«Negli anni Novanta l’attrice, cantante e regista inglese, naturalizzata francese, Jane Birkin scrive Oh pardon tu dormais, testo teatrale con l’andamento di un lungo racconto, un atto unico che si sviluppa in 17 quadri nell’arco di tempo di una notte in una camera da letto».
Così Marco Solari e Alessandra Vanzi introducono il loro spettacolo Oh scusa dormivi (nella traduzione di Alessandra Aricò, Edizioni Barbès, 2008) che li vede nuovamente in scena, dopo una lunga pausa, a Roma negli spazi dell’Angelo Mai dal 21 al 23 febbraio 2024. I due protagonisti della postavanguardia teatrale italiana, con la collaborazione artistica dell’attore, regista e pedagogo Gustavo Frigerio, incontrano Jane Birkin nel ruolo inusuale di drammaturga che riflette sull’anatomia di una crisi coniugale in modo inevitabilmente autobiografico.
Scomparsa lo scorso anno, artista ribelle degli anni Settanta, cantante trasgressiva e originale, icona della moda e del costume, la Birkin è stata attrice per registi come Doillon, Antonioni (iconica in Blow-Up), Godard, Vardas. Solari e Vanzi sono legati da un connubio artistico e umano che dura, nelle sue varie trasformazioni, da decenni – a partire dal 1975 attraverso l’esperienza fondante con Corsetti ne La Gaia Scienza fino alla scissione nel 1985 come compagnia Solari-Vanzi e alla successiva alla fondazione (insieme ad altri artisti fra cui lo stesso Frigerio) dell’associazione multidisciplinare Temperamenti nel 2004.
Rispetto al testo originale, la prima cosa di cui gli attori fanno a meno è l’ambientazione realistica per come verrebbe suggerita dalle didascalie: dunque sparisce la camera da letto. Il letto stesso, l’alcova simbolo dell’intimità, il luogo della resa dei conti della coppia, non c’è. La scena è nuda. Apre direttamente alle connessioni-disconnessioni emotive dei personaggi e al loro dramma, senza mediazione alcuna. L’ambiente è straniante, realizzato da fasci di luce che modellano anche il tempo, come lancette di orologio. I corpi degli attori si stagliano nello spazio in modo asincrono al dialogo, lo commentano come fotografie. Piacevole il rispecchiamento autobiografico e autoironico – forse in alcuni momenti troppo presente – che comunque non impedisce agli attori di distillare dal testo i tratti universali. Con pochi tagli, il testo originale ci investe con una pioggia fitta di battute asciutte e ritmi che sono un inno – quasi una canzone – all’incomunicabilità.
L’accento è sul nonsense intrinseco ad ogni dialogo d’amore, che inevitabilmente sfocia in richieste irrazionali, in pretese che sfiorano il ridicolo, bisogni e rimbrotti incomprensibili. È un lavoro coraggioso e sincero, in cui gli attori si mettono in gioco senza rete, in una sempreverde necessità di esplorare territori: sorprende il loro affidarsi totalmente alla parola che diventa fulcro centrale e sfida in una “conversazione” semiseria col realismo.
I personaggi, antieroi fragili e buffi in camicia e pigiama, esperti dell’arte di non capirsi, in cerca di conferme oppure di solitudine, non sanno perdonarsi mentre si perdono e si ritrovano nel soffio di una notte, che per lo spettatore dura un’ora. In quest’unica veglia si scorgono mille e una notte di rimproveri, verità scomode, avvicinamenti, che condensano le vicende di una vita vissuta insieme.
I ruoli di vittima e carnefice si scambiano più volte anche se la figura femminile sembra catturare maggiormente le simpatie del pubblico, nel suo donchisciottesco e ripetuto tentativo di ricomporre l’unione perduta, rispetto al riconfermare cinico delle distanze da parte di lui, ma qui forse è l’autrice che si schiera. Nell’interpretazione dei bravissimi Solari e Vanzi, resta incerto l’esito della crisi: i due coniugi, appaiono vinti, all’alba, dal loro stesso legame, in qualche modo irriducibile. L’amarezza si scioglie nel finale con l’evocazione musicale della Birkin cantante, che ci fa riprendere il fiato. A ricordarci che, se forse l’amore non può dirsi eterno, eterna – e umana – è la ricerca dell’amore.
Lo spettacolo verrà riproposto dal 17 al 21 aprile 2024 al Teatro Tordinona di Roma.