Lo spazio vuoto della pagina bianca ha da sempre sugli scrittori un effetto paralizzante, come se fosse lì a domandare con insistenza di essere riempito. Lo racconta bene Georges Perec in Specie di spazi, dedicando il primo capitolo proprio alla pagina, immaginata come dimensione da attraversare, come una stanza che ancora deve essere abitata. Ecco allora in cosa consiste il dramma degli inizi: nel trovarsi di fronte a questa zona bianca ancora non vissuta. Eppure, nonostante il bianco in cui è immersa la protagonista di Smarrimento sembia proprio richiamare questa condizione, il suo problema non consiste tanto nell’iniziare, azione in cui invece trova ancora una forma pura di gioia, quanto nel continuare. A raccontarsi è una scrittrice in crisi, interpretata con intensità da Lucia Mascino, che dà con tutta sé stessa voce e corpo alla drammaturgia di Lucia Calamaro, che di questo spettacolo ha curato anche la regia. Da anni questa donna non riesce più a finire un romanzo. I suoi personaggi, così come le loro storie e i loro rapporti, sono inafferrabili. Le girano intorno. Non riesce in alcun modo a trattenerli. La memoria in questo non le viene incontro. Tutt’altro. Quando ha un’idea, ha giusto il tempo di entusiasmarsi che è già svanita. Inutile tentare di appuntare tutto.
È in una soglia precisa che si colloca questo testo della Calamaro, quella dello smarrimento come condizione di chi vive un’esistenza a metà: non appartenendo più al passato, in questo caso il ricordo di una scrittura che un tempo scorreva fluida e sicura, né al futuro, che appare troppo lontano e indefinito per essere anche soltanto desiderato. In questo girare a vuoto su sé stessa, la protagonista cerca degli appigli nella scrittura degli altri, pur affermando di detestare chi ha la brutta abitudine di parlare attraverso le citazioni. Nomina grandi filosofi francesi contemporanei, da Gilles Deleuze a Alain Badiou. Li evoca perché si sono occupati di un tema a lei molto caro, quello dell’evento, come ciò che interrompe nel presente, spezzando qualsiasi linea di continuità. Per spiegarlo, Deleuze cita un’espressione che ritroviamo nell’Amleto di Shakespeare: «Il tempo è uscito fuori dai cardini», ad indicare che non ci sono più riferimenti logici, che ora non valgono più le regole a cui prima ci appellavamo. In effetti, sembra proprio un tempo fuori dai cardini quello in cui il personaggio di Smarrimento si muove, nel tentativo disperato di trovare un ordine che ormai è venuto a mancare. Nel farlo, cerca conforto nel pubblico, per capire se anche gli altri si perdono come si perde lei, se lo smarrimento è una condizione universale o che appartiene solo a lei.
La scrittura della Calamaro e la personalità energica e vitale della Mascino trovano in questo testo un incontro perfetto, che dà vita a una pièce in cui l’esperienza di chi si racconta e di chi ascolta si confondono, trasformando lo spazio della scena in un confine mobile, che può essere continuamente attraversato. È soprattutto nel dialogare con i personaggi, in particolare con Anna e Paolo, figure centrali del romanzo (la protagonista da anni tenta di scriverne senza successo), che la Mascino mostra tutto il suo talento, riuscendo a renderle vive. E, pur essendo soltanto evocate, le stesse risultano fortemente presenti con i loro caratteri e le loro nevrosi. Nonostante lei sembri conoscere a fondo le sue creature, come fossero luoghi del suo essere che continuamente esplora, il fallimento è sempre dietro l’angolo, come se lo spazio bianco della pagina fosse ostinato a restare tale. Un omaggio alla gioia e alla fatica dello scrivere, alla frustrazione di chi ogni giorno combatte con una materia che continuamente sfugge e si sottrae a chi tenta di afferrarla, ma anche alla consapevolezza di non poter vivere per altro al mondo.
Smarrimento
scritto e diretto da Lucia Calamaro
con Lucia Mascino
scene e luci Lucio Diana
costumi Stefania Cempini
produzione Marche Teatro. Teatro di Rilevante Interesse Culturale.
Teatro Basilica, Roma, fino al 4 febbraio 2024.