secondo me, uno dei punti di forza di Never Young. Appunti: scevra da ogni tentazione didascalica o illustrativa, la pièce fa leva, piuttosto, su un’originale scansione tematica delle idee che la tengono unita (tanto da ricordare la struttura di un altro significativo spettacolo di Biaconfango, Non ho mani che mi accarezzino il viso) e il discorso sul mito di Lolita offre spunti di riflessione ben oltre il mito stesso proprio grazie alla visione sghemba con cui tali idee vengono declinate.
Il primo quadro si intitola Autobiografia di una nazione. Berlusconi, Non è la Rai, Ambra Angiolini si impongono quali feticci di una frantumazione valoriale enfatizzata da quel “Brava!” ripetuto in modo ossessivo e grottesco. Quasi un urlo di dolore cui Andrea Trapani, demiurgo e animatore principale degli Appunti di apertura, presta la sua possenza interpretativa e vocale. Il secondo frame della performance (mi torna in mente qualche immagine del bel lavoro Discorso grigio di Fanny & Alexander) si sofferma più pacatamente Sulla Retorica e qui la deriva berlusconiana, con il suo vuoto populismo, apre spiragli sarcastici sull’attuale classe dirigente del nostro Paese, sulle storture anti-visionarie di governanti cui è difficile associare una pur vaga idea di futuro e di fiducia nel domani, condizioni essenziali per una crescita armoniosa e sana. Ecco, dunque, l’approdo al terzo quadro della pièce, Lolita oggi, dove una decina di giovani seduti in proscenio divorano voracemente pacchi di merendine mentre sciorinano con superficiale distacco bravate sessuali al limite della decenza, per poi lasciarsi andare ad una liberatoria festa in discoteca: il corpo abbandona i vincoli del linguaggio e si fa esso stesso vettore di malesseri e desideri, frustrazioni e aspettative.
L’energia di questo Appunto segna l’acme di una drammaturgia e di una regia tutte in levare che poi incontrano, nel quarto passaggio, la riflessione pacata ma arguta del coro di cittadini/autori chiamati a raccontare dove sia Lolita oggi. Infine – siamo all’ultimo, struggente, momento – arriva un regalo: la poesia nostalgica di una bimba che, seduta di spalle al pubblico, guarda se stessa in una ripresa video che la mostra correre sulla spiaggia con i lunghi capelli al vento. Infanzia perduta si intitola questo epilogo in odore di fantasie alla Peter Pan e di echi pascoliani dove sembra placarsi, come in un respiro ampio e profondo, ogni possibile conflitto. Nell’eredità del disincanto infantile risiede in definitiva il tesoro più prezioso di ogni adolescente, ieri come oggi. Lì si nutre la sua forza generativa e rigenerativa. L’infanzia somiglia ad un mare blu da lasciare per sempre, ma anche da attraversare ancora e ancora. Non forse a caso l’acqua si impone come un elemento visivo/simbolico tanto forte qui quanto in About Lolita e anche la scelta di alcuni brani musicali (l’aria Lascia ch’io pianga di Händel chiude Never Young segnando un legame quanto mai emblematico con il Lamento della Fanciulla di Monteverdi proposto in About Lolita) ci racconta, in entrambi i lavori, malinconie, abbandoni, speranze, prigionie, dolori in bilico su una giostra. Fluttuanti tra le onde della vita.
Never Young. Game Over
progetto installativo, Francesca Macrì e Andrea Trapani
progetto performativo realizzato con una selezione di adolescenti e preadolescenti delle scuole di Roma e a cura di Francesca Macrì e Andrea Trapani
musica, sound design e live electronics, Giovanni Frison
aiuto regia e collaborazione artistica, Lorenzo Profita
direzione tecnica, Massimiliano Chinelli
produzione, Fattore K e Teatri di Vetro.
Teatri di Vetro, Festival delle arti sceniche contemporanee, XVI Edizione, direzione artistica Roberta Nicolai, Teatro India, Roma. Per l’opera osservata dall’autrice in questo articolo, si fa riferimento al 15 dicembre 2022.
Never Young. Appunti
un progetto di Biancofango
drammaturgia Francesca Macrì e Andrea Trapani
regia Francesca Macrì
con Andrea Trapani
con la partecipazione di Laura Camassa, Marco Gregorio Pulieri, Riccardo Valente, Alessandro Pazzaglia, Federica Patera, Benedetta Calogero, Silvia Ignoto, Mara Crisci e Mattia Guerra
e con la partecipazione di un coro di cittadini Chiara Galliani, Laura Pozzi, Lorenzo Salinardi, Daniele di Lazzaro, Luca Macrì Ludovica Bove, Alessandro Gorgoni
musica, sound design e live electronics, Giovanni Frison
aiuto regia e collaborazione artistica, Lorenzo Profita
direzione tecnica, Massimiliano Chinelli
produzione, Fattore K e Teatri di Vetro.
Teatri di Vetro, Festival delle arti sceniche contemporanee, XVI Edizione, direzione artistica Roberta Nicolai, Teatro India, Roma. Per l’opera osservata dall’autrice in questo articolo, si fa riferimento al 12 dicembre 2022.