Al e Willy: i due che “spaccano” di Alessandra Bernocco

Foto di Nicolò Feletti

Un teatro antico che oggi è modernissimo. Perché? “Innanzitutto perché recitiamo senza microfoni, una cosa fondamentale perché in questo modo il pubblico sente il contatto e capisce che lì c’è il residuo di qualcosa che si sta perdendo, attori che parlano con la propria voce e cercano di farsi capire fino all’ultimo posto di loggione con la stessa intensità con cui si arriva alla prima fila”.
Come si fa a non amarlo. Come si fa a non amare la sua voce profonda, dai toni bassi e le intenzioni sincere, che affondano in un teatro in cui quel “residuo” era la norma.
E allora come si fa a non sorridere e a non commuoversi con il suo Al Lewis che invece ha la voce del vecchio guitto in disarmo, che pare appena scappato da una casa di riposo, la vocina piccola e stridula di chi non ce la fa più a emettere suoni. Novant’anni, dimostrarne (almeno) venti di meno e fare il novantenne con la nonchalance di un attor giovane che si diverte a prendere per i fondelli il nonno. Tutt’uno. Umberto Orsini.
Ora, a parte l’inarrivabile autoironia che trasuda a ogni battuta, come fa a tenere quella voce alterata per circa due ore di spettacolo senza tradirsi. La risposta la dà lui: “ragazzi irresistibili con grande resistenza”.
Di loro parliamo. E della celebre commedia di Neil Simon titolata appunto I ragazzi irresistibili diretta da Massimo Popolizio in scena al Teatro Argentina di Roma fino a domenica 2 febbraio, che lo vede in scena con Franco Branciaroli, altro bel prodigio di quel residuo di prima, e un eccellente e giovane cast composto da Flavio Francucci, che possiede e dimostra tutta la stoffa del primo attore, Chiara Stoppa, Eros Pascale ed Emanuela Saccardi.
La storia è quella di una coppia di successo di attori di varietà che finì per separarsi a causa di insanabili incomprensioni legate agli umori, che non sono soltanto carattere ma umori salivari propriamente detti: pare infatti che uno dei due sputasse sull’altro approfittando di battute piene di “s”, quelle che in italiano, probabilmente, diventano “p”. Non è dato sapere se la mala azione fosse fatta di proposito, per dispetto, ma insomma, nel fagotto di rimpalli e rivendicazioni legate ai cattivi ricordi, c’è anche la saliva. Oltre al tradimento, imperdonabile, di avere abbandonato su due piedi il mestiere mandando all’aria un sodalizio di successo e un futuro garantito.

Foto di Nicolò Feletti

Ma poi arriva la tv che prova a ricomporli in occasione di una trasmissione che vorrebbe celebrare lo star system che fu. E allora chi meglio di due vecchie glorie del varietà per fare cassetta. A mediare tra la macchina televisiva e i due è Ben, che di Willy – Branciaroli è premuroso nipote e sollecito agente. E le resistenze che l’irresistibile è in grado di mettere in atto sono una partitura di (irresistibile) comicità.
Perché più che il conflitto tra volere e non volere, quello che viene fuori dalle bizze di questo attempato ragazzino capriccioso è il volere fingendo di non volere, volere senza darla vinta, senza cedere le armi, perché va bene, accetto di esibirmi per farti contento ma non sono d’accordo. («Digli che lo faccio ma sono contrario»).
Consumato stratagemma di chi spera di farti cascare dall’alto i piaceri che riceve, per rimediarci qualcosa, qui racconta la tenerezza di un artista al crepuscolo che non ha superato il provino per la pubblicità di un rasoio da barba perché gli tremava la mano.
E tuttavia non si placa, seduto un po’ sui suoi nervi un po’ sul divano sempre più sfatto a guardare la tv, sciatto e impigiamato, affogato nel disordine della sua casa da scapolo senza frequentazioni, che non ha nemmeno imparato ad aprire la porta. Un refrain (irresistibile) che si ripete fino all’ultima scampanellata, quella di Al, con cui il gioco al massacro un po’ per davvero ma soprattutto per finta riprenderà per il divertimento di tutti. Tra le boutade di Willy e i con permesso di Al, con quei passettini rapidi che si sforzano di obbedire a ordini altrui, ma propri di chi non ha più la falcata di un tempo. Eppure, insieme “spaccano ancora il culo ai passeri”.
C’è anche questa battuta nella commedia, esempio riuscito di teatro nel teatro e capolavoro indiscusso di dialoghi, battute feroci, frecciatine piene di logica senza buon senso, provocazioni raccolte una per una e sottilmente impugnate per esibire la propria piccola ritorsione infantile.
La regia è quella di un inattaccabile teatro di parola che si fida e confida. C’è un respiro comune che si sente e convoca il pubblico: Popolizio lavora da par suo su una cifra over che premia tutti, dalla burbera badante di Chiara Stoppa alla giovane infermiera tutta natiche e minigonna di Emanuela Saccardi. Riservando a sé stesso un bel momento di intervento fuori campo, con voce registrata. Ma fa davvero piacere assistere all’ottima prova di Flavio Francucci, un personaggio che cresce e acquista sempre più spazio, senza essere mai invadente.
Il “residuo” non sembra andare perdendosi, anzi è molto ben conservato e mostra di lievitare a dovere, un po’ come la porzione di pasta madre che serve per garantire le infornate a venire.

Foto di Nicolò Feletti

I ragazzi irresistibili

di Neil Simon
traduzione Masolino D’Amico
regia Massimo Popolizio
con Umberto Orsini, Franco Branciaroli
e Flavio Francucci, Chiara Stoppa, Eros Pascale, Emanuela Saccardi
scene Maurizio Balò
costumi Gianluca Sbicca
luci Carlo Pediani
suono Alessandro Saviozzi
produzione Teatro de Gli Incamminati, Compagnia Umberto Orsini, Teatro Biondo di Palermo
in collaborazione con CTB Centro Teatrale Bresciano e con AMAT Associazione Marchigiana Attività Teatrali e Comune di Fabriano.

Teatro Argentina, Roma, fino al 2 febbraio 2025.