Nel 2020, poco prima dell’inizio della pandemia e della sospensione forzosa di tutti gli spettacoli teatrali, ebbi l’opportunità di assistere alla rappresentazione de Il diario di Anne Frank nell’adattamento teatrale di Frances Goodrich e Albert Hackett con la traduzione di Alessandra Serra e Paolo Collo. La regia era curata da Carlo Emilio Lerici mentre nella parte di Otto Frank, il padre di Anne, c’era Antonio Salines (recentemente scomparso). In quella occasione, per una fortuita serie di motivi, non mi fu possibile scrivere una recensione (mi limitai a scattare alcune foto) ma rimasi colpito dalla delicatezza con cui venivano narrati i due anni trascorsi dalla adolescente olandese prima di essere catturata dai nazisti. Nel vedere che il Teatro Belli di Roma ripropone tale spettacolo in occasione della Giornata della Memoria 2022 sono tornato a teatro per “rinfrescare” le mie sensazioni e riportare le mie impressioni.
Tutto lo spettacolo si sviluppa come un lungo piano sequenza cinematografico che inizia con lo sfondamento della quarta parete e con l’entrata in platea degli spettatori che, di fatto, è una geniale piccola sorpresa. Col sopraggiungere, poi, sempre dalla platea, dei vari protagonisti (che salgono con una scaletta sul palcoscenico), l’alloggio/prigione della famiglia Frank si anima facendo risaltare la funzionale scenografia (curata da Vito Giuseppe Zito) che si sviluppa in quattro ambienti suddivisi su due piani verticali dotati di un’unica finestra a lucernaio.
Sono sufficienti le poche battute, quelle scambiate principalmente tra Otto Frank e Jan e Miep Gies (Ruben Rigillo, Gabrielle Casali, Fabrizio Bordignon), quando il gruppo dei perseguitati prende possesso del nascondiglio, per comprendere che, se la storia deve terminare in tragedia, la rappresentazione non deve necessariamente svilupparsi con uno stile recitativo “angosciante”, ma se ne può usare uno più lieve, ben lontano da quello austero del dramma. Si rende così l’esperienza teatrale un momento di condivisione piacevole e fruibile anche da un pubblico di giovani e giovanissimi.
La rarefazione narrativa, infatti, e l’esposizione scenica delle tante costrizioni subite dai personaggi (a volte al limite della paranoia e della claustrofobia) pur mettendo in risalto le paure, le miserie e le ansie dei protagonisti, viene fatta attraverso lo sguardo prospettico della giovane autrice del diario. Una visione tra il fanciullesco e l’adolescenziale che permette di indirizzare la narrazione verso stili più “ariosi” assimilabili, per certi versi, a quelli usati nei romanzi di formazione o, volendo fare un paragone cinematografico, ai quei film romantici, americani, che lasciano sempre aperta la porta alla speranza.
Il ruolo principale, quello di Anne Frank, è affidato a Raffaella Alterio che per duttilità recitativa e capacità espressive riesce a rendere credibile tutte le mutazioni fisiche, umorali e caratteriali di una bambina che si trasforma in una giovane donna. Di fatto Anne è una preadolescente in contrasto col mondo adulto che la circonda: ha la necessità di affermare la propria personalità ma anche di essere rassicurata nel momento in cui, mutando la propria fisicità, vive i primi turbamenti d’amore. Le sue attenzioni si rivolgono, sin dall’inizio (obbligatoriamente e inconsapevolmente), verso l’unico ragazzo del rifugio: Peter van Pels (Vinicio Argirò). I loro contrasti iniziali, le loro scaramucce, finiranno per renderli complici e a “coalizzarsi” contro coloro che, ai loro occhi, li hanno costretti a vivere quella illogica cattività. Nei momenti di maggiore tensione, tuttavia, sarà proprio il loro buon senso (derivante dall’avvicinamento amoroso) a evitare che i conflitti tra la famiglia di lei – il padre Otto, la madre Edith (Francesca Bianco) e la sorella Margot (Beatrice Coppolino) – e quella di lui – il padre Hermann (Tonino Tosto), la madre Brenda (Susy Sergiacomo) – e il dentista Fritz (Roberto Baldassari) conducano alla loro cattura.
Sarà alla fine della messinscena, sempre il pensiero di Anne, congiunto a quello di Peter, a lasciare uno spazio alla speranza. In attesa che giungano i tedeschi, infatti, in un abbraccio che trasforma, nell’immaginazione dello spettatore, il piccolo rifugio nella prua del Titanic che affonda, i due, anziché lasciarsi andare alla disperazione derivante dalla prossima cattura assaporano un’“aria di libertà” tanto da affermare: «Abbiamo vissuto nel terrore adesso vivremo nella speranza».
Uno spettacolo di alto pregio artistico con una regia raffinata che merita di essere visto senza alcun dubbio. A parte la fuoriclasse Raffaella Alterio, pregevoli tutti gli altri componenti del cast a partire da Ruben Rigillo con menzione particolare per Vinicio Argirò, Francesca Bianco, Susy Sergiacomo e Tonino Tosto.
Il diario di Anne Frank
adattamento teatrale di Frances Goodrich e Albert Hackett
traduzione Alessandra Serra e Paolo Collo
regia Carlo Emilio Lerici
con Ruben Rigillo, Gabriella Casali, Raffaella Alterio, Francesca Bianco, Beatrice Coppolino, Vinicio Argirò, Tonino Tosto, Susy Sergiacomo, Fabrizio Bordignon, Roberto Baldassari
aiuto regia Martina Gatto
scene Vito Giuseppe Zito
costumi Annalisa Di Piero
i brani tradizionali ebraici sono cantati da Eleonora Tosto
una coproduzione Teatro Belli / Compagnia Mauri Sturno.
Teatro Belli, Roma, fino al 23 gennaio 2022.