È stato un anno in cui i vincitori sono stati eletti in modo molto coeso, ma senza una vera partecipazione della critica, che è stata esclusa dalla giuria Festival. Non ci sono mai stati dubbi per la critica all’unanimità e poi anche per il pubblico che Povere creature! il film di Yorgos Lanthimos potesse vincere il Leone d’oro di questa Mostra numero 80. Un premio aspettato, ma che unisce trasversalmente addetti ai lavori e non. Il film diretto dal regista greco rappresenta un esperimento filmico di livello eccelso, un’opera visionaria su una pseudo emancipazione della donna e la sua liberazione sessuale e psicologica dalla sudditanza indotta dall’uomo. La sceneggiatura trae spunto da Frankenstein di Mary Shelley, quindi potremmo definirla un’operazione ambiziosa in parte riuscita, seppure con delle ombre rispetto a un reale affrancamento del personaggio dalla figura maschile, se consideriamo che è una storia ambientata nell’epoca vittoriana, durante la quale le libertà sessuali erano severamente giudicate dalla morale pubblica, ma soprattutto durante tutto il film il corpo di Emma Stone viene iper utilizzato in tutte le possibilità esistenti. L’effetto prodotto o percepito è quello di un lavoro cervellotico, affascinante, esilarante, contraddittorio, erotico e irriverente.
Io capitano di Matteo Garrone era stato anche esso molto quotato rispetto ai premi, oltre ad essere un film di una delle firme più autorevoli del panorama italiano nonché internazionale. L’elemento centrale, che colpisce di più, è la modalità che il regista romano sceglie per affrontare il tema dell’immigrazione. Tra i sei film italiani presentati al concorso era senza dubbio quello con più chance di vincere, meritando il Leone d’argento per la migliore regia e il Premio Marcello Mastroianni per il giovane attore emergente che va al ventunenne senegalese Seydou Sarr, sicuramente ignaro di quanto il film di Garrone potesse cambiare la sua vita, vivendo una bellissima esperienza artistica e umana. «Mi sono aggrappato alle loro storie, al loro vissuto, cercando di dare voce a chi di solito non ce l’ha», dichiara Garrone, affiancato da Kouassi Pli Adama Mamadou, attivista del Centro sociale ex Canapificio e del Movimento migranti e rifugiati di Caserta, dalla cui storia il regista ha tratto ispirazione diretta. Mamadou, accolto da un grande applauso, racconta in maniera molto accorata come lui miracolosamente ce l’abbia fatta. «Un canale di ingresso regolare», come ha affermato il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, «aiuterebbe ad affrontare il problema».
Infine, Garrone ricorda il Marocco, luogo in cui in parte è stato girato Io capitano, e che pochi giorni fa è stato colpito da un devastante terremoto con molte vittime. Garrone si conferma il fiore all’occhiello della nostra cinematografia e lo fa, arricchendo di un nuovo capitolo importante, il nostro patrimonio filmico
Green Border di Agnieszka Holland vince il Premio speciale della Giuria. Anche il film diretto dalla regista polacca ci conduce in una storia di migrazione in cui vengono denunciati la polizia di frontiera polacca nel confine tra Bielorussia e Polonia e gli abusi perpetrati sui migranti. Non è un caso il ripetuto ostracismo del governo di Varsavia nei confronti della regista ormai da anni. Anche in questo caso, Venezia premia oltre che il livello stilistico del film, la struttura politica ed etica di un’opera che coinvolge le coscienze di tutti gli spettatori a prescindere dalle loro categorie. Inoltre, della cineasta polacca viene riconosciuto il suo coraggio, la sua forza morale nell’affrontare la costruzione di un progetto come quello di Border. «Non è stato facile girare questo film», asserisce la settantaquattrenne regista polacca, «ringrazio le istituzioni che in tutta Europa ci hanno aiutati, è stata una lotta ma è stato un dovere». E prosegue: «Dal 2014, quando è scoppiata la crisi dei rifugiati, sessantamila persone sono morte cercando di raggiungere l’Europa e ora che siamo qui seduti la situazione che si vede nel mio film continua, ci sono persone che si stanno nascondendo nelle foreste, private della dignità, dei diritti umani, della sicurezza, alcuni di loro perderanno la vita, alcuni vivranno qui in Europa. E questo accade perché non li vogliamo. Ma qui in Europa e in Polonia ci sono persone che li stanno aiutando e credono che il loro dovere sia l’umanità. Vorrei dedicare il premio agli attivisti, dalla Polonia a Lampedusa».
Evil Does Not Exist: Il Leone d’argento – Gran Premio della Giuria va al sofisticato e profondamente poetico lavoro del giapponese Ryusuke Hamaguchi (Oscar per Drive My Car), che anche questa volta dimostra di essere uno dei registi più validi del mondo, in un’edizione che ha avuto molta attenzione per il cinema asiatico. Evil Does Not Exist è un film incentrato tutto su una storia che parla di ecologia e inquinamento, temi sviscerati attraverso la storia di una località boschiva non lontana da Tokyo. Il tuttofare Takumi e sua figlia Hana vivono in una località ricca di armonia naturale finché una grande impresa dello spettacolo decide di aprire un glamping, ovvero un camping con il glamour di un resort (rischiando di inquinare le acque della sorgente) proprio sulla strada che i cervi, e non solo, percorrono per abbeverarsi. La comunità chiede spiegazioni, così due impiegati della grande azienda vengono mandati nella piccola cittadina per chiedere l’aiuto di Takumi.
Premio per la miglior sceneggiatura a Guillermo Calderón e Pablo Larraín per El Conde, dove il dittatore Pinochet viene trasformato in un vampiro immortale. Questa figura di fantasia è ricca di simbolismi e permette al regista cileno di esprimere tutto il suo disappunto e le sue paure nei confronti di un passato da non dimenticare e un presente oppressivo, lanciando così un monito al governo del suo Paese.
Coppa Volpi femminile a Cailee Spaeny per Priscilla di Sofia Coppola, una scelta contestata da molti, che avrebbero preferito Emma Stone di Povere creature! Coppa Volpi maschile a Peter Sarsgaard per Memory di Michel Franco. Grande interpretazione di un attore profondo il cui “metodo” ha una valenza significativa e l’attore ne è un alto rappresentante nel panorama internazionale.
La giuria presieduta da Damien Chazelle e composta da Saleh Bakri, Jane Campion, Mia Hansen-Love, Gabriele Mainetti, Martin McDonagh, Santiago Mitre, Laura Poitras e Shu Qi ha deciso di non premiare lo sperimentale La Bête di Bertrand Bonello e la Hors-saison di Stéphane Brizé, che segna una svolta nella poetica di un autore fin qui legato soprattutto ai temi sociali, ma anche l’opera seconda di Pietro Castellitto Enea.
Il Leone del futuro Premio Venezia Opera Prima Luigi De Laurentiis a Love is a gun assegnato dalla giuria, presieduta da Alice Diop, a un esordio tra le ventisei proposte del festival nelle varie sezioni. Il film, diretto dal trentatreenne regista e attore taiwanese Lee Hong-Chi è una coproduzione Hong Kong – Cina, Taipei Cinese. «Siamo felicissimi e orgogliosi che il Leone del Futuro sia stato assegnato a un film presentato in concorso alla 38° Settimana della Critica».
Micaela Ramazzotti ha ricevuto l’Armani Beauty per il suo esordio Felicità, presentato a Orizzonti Extra. Molto commoventi le parole della regista e attrice romana: «Dedico questo premio a tutte le persone che mi vogliono bene. Ci ho messo l’anima per arrivare al vostro cuore: se sono qui è grazie a tutti voi.
Dedico questo premio a chi sta vivendo un momento difficile, delicato, di infelicità nella vita. L’infelicità può durare a lungo, ma bisogna lottare sempre per la felicità, cosa di cui tutti noi abbiamo bisogno».
L’attrice colombiana Margherita Rosa De Francisco è la vincitrice del premio Orizzonti per la migliore interpretazione femminile per il film El Paraiso dell’italiano Enrico Maria Artale, che vince il Premio per la migliore sceneggiatura. La storia è quella di un intenso rapporto madre-figlio. Il film prodotto da Ascent Film, Young Film e Rai Cinema uscirà nelle sale prossimamente con I Wonder, distribuzione che si è aggiudicata moltissimi dei titoli premiati. L’opera racconta la storia di Julio (Edoardo Pesce), un uomo di circa quaranta anni che vive nei pressi di Roma, precisamente nella zona marittima di Fiumicino e in prossimità del fiume. Julio vive insieme a sua madre (Margarita Rosa De Francisco), che da ragazza si è ritrovata costretta ad abbandonare il suo paese, la Colombia, con il figlio ancora in grembo. La vita l’ha resa una donna molto forte e ha fatto sì che tra lei e suo figlio si instaurasse un legame che è a volte morboso, altre volte profondo, eppure allo stesso tempo sembra che i due vivano in simbiosi.
Questa loro complessa relazione li porta a condividere ogni cosa, da un hobby semplice come il ballo latino-americano a un lavoro illegale, come il traffico di droga. I due, infatti, sono due corrieri affiatati, ma quando nelle loro vite irrompe una giovane colombiana, anche lei coinvolta nel narcotraffico, questo rapporto così forte tra madre e figlio verrà messo a dura prova…
Una sterminata domenica di Alain Parroni è il vincitore del premio speciale della giuria di Orizzonti. Il film (una coproduzione Fandango, Alcor, Art me pictures, Road Movies di Wim Wenders con Rai Cinema) è una storia di giovani, un anticonvenzionale romanzo di formazione, ambientato tra Roma e il litorale. Una sterminata domenica è in sala dal 14 settembre con Fandango.
La svedese Mika Gustafson vince la migliore regia a Orizzonti per il film Paradise is burning, una coproduzione tra Svezia, Italia (Intramovies), Danimarca e Finlandia. Il film dedicato alla rapper e femminista intersezionale Silvana Imam, ha definito un territorio di ricerca specifico, legato alla critica militante contro le istituzioni svedesi. Sotto accusa i modelli dominanti della vita borghese, sempre più a misura di un’Europa fortemente identitaria e illusa di poter conservare un alto livello di benessere, alimentando di fatto modelli di vita esclusivi e xenofobi. Colpisce di quest’opera lo stile d’ispirazione punk sia dal punto di vista stilistico che della scelta dei personaggi che vivono tra l’esterno e l’interno delle loro abitazioni in maniera distopica.
Magyarázat Mindenre (Explanation for Everything) dell’ungherese Gábor Reisz è il miglior film nel concorso di Orizzonti alla Mostra del cinema di Venezia 2023. Budapest, estate. Abel, diciotto anni, deve sostenere l’esame di diploma. È innamorato di Janka, la sua migliore amica, ma la ragazza invece ha perso la testa per Jakab, il suo professore di storia, e glielo confessa apertamente malgrado i diciannove anni di differenza. Explanation for Everything rappresenta uno spaccato profondo dell’Ungheria di oggi ed è capace di raccontare le contraddizioni del Paese attraverso i diversi personaggi.
Il Presidente della Biennale Roberto Cicutto segnala un + 17% di biglietti venduti e annuncia la data di inizio dell’81° edizione il 28 agosto 2024. Si conclude un’edizione diversa e che probabilmente ha messo in luce pregi e difetti della nostra mostra del Cinema di Venezia, giunta alla sua ottantesima edizione e che ha visto premiare per la prima volta una regista donna con il Leone d’oro alla carriera: Liliana Cavani.