Aggiungi un posto a tavola è la commedia musicale italiana più conosciuta al mondo. Se Rugantino fu il primo prodotto delle “Broadway sul Tevere”, esportato all’estero nella mitica trasferta a New York del 1964, la storia di Don Silvestro e del suo piccolo paese di montagna, andata in scena per la prima volta l’8 dicembre 1974 al Teatro Sistina di Roma, è stata rappresentata pressoché ovunque: Austria, Germania, Spagna, Portogallo, Regno Unito (a Londra, in inglese, per ben sei mesi con Jonny Dorelli), Argentina, Brasile, Cile, Messico, ma anche, ciliegina sulla torta, in russo, a Mosca.
Il lavoro, proposto a Garinei e Giovannini da Jaja Fiastri, prendeva spunto dal romanzo After me, the deluge di David Forrest (pseudonimo dei due romanzieri Robert Forrest-Webb e David Eliades) ed ebbe una gestazione lunga. Per allestirlo furono necessari quasi tre mesi di prove e il debutto, previsto per i primi di novembre del 1974, venne rinviato a dicembre per le difficoltà incontrate nel completare le scenografie ideate da Giulio Coltellacci. Una curiosità interessante è che il titolo, Aggiungi un posto a tavola, ormai acquisito come frase idiomatica nella lingua italiana, venne scelto tramite votazione tra i partecipanti allo spettacolo e solo pochi giorni prima del mancato debutto novembrino, battendo a schiacciante maggioranza gli altri due titoli in lizza: Bis Noè (o La bis-bis arca) e Concerto per prete e campane.
Il 1974 non vedeva la nostra nazione vivere un periodo tranquillo. Il 1973 si era chiuso con le domeniche di austerity (a seguito della crisi petrolifera internazionale) e questo aveva aumentato di molto l’inflazione impoverendo non solo la classe operaia ma anche quella media. Tra la primavera e l’estate del 1974, poi, c’erano state due stragi di matrice politica (quella di Piazza della Loggia e dell’Italicus) e ben due tentativi di golpe. Unica nota positiva, di una democrazia in via di maturazione, era stato il referendum sul divorzio che, nel maggio di quell’anno, portò a votare quasi l’ottantotto per cento della popolazione. Come insegna la storia, però, è nei momenti di difficoltà che si possono cogliere grandi opportunità. Infatti, fu quello il momento in cui il duo G&G decise di investire in “leggerezza” puntando su Aggiungi un posto a tavola.
Don Silvestro, parroco di campagna, viene avvisato da Dio di un prossimo, nuovo, diluvio universale. Solo lui e la sua comunità si salveranno. Del gruppo fanno parte Crispino, sindaco avaro e miscredente, la moglie Ortensia, donna accorta e devota, la loro figlia Clementina, adolescente sognatrice (nello stile degli anni Settanta) innamorata dei miti del Rock e di Don Silvestro e da Toto, uomo forzuto ma ignaro delle gioie del sesso. Solo poco prima dell’arrivo del diluvio si aggiungerà Consolazione, prostituta destinata a portare scompiglio tra i maschi del paese e ad iniziare Toto ai piaceri della carne finendo per diventarne la moglie.
La trama tratta molti temi: l’accoglienza, il perdono, la solidarietà, l’amore platonico e quello carnale, mettendo in luce alcune problematiche religiose e sociali. Due argomenti sono: il celibato del clero (cosa però non valida per i sacerdoti delle chiese Cristiane protestanti) e quello dei Carabinieri (una questione poco conosciuta dai giovani d’oggi ma, almeno fino al momento della stesura di Aggiungi un posto a tavola, il limite minimo per contrarre matrimonio, per un Carabiniere, era fissato a ventotto anni. Il tema è trattato, seppur incidentalmente, nel film di Vittorio De Sica Pane amore e fantasia nella storia d’amore tra la Bersagliera e un giovane militare dell’Arma).
Desideroso di comprendere le motivazioni che hanno reso così familiare il racconto di Aggiungi un posto a tavola mi sarebbe piaciuto chiedere a Garinei e Giovannini se, nel “sottotraccia” della commedia, non si fosse pensato anche di proporre una nuova via cristologica per la salvezza dell’umanità. Anziché il Dio vendicativo della Bibbia o quello che richiede al Figlio il supremo sacrificio dei Vangeli, un Dio che si presenta in una sorta di “prima cena”, nuovo patto, dove a un Don Silvestro, disposto a farsi martire, risponde la Misericordia che non richiede sacrifici ma che, unendosi alla tavola, riporta pace e armonia. In fondo, attorno a Don Silvestro, nella sua comunità c’è chi lo ha tradito (Crispino come Giuda), chi lo ha rinnegato per le gioie della terra (Toto come Pietro), chi lo ha amato sapendo di non potersi attendere nulla in cambio (Clementina come Maddalena), per terminare con chi lo ha osteggiato (e lusingato) grazie al suo potere (il Cardinale come il demone tentatore).
Per i cinquanta anni dalla prima messa in scena, Alessandro Benvenuti per la Viola Produzioni presenta l’ottava edizione della commedia che vede la ripresa teatrale di Marco Simeoli della regia originale di Pietro Garinei.
Si tratta di un lavoro più spigliato, più leggero delle scorse versioni in quanto si è cercato di attualizzare, senza stravolgere, l’identità dei personaggi. Sembra si sia lasciato più spazio agli attori per una loro interpretazione creando, anche, una sorta di “dialogo” diretto col pubblico; forse, il duo G&G non avrebbe approvato tale scelta (visto il loro modo di produrre spettacoli) ma, a mio giudizio, questa minor rigidezza risulta efficace e funzionale ai tempi di oggi.
Sicuramente il punto di forza di questo lavoro è il “nuovo” Don Silvestro, Giovanni Scifoni, che costruisce un parroco dal fare francescano e dona nuovo “candore” al pastore d’anime di provincia. Interessante notare che è il primo Don Silvestro con la barba. La barba dona quell’essenzialità tipica dei frati, congiunta ad una ingenuità mistica che lo avvicina alla fragilità dei sentimenti. Una recitazione basata su tempi comici e drammatici precisi, assieme a ragionevoli qualità canore, rendono Scifoni ben all’altezza del compito affidatogli.
Accanto a Don Silvestro non potrebbe non risaltare Lorella Cuccarini. La Cuccarini ha, indiscutibilmente, tutte le attitudini di scena (canto, ballo, recitazione) per sostenere la parte della travolgente Consolazione. Consolazione, di fatto, è l’evoluzione del personaggio di Eusebia di Rugantino. Necessita di un giusto equilibrio tra sex appeal, ego, furbizia, avidità, autostima, condita con generosità ed altruismo. La parte, “tagliata” per l’ironica Bice Valori (che aveva in precedenza interpretato anche Eusebia), ben si addice alla “più amata dagli italiani” che ha costruito su di sé una figura misurata, mai volgare o eccessivamente ammiccante.
Tra i ruoli principali trova, ora, più spazio il Sindaco Crispino (Marco Simeoli) che può dar sfogo alla sua esuberanza artistica compressa, nelle passate edizioni, dal prevalere di altre figure in scena. Accanto a lui la sempre eccellente Francesca Nunzi (Ortensia, moglie del Sindaco) che sembra nata per interpretare quella parte dolce e ironica nello stesso tempo.
Ho trovato, invece (almeno la sera in cui ho assistito alla rappresentazione cui faccio riferimento, 5 dicembre 2024), leggermente sottotono le figure di Clementina (Sofia Panizzi) che, seppur brava nel canto e nella danza e molto fresca nella recitazione, è sembrata un po’ intimidita dalla situazione. Allo stesso modo non ho trovato nella figura di Toto (Francesco Zaccaro) quel netto cambio di energia che dovrebbe scattare tra la parte iniziale, dove è la forza fisica, mischiata al candore, a rendere Toto “protagonista” e quella successiva dove è la forza “virile” a dover prevalere.
Commovente l’aver lasciato al compianto Enzo Garinei il compito di essere la “Voce di Lassù”. Bellissime, come sempre le scene di Giulio Coltellacci, trasformate da Gabriele Moreschi e i costumi, sempre di Coltellacci (con l’adattamento di Francesca Grossi), nonché le coreografie originali di Gino Landi (riprese da Cristina Arro’).
Nel complesso una messa in scena ammirevole. L’armonia e la temporizzazione dei quadri risulta precisa e curata, l’ensemble (o i solisti come si sarebbe detto nel 1974) sono eccezionali, andrebbero citati uno ad uno per quanto è importante il loro apporto per rendere perfetto il meccanismo dello spettacolo. Per motivi di spazio rimando la lettura dei loro nomi alla locandina, più in basso, ma sempre terrò presente che a loro va grande parte del merito dell’ottimo risultato ottenuto dalla compagnia tutta.
Un plauso va alla produzione che ha, nuovamente, dotato di orchestra la commedia musicale. Il gruppo, con ben tredici Maestri, è diretto da Maurizio Abeni. L’ “extraprofitto” per il lavoro è impagabile in quanto lo svolgersi della narrazione, sia nella parte canora che in quella recitata, gode di maggiore libertà ed efficacia.
Pochi i rilievi da fare. Per questa realizzazione celebrativa non mi sarebbe dispiaciuto vedere una reale “copia” (fermo restando i necessari ammodernamenti e aggiustamenti) della versione originale. Rimane il rammarico del taglio di alcune scene (e di qualche battuta considerata, oggi, poco politicamente corretta). Ad esempio, ho sentito la mancanza della “salita” degli animali sull’arca, brano praticamente solo coreografico che risultò a un Sergio, appena adolescente nel 1974, uno dei passaggi più ricchi e fantasiosi del musical.
In ogni caso, Aggiungi un posto a tavola rimane una commedia musicale straordinaria, ricca di contenuti, emozioni e colpi di scena, talmente coinvolgente da meritare di essere vista e rivista.
Aggiungi un posto a tavola
commedia musicale di Garinei e Giovannini
scritta con Jaja Fiastri
musiche di Armando Trovajoli
regia originale di Pietro Garinei e Sandro Giovannini, ripresa teatrale di Marco Simeoli
con Giovanni Scifoni, Lorella Cuccarini
e con Marco Simeoli, Sofia Panizzi, Francesco Zaccaro, Francesca Nunzi
“La voce di lassú” è di Enzo Garinei
ensemble
Alessandro Di Giulio, Chiara Albi, Simone Baieri, Vincenza Brini, Nico Buratta, Giuditta Cosentino, Kevin Peci, Anna Di Matteo, Stefano Martoriello, Eleonora Peluso, Annamaria Russo, Alessandro Scavello, Rocco Stifani, Ylenia Tocco
direttore orchestra Maurizio Abeni
orchestra
Alessandro Tomei, Fernando Brusco, Matteo Costanzi, Giuseppe Panico, Enzo De Rosa, Massimo Pirone, Palmiro Del Brocco, Ettore Gentile, Maurizio Sansone, Roberto Valle, Gian Marco Careddu, Stefano Di Meglio, Enrico Sotgiu
scenografie progetto originale Giulio Coltellacci, adattamento scenografico Gabriele Moreschi
costumi disegni originali Giulio Coltellacci – adattamento Francesca Grossi
disegno luci Emanuele Agliati
disegno fonico Emanuele Carlucci/Tommaso Macchi
supervisione artistica Alessandro Longobardi
coreografie originali Gino Landi riprese da Cristina Arro’
aiuto regia Manuela Scravaglieri
assistente coreografo Vincenza Brini
vocal coach Marco Bosco
direttore di scena Alessandro Catalano
la colomba è addestrata da Fabio Frattari
produzione Alessandro Longobardi per Viola Produzioni Srl.
Teatro Brancaccio, Roma, fino al 12 gennaio 2025.
Prossime date:
Politeama Genovese, Genova, dal 24 al 28 gennaio 2025
Teatro Comunale città di Vicenza, Vicenza, dal 31 gennaio al 2 febbraio 2025
Teatro Verdi, Firenze, dal 7 al 9 febbraio 2025
Teatro dell’Aquila, Fermo, dal 14 al 16 febbraio 2025
Teatro Valli, Reggio Emilia, dal 21 al 23 febbraio 2025
Teatro Europauditorium, Bologna, dal 28 febbraio al 2 marzo 2025
Teatro delle Muse, Ancona, dal 7 al 9 marzo 2025
Teatro Galleria, Legnano, dal 14 al 16 marzo 2025.