La storia dell’Unità d’Italia, nel momento dell’annessione del Regno delle Due Sicilie a quello sabaudo, a differenza di quanto si può supporre, è veramente poco conosciuta.
La scuola superiore riserva a quel periodo temporale l’ultimo anno ma, nell’ansia scaturente dall’imminente esame di maturità, spesso il tutto viene trattato frettolosamente per concedere maggiore attenzione alla Prima e alla Seconda Guerra Mondiale. Solo recentemente, grazie al revisionismo fatto durante il centocinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia, si è cominciato a parlare, senza eccessivi “pudori”, di quanto costò alla popolazione civile del meridione la repressione contro il brigantaggio voluta dal governo del nuovo Regno d’Italia. Se nel pensiero di molti, però, il brigantaggio fu un semplice fenomeno di ruberie e grassazioni è bene rammentare che dal 1860 al 1870 esso risultò essere, principalmente, una forma di rivolta popolare, tesa alla restaurazione della monarchia borbonica, contro l’invasione piemontese.
Le brigantesse questo il titolo che il giovane commediografo, regista e attore, Eduardo Ricciardelli ha voluto dare alla sua narrazione sul fenomeno delle donne dedite al brigantaggio e che presenta al pubblico, seppur in edizioni continuamente riviste, da circa dieci anni.
La vicenda si svolge in un ipotetico luogo del Cilento, nei pressi di Roscigno Vecchia, dove quattro ragazze – Annarella, Michelina, Rosina, tutte campane, e Lisetta, pugliese – sono in attesa, assieme al capobanda Carmine, di tendere l’ennesimo agguato alle forze piemontesi guidate dal feroce luogotenente sabaudo Enrico Cialdini (tristemente noto per aver dato l’ordine di perpetrare i massacri di Pontelandolfo e Casalduni in provincia di Benevento).
In una narrazione senza tempo, con salti storici che portano lo spettatore tra il passato e il presente, tra il possibile e l’impossibile, le protagoniste di questa pièce vivono le loro realtà di combattenti non come “compagne” di qualche brigante (benché le figure maschili risultino sempre incombenti) ma in prima persona. Riunite come in convegno, come in un sabba, si confrontano, si supportano e si scontrano raccontando le loro (dis)avventure.
Le eroine “mitiche”, da cui l’autore dovrebbe aver preso ispirazione per narrare la “sua” ribellione – al femminile – del sud, dovrebbero essere: Michelina De Cesare (o Di Cesare), Rosina (dal cognome sconosciuto ma moglie del noto brigante Martummè), Elisabetta Blasucci (unica brigantessa pugliese mai esistita) e Rosa Maria Annarella (di cui si è usato il cognome) e sono rappresentate da quattro giovanissime attrici: Susy Pariante, Clara D’Afflitto Morlino, Apollonia Bellino e Alessandra Masi. L’unica figura maschile in scena, invece, interpretata dallo stesso Ricciardelli, vorrebbe riferirsi a Carmine Crocco.
Il ritmo dello spettacolo è incalzante ed è scandito dalla musica di alcuni tamburelli sapientemente manovrati dall’attore-regista. Lo spazio agito è quello di un bosco ottenuto sia dal bucolico sottofondo del frinire dei grilli sia da alcune pelli di animali, gettate sul palcoscenico, a simulare un accampamento di fortuna. Su questi suoni, tra questi elementi, le ragazze cantano, ballano, parlano. Narrano delle loro vite da “civili”, spazzate via dalla violenza subita nei loro paesi di origine e delle battaglie, passate e future, contro l’invasore. Parlano della fuga dalla persecuzione, dalla violenza, dal timore di essere uccise alla stregua di quanto è accaduto ai loro genitori, ai loro compagni, ai loro figli, ma nello stesso tempo guardano al futuro nella speranza che, dopo i combattimenti, potranno recuperare le loro case e la loro dignità. Sono donne che hanno dovuto accettare il fatto che la loro pelle non riceverà più carezze d’amore, sostituite dalle carezze delle pallottole e che, oramai, sono più abituate all’odore della polvere da sparo che al profumo di una toilette mattutina. Sono combattenti pronte a tutto perché più nulla hanno da perdere.
La messa in scena dello spettacolo e la qualità della recitazione sono di alto livello; anche i movimenti coreografici sono particolarmente fluidi, curati e pongono in evidenza un attento lavoro di regia. Qualche problema, invece, lo si riscontra nella trama che pecca di un sovraccarico di informazioni, non sempre coerenti, che rendono ostica la comprensione della storia. Come accennato precedentemente, forse, nell’intento di costruire una narrazione senza tempo, al fine di offrire una visione “epica” della ribellione contro la repressione, si sono eccessivamente miscelati fatti e situazioni di epoche differenti (troviamo una poesia di Raffaele Viviani, la canzone Quant’è bello lu primm’ammore, un richiamo alla Torre Eiffel e delle battute su eventi contemporanei). Se l’obiettivo (felicemente raggiunto) era quello di cercare l‘effetto straniante se n’è, però, ottenuto uno secondario: quello della riduzione della chiarezza narrativa.
Per concludere se nel complesso si tratta di un lavoro pregevole che, presentato da un gruppo di giovani, merita l’attenzione della critica e del pubblico, nel contempo mostra la necessità di un ulteriore, piccolo, sforzo nello studio sulla drammaturgia, riconducendo la trama ad un quadro più coerentemente fruibile.
Le brigantesse
di Eduardo Ricciardelli
con Apollonia Bellino, Alessandra Masi, Clara D’Afflitto Morlino, Susy Pariante e Eduardo Ricciardelli.
regia Eduardo Ricciardelli
aiuto regia Raffella Cosmo
costumi Domizia Romano
foto di scena Sergio Roca
Teatro Tor Bella Monaca, Roma, dal 17 al 19 gennaio 2019.