Teatro a Canone: da Mozart a Mozart. Fuga all’origine di Franco Ruffini

Foto di Marco Canario

Fuga da Mozart è uno spettacolo semplice. Il tema che affronta è di quelli destinati a restare senza risposta, tanto profonda è la sua semplicità. Verso la fine lo sentiamo enunciare con parole fuori campo di Ingeborg Bachmann, che ripropongo qui con parole mie. È possibile e ha senso fare arte in un mondo che ha conosciuto – e respirato – il fumo dell’Olocausto e quello della grande bomba?
È possibile e ha senso evocare l’ideale quando il principio di realtà sembra non lasciare spazio altro che alla realtà, per disumana che possa essere? Se si rinuncia a reagire e si depongono le armi, la bomba ha vinto una volta per tutte; se si contrattacca d’impulso con la sola arma della disperazione, la bomba vince lo stesso, solo un poco alla volta. Una volta per tutte o poco alla volta, non cambia niente alla fine. Non resta che continuare a evocare e creare, arte musica colori forme, sognare, vivere, tutto come se … E qui entra in campo il teatro: come se esistesse un altro mondo accanto a quello dove a vincere è sempre lo strapotere del principio di realtà.

Foto di Marco Corcella

Quest’alternativa del “come se” – che non è la soluzione, ma è l’unica soluzione possibile – viene presentata in Fuga da Mozart sotto forma di un concerto continuamente interrotto da intrusioni e divagazioni e che tuttavia va avanti, ostinatamente, fino alla fine. Fino all’ultima scena dello spettacolo.
Nella prima c’era stato il piano del palco occupato da quattro corpi supini a terra. Ad un tratto uno di questi si alza. Da com’è abbigliato lo si immagina come un direttore d’orchestra, sarà anche una sorta di servo di scena tuttofare. Solleva un altro dei corpi, che si rivela essere un manichino. Con movimenti cauti e precisi monta i gradini verso il palco dei musici con quel corpo tra le braccia, e lo sistema su una sedia in modo che possa accogliere e manovrare il suo strumento. Ripete l’operazione con gli altri due corpi. A questo punto, dal sottopalco viene tirato fuori un involto a misure d’uomo. Forse un altro manichino: che però, una volta messo in verticale e liberato dall’involucro di plastica, si rivela essere il corpo di una donna. Sarà Mozart bambino, sua sorella Nannerl e la principessa Pamina. Insieme al direttore servo di scena e all’angelo caduto Lucifero – nonché l’uccellatore Papagheno e il principe Tamino, a chiudere con i protagonisti del Flauto magico – tutti i personaggi dello spettacolo sono entrati in scena. Il concerto può cominciare.

Foto di Marco Canario

Se ne susseguono i brani, intervallati da quadri che in corpi viventi prendono il posto della musica. La danza assolo di Lucifero, i magistrali giochi – con o senza accessori – di Pamina, sono pezzi di bravura, autentiche attrazioni cavate fuori da uno scrigno di sapienza teatrale persino stracolmo di tesori. Non mi soffermo a descriverli. È la parte di mezzo, in cui lo spettacolo racconta, divaga, gira attorno ad un centro che, al di là di Mozart, è Mozart malgrado Shoà e grande bomba. Mozart malgrado l’impossibilità di Mozart. Salto all’ultima scena.
Nessun personaggio sul palco. Mentre continua la musica, all’improvviso uno dei manichini si anima, muove le braccia come a suonare il suo invisibile strumento. Dura poco, giusto il tempo per chiedersi se veramente accade quello che vediamo, o se solo crediamo di vederlo. Intanto la musica s’è spenta. Su quel musico che continua a suonare in silenzio, cade il buio. Fine.
All’inizio sembravano corpi viventi ed erano manichini; alla fine sembravano manichini ed erano corpi viventi. Erano manichini? Erano corpi viventi? Tra ciò che appare e ciò che è; tra questo mondo e un altro mondo; tra l’origine che è all’inizio e ciò che ne è il fine, alla fine: tra questi opposti orizzonti si gioca da sempre la sfida del teatro. Se non l’ha vinta – ma vincerla è impossibile – Fuga da Mozart senza dubbio l’ha raccolta. Con mestiere sicuro e tanta passione, a viso aperto.

Fuga da Mozart – divagazioni di un direttore d’orchestra

regia Luca Vonella
drammaturgia Chiara Crupi e Luca Vonella
con Lucio Barbati, Anna Fantozzi e Luca Vonella
tecnico luci e audio Nico Valliera
scenografia Adrian Bruma e Anna Fantozzi
costumi Anna Fantozzi e Silvia Vairos
produzione Teatro a Canone, Festival du Théâtre Professionel 4/4 de Jendouba, ARTERIE- festival di teatro diffuso
produzione esecutiva Il Mutamento Zona Castalia.

Teatro Potlach, Fara in Sabina (RI), 26 aprile 2025.

Prossime date:
Teatro Zeta, Termini Imerese (PA), 25 maggio 2025.
Centro Universitario Teatrale, Catania, 28 maggio 2025.
Teatro Tor Bella Monaca, Roma, 6 giugno 2025.

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