La pianista croata Antonija Pacek arriva a Roma per presentare in anteprima italiana il suo nuovo album, Il Mare. L’appuntamento è per domenica 24 febbraio all’Auditorium Parco della Musica, presso la sala Teatro Studio Borgna, alle ore 18.30. L’evento è patrocinato dall’Ambasciata della Repubblica Croata e dal Forum Austriaco di Cultura.
Le intime atmosfere dei precedenti album – Soul Colours (2014, Autentico Music) e Life Stories (2017, Spinnup) – proseguono nel suo nuovo lavoro, scavando in profondità le emozioni e le esperienze dell’essere umano. La compositrice croata, austriaca di adozione, ne Il Mare fonde musica e sensazioni vive: racconti dagli echi romantici e dall’architettura sonora minimale. Tredici brani in cui si rafforza la ricerca della musicista connessa all’emotività dell’uomo che viene intesa come sviluppo della conoscenza diretta dei sentimenti più profondi.
L’esecuzione live di Antonija Pacek è affiancata dalle incursioni poetiche dell’attrice Daniela Cavallini e dalle proiezioni artistiche della “pittrice di onde” Susanna Montagna. Il concerto si trasforma, così, in un evento singolare dove le note, al pari delle onde, si infrangono sui versi poetici e sulle proiezioni di immagini tematiche, creando una sinergia “confidenziale”, sensibile e privata.
In attesa dell’anteprima italiana, abbiamo intervistato Antonija Pacek per entrare nel vivo del suo universo musicale.
Antonija, parliamo del tuo nuovo lavoro. Domenica presenterai all’Auditorium Parco della Musica il tuo ultimo lavoro, Il Mare. Da dove possiamo partire per descriverlo ai nostri lettori?
Per cominciare è per me un grandissimo onore suonare nel tempio della musica di Roma, l’Auditorium Parco della Musica. Sono lieta che ad accompagnare la mia musica ci saranno le proiezioni dei bellissimi e realistici dipinti dedicati al mare e alle onde di Susanna Montagna e le poesie appassionate – ispirate ai brani de Il Mare – della talentuosa attrice Daniela Cavallini. Con la nostra sinergia ed energia, mi auguro di toccare il cuore degli ascoltatori.
Come è nata l’idea della collaborazione con Susanna Montagna e Daniela Cavallini?
La mia manager e amica, Elisabetta Castiglioni, ha avuto questa visione e ci ha presentate “virtualmente”.
Ci siamo sentite immediatamente vicine, complici, anche se eravamo geograficamente distanti e siamo impegnate in campi artistici differenti.
Cosa avvicina il tuo ultimo album ai tuoi lavori precedenti – Soul Colours e Life Stories – e in cosa, invece si differenziano?
Ogni album è stato creato dal profondo della mia anima come espressione sincera delle esperienze di vita che ho avuto e che ho restituito attraverso la musica. Molte volte, le mie creazioni hanno rappresentato per me dei veri percorsi di guarigione. La mia speranza è che anche altri, ascoltandole, possano avvertire la stessa sensazione di “guarigione emotiva” .
I miei ascoltatori affermano che la mia musica si è evoluta, che oggi mi esprimo in una maniera più diretta. Credo sia questa la differenza tra gli album precedenti e Il Mare.
Le tue composizioni hanno raccolto numerosi consensi nel mondo e si indirizzano sempre al cuore degli ascoltatori. Hai iniziato a comporre fin da giovanissima attraverso le corde del pianoforte che è oggi, forse, un aspetto in controtendenza rispetto agli approcci sintetici della musica moderna. Come e da dove inizia, per te, Il processo creativo?
La verità è che soltanto i veri strumenti creano vibrazioni che siamo in grado di percepire non solo con il nostro orecchio, ma anche con il nostro cuore e persino con la nostra pelle. Gli approcci e i plug-in sintetizzati non hanno questa forza. Non a caso, e lo dimostrano numerose ricerche, gli strumenti “reali” possono aiutare le persone a riprendersi più rapidamente dagli interventi chirurgici; possono sostenere i bambini prematuri nello sviluppare meglio la loro struttura cerebrale; possono far reagire pazienti con demenza .
Sono convinta, dunque, che esclusivamente gli strumenti “concreti” riescano a far giungere le loro vibrazioni ai livelli più profondi dell’essere umano, aiutandolo a guarire dalle ferite emozionali.
Numerosi addetti ai lavori temono la fine della musica acustica, qui intesa come vibrazione diretta di uno strumento musicale. Cosa ne pensi della musica odierna, figlia del nostro tempo tecnologico?
La tecnologia è eccezionale. Ci permette di raggiungere luoghi che diversamente potremmo solo sognare. È uno strumento straordinario per migliorare le nostre condizioni di salute (penso, per fare un esempio, agli interventi chirurgici computerizzati), la comunicazione, l’apprendimento. Attraverso l’uso del computer, si è iniziato a comporre musica per la pubblicità e per l’industria cinematografica. Tuttavia, a mio avviso, la musica vera esiste quando qualcuno porta le proprie esperienze di vita reale e le proprie emozioni profonde all’interno della composizione. È questo che fa e deve fare la differenza.
Nella tua biografia si legge che a 6 anni, quindi piccolissima, hai iniziato lo studio del pianoforte ed è iniziato un amore profondo per questo strumento. Puoi descrivere agli attuali, giovani, studenti di musica il tuo rapporto con l’apprendimento delle tecniche dello strumento e il tuo approccio al testo musicale?
Personalmente, ho avuto molte difficoltà nella scuola di musica dove mi sono formata: la mia insegnante era impaziente. Mi colpiva le dita se facevo un errore e mi urlava in faccia. Era il tempo della paura, delle lacrime e del coraggio. La mia esperienza è particolarmente rara. Oggi nessuno tollererebbe il fatto che l’insegnante possa colpire un alunno! Lì ho suonato e lì ho imparato quanto più era possibile su questo strumento, proprio perché ho amato totalmente il piano.
Forse, in quel luogo, il bisogno di esprimere le mie paure attraverso la musica ha trovato un terreno fertile. Ai giovani studenti suggerirei di apprendere le tecniche, di insistere a coltivare la loro passione se amano davvero uno strumento e di suonare vari generi musicali. Non solo ciò che viene loro assegnato nella scuola di musica. E per esprimersi in un modo unico, consiglio di suonare la propria musica, anche se magari è molto particolare e difficile da classificare. Infine un monito: «Se scrivi musica, sii onesto e rimani fedele a te stesso».
Per concludere, che messaggio vorresti mandare ai giovani musicisti che, come te, amando il pianoforte e la composizione, decidono di intraprendere questa carriera oggi?
È un mondo molto difficile quello della musica. Perseveranza e dedizione sono fondamentali. La fiducia in se stessi e la fiducia in ciò che si fa sono indispensabili. Alcuni credono in noi e questo è molto importante, ma soprattutto dobbiamo amare e avere dentro di noi la “passione” di comporre per presentarla onestamente agli altri.