Berlinguer – La grande ambizione non è solo un omaggio ad un uomo di rara levatura morale e politica, ma il racconto della nostra storia. Il film non evoca un desiderio di realizzare un piano politico impossibile perché pretenzioso, ma al contrario svela e contiene tutta l’inadeguatezza della nostra classe di governo nell’affrancarsi dagli assetti internazionali mancando così un appuntamento con la storia: quello del socialismo rappresentato nella sua incarnazione più nobile e al contempo concreta dalla figura iconica di Enrico Berlinguer.
Il regista Andrea Segre – che firma anche la sceneggiatura con Marco Pettenello – ci consegna una ricostruzione puntuale degli eventi: un periodo che va dal tramonto dell’ideologia di Salvador Allende, soffocata dal regime di Pinochet, fino alla mancata realizzazione del “compromesso storico” con la DC. Cinque lunghi anni, dal 1973 al 1978, documentati con grande compostezza anche nella selezione e nel dosaggio delle immagini di archivio. Come diceva Pasolini il cinema è realtà che si esprime attraverso se stessa ed è proprio attraverso l’utilizzo dell’archivio che Segre ci ricorda i fatti accaduti in quell’arco temporale che hanno segnato in maniera indelebile la storia italiana: il terrorismo, la strage di Brescia, il caso delle morti per amianto nel petrolchimico di Ravenna, Brezhnev che “impedisce” a Berlinguer di allearsi con le forze democristiane, il referendum per l’abrogazione della legge sul divorzio, la mancata parità di genere anche tra i militanti di sinistra, gli attentati delle Brigate Rosse, le intercettazioni telefoniche dei servizi segreti e per concludere – punto di non ritorno – l’omicidio Moro.
A rafforzare lo stile documentaristico, concorrono le interpretazioni di un magistrale Elio Germano nei panni del protagonista (non a caso premiato come miglior attore alla Festa del Cinema di Roma, dove il film è stato presentato) e di un cast d’eccezione tra cui spiccano Paolo Pierobon, Giorgio Tirabassi, Francesco Acquaroli, Paolo Calabresi, Roberto Citran ed Elena Radonicich.
La storia si sovrappone alla biografia del segretario del PCI che, ritratto in momenti ben delineati senza mai comunque lasciare troppo spazio alla fiction, ammiriamo con commozione nei racconti della sua formazione giovanile, quando da piccolo leggeva Robespierre, oppure nella sincera amicizia con Aldo Moro fino al giorno in cui gli viene comunicata la sua tragica fine. Di forte impatto sono le scene del funerale e l’addio al grande statista.
Un omaggio, come si diceva, e insieme un atto di fede, di verità imprescindibile, che mentre fa riacquistare al nostro Paese dignità avvia un duro confronto con il presente. La grande ambizione di Enrico Berlinguer, anzi il suo sogno di un’Italia socialista lontana tanto dalle imposizioni americane quanto dal centralismo russo è rimasto sospeso, così come una figura eterea, che aleggia nei nostri ricordi, a rammentarci e forse ad ammonirci che possiamo essere migliori di ciò che siamo diventati.