Dante Antonelli si addentra nell’opera di uno dei più celebri e controversi autori giapponesi, Yukio Mishima, classico contemporaneo della letteratura nipponica ancora poco esplorato nel teatro occidentale.
Sulla scena ci sono quattro giovani, di spalle, seminudi. Al calare delle luci, iniziano a muoversi nello spazio immaginario e, a turno, ci raccontano i propri traumi.
Si legano tra di loro in patti d’amore e fratellanza, così, tra danze, musica, corpi e parole, i quattro protagonisti ci catapultano in un universo astratto e sottile, dove la parola libertà vince su tutto.
Antonelli intreccia le biografie di quattro amici che si ritrovano in un parco e dichiarano guerra al mondo, costruendo una complessa struttura drammaturgica con un crescendo di potenza ed espressività.
Atto di adorazione, oltre che di scrittura scenica, si ciba anche di danza e movimenti che raccontano ogni singola parola, proprio perché, per il regista, ogni gesto compiuto per il teatro è, in sé e per sé, un “atto di adorazione”.
I quattro attori in scena sono, in un certo senso, i figli diretti dei giovani di Mishima: pieni di ferite profonde, di debolezze e di speranze per il futuro, così incerto.
Essi sono disposti a tutto, addirittura a vincere, ciascuno il proprio dolore, per riuscire a vivere (o a sopravvivere).
Lo fanno spogliandosi di loro stessi, delle loro fragilità, dei loro vestiti, rivolgendosi al pubblico che, in qualche caso, può provare imbarazzo e vergogna.
Ma la libertà, lo sappiamo tutti, è la strada più difficile, il sentiero più spinoso da percorrere. Lo sapevano bene i nostri partigiani, che in tempo di guerra avevano lottato e sono morti per regalarci una libertà della quale noi ci siamo appropriati “illegalmente”, facendola diventare una trappola e, talvolta, un limite.
Questi personaggi sono partigiani di loro stessi, rivendicano autonomia con saggio autocontrollo, e cercano di farsi spazio in una società in cui non è ancora possibile rappresentare sempre ciò che si vuole.
Atto di adorazione è uno spettacolo forte, arriva fino in fondo, si scioglie in un via vai di metafore, come un colpo allo stomaco.
Non è uno spettacolo semplice, non si nutre di una forma di espressione di puro intrattenimento, ma indaga la nudità interiore di chi lo rappresenta.
Tutto è in evoluzione. Come la musica, eseguita dal vivo, in sincrono con la scrittura. Una musica che si trasforma, diventa attuale. Ogni suono si intreccia con i movimenti dei performer, i veri protagonisti. Perché è attraverso di loro che la storia prende forma e si sviluppa, è attraverso i loro corpi e le loro voci che il testo di Antonelli ha ragione di esistere.
Spogliarsi di tutto diventa la soluzione, sebbene difficile, per vivere il presente e riappropriarsi del futuro.
Atto di adorazione
di Dante Antonelli
con Claudio Larena, Giovanni Onorato, Arianna Pozzoli, Pietro Turano
drammaturgia e regia Dante Antonelli
musica live set Mario Russo
ambiente scenico Francesco Tasselli
costumi Vincenzo Verdesca
collaborazione alla coreografia Salvo Lombardo
consulenza per le arti marziali Antonio Ricci
consulenza musicale Pierluigi Orlando
foto di scena Piero Tauro.
Romaeuropa Festival, Mattatoio, Teatro 2, dal 18 al 23 ottobre 2019.