Giulia Fiume e Flavio Insinna artisti di non “facili costumi” di Sergio Roca

Foto di Sergio Roca

Gente di facili costumi, commedia scritta da Nino Manfredi e Nino Marino, è un’opera che, pur essendo stata concepita alla fine degli anni Ottanta, conserva una sorprendente freschezza. La prima messa in scena avvenne a Modena nel 1988, con protagonisti lo stesso Manfredi, allora un atletico sessantaseienne, e Pamela Villoresi che, con i suoi trentuno anni, era nel pieno della sua maturità artistica e femminile.

Al centro della trama troviamo Anna e Ugo, due personaggi radicalmente diversi. Anna (soprannominata “Principessa”) è una prostituta pragmatica, diretta e concreta, che vive a stretto contatto con la realtà, pur sognando un futuro da giostraia. Ugo, al contrario, è un intellettuale pieno di sé, che sopravvive scrivendo per la TV e il cinema, ma aspira a diventare un autore “impegnato”.

Foto di Sergio Roca

A seguito di una copiosa perdita d’acqua che allaga l’appartamento sottostante, provocata accidentalmente da Anna, Ugo (anche sotto sfratto per morosità) è costretto a trasferirsi nella casa della ragazza. Questa convivenza forzata scatena uno scontro tra le loro differenti visioni del mondo. Anna è una donna pratica e senza illusioni, ma generosa e piena di gioia di vivere, capace di godere dei piccoli piaceri quotidiani, mentre Ugo, a causa del suo lavoro, osserva la realtà con distacco, quasi con disprezzo, costruendo un “mondo parallelo” che lo allontana dalla verità, impedendogli di apprezzare appieno l’esistenza.

Nel corso della coabitazione, tra scontri e scoperte, i due protagonisti iniziano a comprendere le reciproche differenze e a valorizzare le rispettive qualità. Alla fine, entrambi emergono trasformati, tanto da rendersi conto che, sebbene partano da posizioni opposte, condividono un desiderio comune: migliorare le proprie condizioni di vita in una società dove spesso l’apparenza pesa più dell’essenza. Se volessimo fare un parallelismo con il cinema, potremmo dire che Anna ed Ugo già prefigurano Vivian Ward ed Edward Lewis nella pellicola Pretty Woman, che sarebbe uscita nelle sale solo nel 1990.

Foto di Sergio Roca

La messa in scena di questa commedia, sotto la regia di Luca Manfredi, ha qualcosa di speciale: una scioltezza e un ritmo praticamente perfetti. Difficile trovare anche una sola piccola pecca nella rappresentazione, tanto che, per assurdo, diventa difficile scriverne una critica oggettiva.

La scenografia (di Luigi Ferrigno) ricostruisce l’appartamento di Anna, un ex locale tecnico condonato (attiguo alla cabina motore dell’ascensore), situato all’ultimo piano di un palazzo sopra la casa di Ugo. L’interno è essenziale ma colorato, coerente con il carattere di Anna. Sulla sinistra c’è la porta che funge da ingresso alla camera da letto di Anna, poi un divano, una foto della Carrà, molte parrucche utili al lavoro della ragazza e un mangiadischi (che in parte servirà a creare la colonna sonora dello spettacolo le cui musiche sono di Paolo Vivaldi). Più al centro, un cavalluccio proveniente dallo smontaggio di una giostra per bambini e la porta d’ingresso; sulla destra, una cucina con un tavolo, alcune sedie e il frigorifero con sopra un piccolo televisore bianco e nero, e nelle vicinanze, un calendario del 1988. La scena è illuminata per intero, con discrezione, rendendo ben visibili i volti degli attori (e senza eccessive variazioni tra giorno e notte) grazie al disegno luci di Antonio Molinaro.

Durante la rappresentazione, fondamentali sono i cambi di abito dei personaggi (i costumi sono curati da Giuseppina Maurizi). Se quelli di Anna, pur mantenendo un’aria stravagante e colorata, tendono a farsi più “seri” dal principio alla fine, quelli di Ugo, ad eccezione della giacca/cardigan colorata iniziale (indumento molto caro a Nino Manfredi), si fanno più cupi, con toni autunnali di beige e marrone, per poi diventare più allegri, verso la fine della storia, grazie all’intervento di Anna che riesce a “ringiovanire” il Professore più nell’anima che negli abiti.

Foto di Sergio Roca

A livello recitativo, il duo Fiume/Insinna dimostra un affiatamento eccezionale, dando l’impressione che questa commedia (della durata di due ore e trenta) sia “quasi” breve.

Se nella suddivisione dei ruoli, la figura di Giulia Fiume è il classico Augusto del clown che ha ritmi forsennati, trovate imprevedibili e “cadute” improvvise (non fisiche, ma culturali ed emotive) e che rafforzano il personaggio con la sincera natura del suo modo goffo di essere; Flavio Insinna incarna il clown bianco, la “maestrina” (qui il Professore), ovvero colui che cerca di portare razionalità e ordine. In Gente di facili costumi, Ugo è un personaggio che teme il confronto con la “confusa” realtà, tant’è che quando vorrebbe comportarsi come l’Augusto ottiene il risultato opposto, mostrando pochezza emotiva e scarsa capacità di adattamento.

Ottima la prova attoriale per entrambi i protagonisti dove se il risultato di Flavio Insinna ci entusiasma ma non ci sorprende, conoscendo l’elevata professionalità dell’attore, è la perfetta costruzione del personaggio di Anna, da parte di Giulia Fiume, che ci impressiona. L’attrice condensa serietà, grinta, ironia e studio, trasformando il personaggio femminile dalla macchietta iniziale alla donna concreta del finale.

Tornando al parallelo con Pretty Woman, complimenti ai “nostrani” Julia Roberts e Richard Gere.

Foto di Sergio Roca

Gente di facili costumi

di Nino Marino e Nino Manfredi
regia Luca Manfredi
con Flavio Insinna e Giulia Fiume
scene Luigi Ferrigno
costumi Giuseppina Maurizi
musiche Paolo Vivaldi
disegno Luci Antonio Molinaro
produzione La Pirandelliana.

Teatro Quirino, Roma, fino al 2 marzo 2025.