Ai Confini dell’Arte, un progetto di Margine Operativo di Arianna Morganti

Foto di Carolina Farina

L’ottava edizione di Ai Confini dell’Arte, progetto crossdisciplinare ideato e curato dal gruppo Margine Operativo, trova spazio e tempo d’esistere a Roma, tra i quartieri di Torpignattara e del Quadraro. È radicata nell’identità dei due direttori artistici, Alessandra Ferraro e Pako Graziani, la riflessione sull’attuale-presente, l’urgenza di caricare l’azione fisica, la parola poetica e il corpo scenico di responsabilità politica. La connessione con l’attivismo politico si riferisce alla scelta dei luoghi in cui Margine Operativo abita, nelle dinamiche relazionali, orizzontali e assembleari, che intesse con il pubblico e la comunità artistica, nella scelta di non costringersi in un solo genere, ma “forzando” continuamente i confini di pratiche e di codici diversi. Ai Confini dell’Arte ha questa postura: di fronte al male sociale, alle lezioni di fondamentalismo e di falso garantismo, dove tutto è predeterminato, sta il motivo della resistenza, del fare comunità, di abitare spazi periferici e di raccontare un processo in corso, non concluso, rivendicando gesti artistici imprevedibili, sempre in atto, aperti, sconfinati.
Il programma di quest’anno si è svolto dal 18 al 30 novembre. Ha previsto un tempo di formazione pratica in due diversi luoghi: il parco urbano pubblico Giordano Sangalli (Torpignattara) e la Biblioteca Interculturale Cittadini del Mondo (Quadraro). Attraverso quattro laboratori gratuiti e accessibili a tutt*, professionist* e non, sono state indagate varie frontiere creative e linguistiche. Un tempo di restituzione artistica, inoltre, è stato dedicato agli esisti scenici dei laboratori e alla messa in scena di performance nello spazio di Fortezza Est (Torpignattara). Per l’occasione ho condotto insieme ad Alessandra Ferraro e Pako Graziani, una “conversazione ai margini”, per indagare e raccontare “lo spazio del presente” in cui il progetto Ai Confini dell’Arte si colloca.

Foto di Carolina Farina

Perché nasce Ai Confini dell’Arte?

Ai Confini dell’Arte nasce nel 2017 come ulteriore tappa del percorso del gruppo artistico Margine Operativo di riflessione/azione/ricerca sulle possibili combinazioni, ibridazioni e sconfinamenti tra diversi linguaggi artistici contemporanei, gli spazi e le comunità. Ricerca che proseguiamo da anni con le nostre produzioni / creazioni – teatrali e video – e con il festival multidisciplinare Attraversamenti Multipli che dal 2001 propone dialoghi inconsueti tra le performing arts e i paesaggi urbani della metropoli di Roma. Ai Confini dell’Arte ha le sue radici nel desiderio di proporre un progetto dedicato alla processualità artistica che innerva qualsiasi costruzione / creazione di un’opera. E abbiamo scelto di declinare l’attenzione ai processi attraverso delle proposte gratuite di formazione e la presentazione di opera d’arte aperte, performance in fase di costruzione e/o che prevedono dinamiche partecipative con il pubblico. In ogni edizione Ai Confini dell’Arte ha programmato dei laboratori gratuiti, curati da artisti della scena contemporanea su diverse pratiche performative – dalla danza al teatro fisico, dal video mapping al fumetto, dalla street art al video, dal canto corale al rap, dal teatro allo storytelling, dalla street photography alle esplorazioni urbane – ed eventi artistici multi / cross / transdisciplinari dove i formati performativi costruiti durante i laboratori  si intrecciano con azioni / studi / performance di artisti della scena contemporanea.  Tutto questo organismo multiforme riflette sul concetto plurale “confini / sconfinamenti”, dove il confine” non è solo segno che separa e divide, ma anche una linea in comune, e lo sconfinare è un processo di incontro e di confronto, grazie al quale hanno origine nuove traiettorie.

Quali le somiglianze e quali le differenze con il festival multidisciplinare Attraversamenti Multipli?

Ai Confini dell’Arte è un progetto nato come una possibilità di approfondimento intorno al concetto e alle pratiche dello “sconfinamento” che da sempre innervano il percorso del festival Attraversamenti Multipli.  I punti di contatto e le radici comuni sono l’attenzione alla multi/crossdisciplinarietà, alla scena artistica contemporanea, al dialogo con gli spazi e con le comunità. Ai Confini dell’Arte ha il suo focus intorno alla processualità artistica che è una delle traiettorie del festival Attraversamenti Multipli che ha sempre proposto nel suo multiforme programma momenti di formazione, residenze artistiche, formati performativi in divenire.

Ai Confini dell’Arte è alla sua ottava edizione, come pensate siano cambiate le intenzioni nella progettazione degli incontri laboratoriali e performativi in calendario e quanto ha influito lo stato attuale dell’emergenza bellica, climatica e generazionale che si sta vivendo?

Siamo immersi nel nostro presente e tutti i macro-temi che attraversano il momento storico che stiamo vivendo si riflettono nei progetti e negli spettacoli che creiamo. Abbiamo sempre praticato e proposto delle traiettorie artistiche in interazione con la realtà che ci circonda.

Foto di Carolina Farina

Il 28 novembre a Fortezza Est prende avvio il secondo tempo di Ai Confini dell’Arte, quello sulla pratica aperta e di confronto/sconfinamento dei diversi linguaggi artistici e degli esiti laboratoriali in dialogo alternato con spettacoli di artisti/e della scena contemporanea.  Il primo evento artistico si apre con la presentazione della performance JESUS _ appunti sulla fine del mondo di Margine Operativo.
«Gesù muore, muore, e quando la vita comincia ad abbandonarlo, all’improvviso, il cielo sopra il suo capo si spalanca e appare Dio, vestito come sulla barca, e la Sua voce risuona per tutta la terra, Tu sei il mio diletto figlio, in te ho riposto la mia gratificazione. Allora Gesù capì di essere stato portato all’inganno come si conduce l’agnello al sacrificio, che la sua vita era destinata a questa morte fin dal principio e, ripensando al fiume di sangue e di sofferenza che sarebbe nato spargendosi per tutta la terra, esclamò rivolto al cielo, dove Dio sorrideva, Uomini, perdonatelo, perché non sa quello che ha fatto».
Nella semioscurità dello spazio, con tanto fumo intorno e un remix distorto e grottescamente ballabile di Oh happy day in sottofondo, Yoris Petrillo si muove trascinandosi, accasciandosi, ridestandosi. Quella che figurativamente porta sulle spalle è la croce di Gesù Cristo; quella che percorre scenicamente è la distanza che conduce Gesù Cristo alla morte terrena. Ispirato a Il Vangelo secondo Gesù Cristo di José Saramago, JESUS_appunti sulla fine del mondo, regia di Pako Graziani, ripercorre la crocifissione del figlio di Dio e lo fa con la stessa tensione umana che contraddistingue il Cristo di Saramago. Costruita come una performance che travalica continuamente i confini di ciò che è teatro e ciò che è danza, Yoris Petrillo alterna momenti di alta tensione del corpo, che figurano la morte di Gesù, dopo una lenta agonia, a momenti confessionali, di riflessione sul valore di colpe e rimorsi, sulla messa in scena di una vita predestinata a finire. In questa “precarietà” artistica, anche la distanza tra finzione e realtà è posta fra parentesi. Partendo dalla frammentarietà del presente, JESUS_appunti sulla fine del mondo diventa il mezzo attraverso cui indagare nel tempo attuale la memoria di un momento storico tutt’ora aperto e della sua risonanza mediatica nella realtà.

A proposito di conflitto, JESUS_appunti sulla fine del mondo dà corpo e voce alla crocifissione di Gesù. È passato un anno dallo scoppio della guerra israelo-palestinese; oggi (30 novembre) a Roma si sta svolgendo la manifestazione nazionale unitaria a sostegno della resistenza palestinese. Di quali significati si carica la performance?

JESUS_appunti sulla fine del mondo che abbiamo presentato in una forma in progress all’interno di Ai Confini dell’Arte è la nuova produzione performativa di Margine Operativo. Ha le sue radici nel dirompente romanzo Il Vangelo secondo Gesù Cristo di José Saramago. Un performer dà corpo e voce alla crocifissione di Gesù che, nella narrazione / visione di Saramago, è profondamente umano: un uomo fatto di ossa, carne, emozioni, fragilità. È una performance che riflette sulla complessità plurale del “bene” e del “male”, sulla ferocia e sulla violenza disumanizzante che risiede nel concetto che “il fine giustifica i mezzi”.
C’è una frase ne Il Vangelo secondo Gesù Cristo drammaticamente attuale «Il deserto di Giudea bruciava e ribruciava l’antichissima cicatrice di una terra che, promessa com’era stata ad alcuni, non avrebbe mai saputo a chi consegnarsi». Saramago ha proposto una visione che cercava di creare complessità nel rapporto tra l’uomo e il divino, sfida sempre difficile visto il radicamento dell’immaginario biblico, e infatti il Vangelo secondo Gesù Cristo alla sua uscita nel 1991 fu accusato di blasfemia, come se i temi che affrontava fossero parte di qualcosa di “indicibile”. Ci interessa attraverso le nostre performance confrontarci con il pensiero divergente, con traiettorie che propongono differenti prospettive e sguardi sulla realtà, che cercano di dare voce all’ “indicibile”, come oggi è “indicibile” e sembra che non possa essere detto che in Palestina è in atto un genocidio. È proprio all’interno di una dinamica antidemocratica di censura che si colloca il mancato posizionamento di gran parte del sistema artistico e delle istituzioni culturali riguardo a cosa sta avvenendo in Palestina. Crediamo che in un tempo complesso come il nostro, sulle emergenze del nostro presente sia importante creare immaginari / traiettorie / pratiche capaci di affrontare l’indicibile e di delineare altri mondi possibili.

Foto di Carolina Farina

Dopo pochi minuti di pausa, nello stesso spazio scenico, il musicista e compositore Francesco Leineri restituisce, insieme alle/ai partecipanti, gli esiti laboratoriali del suo workshop Polifonie urbane. Di quale pratica corale abbiamo bisogno nel presente? Come dar voce agli oggetti senza vita? Come restituire un senso di intimità collettiva nel quotidiano? Non si tratta di apparenza, ma di identità condivise; non si tratta di come un coro debba essere, ma quale sarebbe il suo ruolo nell’oggi.
Dal presente vivo al passato ri-attivato con Biografie sonore e spaesamenti audio. Sembra impossibile che io sia qui, il laboratorio di storytelling curato da Luca Lotano e Matteo Portelli. Che suono ha la memoria? Come risuona la vita? Come far rivivere un suono che non c’è più? Incontrandosi e combinandosi fra loro, le/i partecipanti hanno sperimentato il racconto sonoro di momenti e/o aneddoti autobiografici.
Il pubblico è stato chiamato a vivere attivamente uno spazio scenico stratificato, «meticciato», sconfinato non solo per le frontiere artistiche multiformi attraversate, ma anche per il continuo travalicare zone di confine fra finzione e realtà.

JESUS_appunti sulla fine del mondo

una performance di Margine Operativo
ideazione Alessandra Ferraro e Pako Graziani
ispirato a Il Vangelo secondo Gesù Cristo di José Saramago
regia e drammaturgia Pako Graziani
performer Yoris Petrillo
sound designer Dario Salvagnini
light designer Camila Chiozza
produzione Margine Operativo
coproduzione Twain.

Ai Confini dell’Arte // sconfinamenti performativi // eventi artistici, Fortezza Est, Roma, dal 28 al 30 novembre 2024.