L’interno di uno studio professionale decorato per sembrare un esterno. Un tavolino su cui poggia un fornello da campeggio. Una pentola con acqua a riscaldare, di cui non conosceremo mai chiaramente l’utilizzo. Servirà a fare un esperimento? Quale, di preciso non si sa. Una sedia e, a terra, una scatola di Baci Perugina. Da dentro a fuori, come l’ambivalente scenografia, il movimento dei pensieri di una donna che confida al pubblico il disfacimento della sua relazione sentimentale. L’esperimento è il titolo dello spettacolo di e con Monica Nappo, anche regista (assistita da Elena Gigliotti), con scene e costumi di Barbara Bessi. È un monologo, l’ironico flusso di coscienza di una donna di mestiere counselor. In attesa di ascoltare i pazienti turbati, sconquassati, dalle proprie pene d’amore, compie lei stessa un’analisi del suo cambiamento, della storia d’amore che l’ha vista unirsi in matrimonio, poi finita in frantumi per un lento, graduale, quasi impercettibile processo di deterioramento. Il linguaggio è lucido, la messa a fuoco dei motivi attenta, scrupolosa. La donna è una nuova creatura, il passato, le bugie, le manipolazioni psicologiche appaiono lasciate alle spalle. Persino il suo lavoro non è più lo stesso. Prima era una curatrice d’arte, e così incontrò suo marito, a un’esposizione. Nessun risentimento per il fatto di essere una donna “sola”. Il suo racconto rappresenta nel presente un trofeo che si alza per dire “Se io ce l’ho fatta, potete farcela anche voi”.
Lo spettacolo comincia con l’ascolto di un messaggio vocale, un paziente ha appena seguito il suggerimento della donna e ha contattato via messaggio la propria ex. Nulla di riservato tra l’al di qua e l’al di là della quarta parete: la protagonista è già consapevole di essere osservata dal pubblico proprio come lei osserva, scrutandone i pensieri, le persone che le si rivolgono per superare dei traumi. Lo spettacolo non a caso è nato durante il lockdown, quando le coppie scoppiavano all’interno delle mura domestiche, perché mancava un po’ di spazio per sé stessi, di riservatezza, ma anche di “fuori” nelle esistenze. Qui, per far sentire a loro agio i pazienti, lo studio presenta un tappeto in finto prato, il fornello è quello da campeggio, la scenografia è cromaticamente vivace: una parete di vetri colorati e luci sul fondo illuminano e sembrano anche riscaldare, come un sole, l’ambiente confortevole e accogliente.
Non è soltanto un monologo femminile, quello di Monica Nappo, ma anche femminista. Il rapporto con l’ex marito si è incrinato quando quest’ultimo ha espresso il desiderio di avere un figlio. Il desiderio non è stato corrisposto da lei. Troppi disagi a carico del corpo femminile, le nausee, le gambe gonfie, le emorroidi. La pancia enorme. Il sacrificio talvolta insostenibile che mette sempre le donne davanti a scelte difficili. Il testo si dimostra efficace per il modo in cui riesce a entrare in empatia con tutte le donne, sia le madri che coloro che non desiderano avere figli. A parte l’“incertezza” dell’esperimento, qualche pecca di regia, lo spettacolo funziona per la sincerità dell’operazione, la forza dell’interpretazione, la profondità della scrittura che attraversa le vite di tutti noi.
L’esperimento
di e con Monica Nappo
assistente alla regia Elena Gigliotti
costumi e scene Barbara Bessi
produzione Fondazione Teatro Due.
Teatro Argot Studio, Roma, dall’11 al 14 aprile 2024.