“Panoramic banana”, oltre gli orpelli del sé del gruppo mk di Paolo Ruffini

Foto di Giuseppe Follacchio

Aspetti esotizzanti hanno attraversato il lavoro di scavo di Michele Di Stefano e della compagine mk, in quanto contributo critico all’idea stessa di corpo scenico e di impaginazioni coreografiche smussate da un certo voyeurismo desiderante. Buona parte della sua recente produzione, ad eccezione di qualche lavoro irregimentato da necessità produttive, da anni ormai si muove verso quell’indagine, quell’inquietudine di messa in mora della forma che tangenzialmente espone luoghi turistici (metafora di una capitalizzazione della percezione e del gusto immortalata nei gangli di un capitalismo estetico) dal sapore fortemente connotato, persino da un cannibalismo economico dove il mercato la fa da padrone nella nostra totale inconsapevolezza. La danza di Michele Di Stefano è politica proprio perché ne esperiamo una ulteriore possibilità oltre il canone (anche della “ricerca”), è politica più in generale per la percezione scomposta (avventura nei tanti orizzonti di un crinale coloniale che trasuda guerre ferocemente attuali e luccichio di preziosi), appendice erotica introiettata di luoghi della mente in quella definizione dell’immaginario dove turismo sta per consumo di aspettative occidentali, di corpi, di confezioni di ritualità in tour, di spostamenti letterari romantici e di visioni mediate. E in questa nuova ultima produzione mk ne riprende le fila, riannoda un discorso mai interrotto del tutto, torna sul luogo del delitto, rimarca col consueto “urlo” felice una liberazione potente della composizione, ancor più di prima una liberazione.

Foto di Giuseppe Follacchio

Panoramic banana. Album degli abitanti del Nuovo Mondo srotola da subito i puntelli sui quali è stato tessuto questo lavoro di sovrapposizioni percettive, dove il movimento si dà appuntamento al convenzionale incontro con lo spettatore per verificarne la relazione. A Roma allo Spazio Rossellini in seno al programma della stagione di Orbita | Spellbound, abbiamo assistito lo scorso 24 gennaio a un groove del fare danza di Michele Di Stefano dove si sovrappongono epilettiche istantanee rilasciate dal video prima dell’entrata dei performer, un accumulo ordinato di “oggetti” che, come una cartamodello sezionato nelle sue parti, si alternano nel reiterato ossessivo fraseggio (armi, animali esotici, bombe a mano, pietre preziose, loghi e marche evidenza di un capitalismo imperante) di simboliche prese di posizione della danza di nuovo, da un certo punto di vista (quello proprio del discorso sulla danza) coraggiosamente parlante dell’altro, dei tanti “altro” non solo del Sud del mondo (se ha ancora senso parlare di Sud del mondo: quale mondo?), mentre il suono si fa insistente e immateriale lasciandosi abbandonare all’impercettibile involucro di materie smemorate del carattere organico per surclassarsi nell’inorganico di timbri digitali, quei corpi ci trascinano da subito in un contenitore di architetture sonore e passaggi danzati ironicamente allusivi, con rimandi “disordinati” nel crescente ritorno alla natura (al suo dubbio esistenziale: cos’è la natura?).

Foto di Giuseppe Follacchio

Il mondo di Michele Di Stefano sembra porsi interno alle “narrazioni” che si producono, non uno sguardo “su” ma uno sguardo “con”; così le immagini si fanno vivide e iper-sconfinanti ma allo stesso tempo “inumane”, ovvero di indefinibilità dell’umano, una costruzione tutta da avviare del concetto di umano in sintonia forse col predicato teorico espresso in Dysphoria Mundi di Paul B. Preciado, dove il concetto di umanità in realtà si contratta con un’identità in costruzione e la natura, la naturalità, è un processo di esplorazione del sé. In scena si mantiene quel certo stato di improvvisa spontaneità del corpo, il grumo coreografico appare lasciato a congiunzioni apparentemente fortuite e noi, lì al limite di un proscenio così prossimale e senza barriere, ci sentiamo parte dell’esperienza, perché sempre di un viaggio stiamo parlando, dove troviamo umanità (calate in adamitiche tute variopinte che verranno dismesse verso una parvenza di nudità ancora una volta simbolica e mai compiuta fino in fondo) che agiscono delle micro forzature di potere quasi un riflesso di un mondo post-umano per estensione luogo del potere che non ha colori né generi. Tempo estremo di un pensiero dove il piacere, la gioia, la percettività sa farsi comunità, nonostante tutto.

Foto di Giuseppe Follacchio

Ci sono entrate e uscite reiterate dal gruppo o da singoli o singole performer, quel mondo misterico è ovviamente anche sensuale e significativo, sta a noi riconfigurarne la cornice nella quale si compone questo universo che non è più archetipo. Qualcosa di ultra-storico, di intra-storico, di a-storico, di attuale. Di spalle un conduttore-musicista (Caravano) ricompone live le immagini e le partiture musicali, lui con un machete decisivo nel riposizionare equilibri tra quelle figure si concede una danza quanto le danze del gruppo effervescente, estrema nella non didascalia. Direttore di un’orchestrazione sedimentata nel tempo andata a ricomporsi tenendo assieme antiche radici e un presente grave di indicibile inumanità. E lo spettacolo vola per la sua bellezza.

Panoramic banana. Album degli abitanti del Nuovo Mondo

con Biagio Caravano, Sebastiano Geronimo, Luciano Ariel Lanza, Flora Orciari, Laura Scarpini, Francesca Ugolini
coreografie e atmosfera Michele Di Stefano
modular system live Biagio Caravano
musiche The Creatures, My Bloody Valentine
luci Giulia Broggi
video Lorenzo Basili
una coproduzione mk/KLm, LAC Lugano Arte e Cultura (CH), Triennale Milano Teatro, Théâtre du Briançonnais (FR), Bassano OperaEstate
con il sostegno di Istituto Italiano di Cultura Bucarest (RO)
in collaborazione con USI Accademia di Architettura di Mendrisio (CH) – corso coordinato dall’arch. Riccardo Blumer – e CNDB Centro Nazionale Danza Bucarest (RO)
con il supporto di KOMM TANZ/PASSO NORD progetto residenze Compagnia Abbondanza/Bertoni in collaborazione con il Comune di Rovereto, ORBITA /Spellbound Centro Nazionale di Produzione Danza in collaborazione con ATCL Circuito multidisciplinare del Lazio – Spazio Rossellini
con il contributo MIC.

Spazio Rossellini, Roma, 24 gennaio 2025.