Promuovere un teatro popolare dal basso, per renderlo accessibile e divulgarlo; dare spazio di espressione alle compagnie emergenti, che non hanno visibilità in altri canali; fare rete e garantire cultura. È la sfida e il reciproco supporto che Laura Garofoli ed Emanuela Vitale difendono e portano avanti da dieci anni con la rassegna teatrale Detriti, «una rassegna autoprodotta, autogestita e stilosa», per citare le parole di Laura Garofoli, nata per rilanciare un teatro popolare e indipendente, dentro a una forte idea di comunità. La casa madre di Detriti e delle/degli artisti che vi passano, è il CSOA Spartaco, una realtà sociale impegnata nel quartiere del Quadraro, con la quale è nata una fiducia che si rinnova ogni anno, sempre più solida.
Lo scorso venerdì 15 novembre è stata inaugurata la nuova edizione di Detriti, che ha portato in scena Esercizi di resurrezione di e con Lorenzo Guerrieri. Per l’occasione, ho condotto una “conversazione ai margini” con Laura Garofoli ed Emanuela Vitale, le due direttrici artistiche che condividono un modello progettuale di ascolto e orizzontalità, di accessibilità e incontro con lo spazio ospitante, con le compagnie che animano la rassegna e con il pubblico che la sostiene. Il sogno iniziale, confessa Laura Garofoli, era quello di rendere la realtà di Detriti un laboratorio permanente, uno spazio che venisse attraversato dalle compagnie tutto l’anno, con la prospettiva di avviare residenze artistiche e di creare un luogo politico in cui dibattere e confrontarsi sulla situazione del teatro romano, allargando poi il focus a tutto il teatro e al suo ruolo nella società contemporanea. Oggi Detriti è uno spazio di passaggio solido e significativo, non fugace, ma ostinato, sociale e politico, impegnato nel rinnovare la promessa iniziale di creare comunità, opportunità e accessibilità.
«La periferia è scarto e detriti» dichiara Emanuela Vitale. Entrambe le curatrici sono consapevoli del contesto culturale in cui operano, del quadrante di città – sud-orientale – in cui si trovano, dell’equilibrio pericolante e precario di creare, pensare e fare autonomamente. Promuovere una rassegna teatrale, che da tre anni include anche la danza, in un territorio come il Quadraro ha un significato diverso rispetto alla stessa iniziativa in un teatro in centro. È diversa la relazione con l’artista, che sceglie di supportare la causa, è diverso il rapporto con il pubblico, al quale Vitale e Garofoli mostrano da sempre trasparenza, in “maniera onesta”, senza orpelli, com’è lo spazio scenico del centro sociale Spartaco. Questo tipo di attenzione e di cura si ritrova anche nella politica sostenibile e inclusiva del biglietto. All’ingresso della sala allestita a teatro, si legge un cartellone: «10€ sostengo la rassegna. 8€ ok, il prezzo è giusto. 5€ oggi di più non posso». Il teatro popolare dal basso che le due funambole rilanciano e difendono ha questa umanità qui.
Dieci anni di vita sono tanti, ripercorrerli tutti d’un fiato non sarebbe possibile, ma i semi che Laura Garofoli ed Emanuela Vitale hanno piantato con cura nel pubblico sono germogliati e fioriti. Si è visto venerdì, lo spettacolo di Lorenzo Guerrieri ha registrato il sold out; si continua a vedere nella resistenza decennale di Detriti.
21.45 si spengono le luci.
Credo che ogni parola, ogni corpo in scena, acquisti significato nuovo (e diverso) a seconda del momento storico in cui si trova a vivere. Così è stato per Esercizi di resurrezione, di e con Lorenzo Guerrieri. Il tempo è quello dell’emergenza – climatica, bellica, umanitaria, generazionale –, lo spazio è quello del confronto, lontano dall’essere conforto, tra l’io-personale e il noi-collettivo. Lorenzo Guerrieri parte da un’esperienza intima, la solitudine nell’era digitale della connessione, spegnere trenta candeline tra «lapsus pubblicitari», precarietà emotiva e affezione lavorativa, per caricarsi di un coro di voci, che non si vede ma che si sente tra il pubblico, mentre lo spettacolo si sta consumando, con risate a mezza bocca, dal sapore amarognolo, e che si trascina fuori dallo spazio teatrale, alla fine di tutto, con la mente che non si stacca da quanto appena visto, ma ci rimugina sopra. Quella di Guerrieri è una voce-megafono (venerdì un po’ raffreddata, ma al teatro, che vive nel tempo e nello spazio del reale, non importa!), che racconta una condizione dolorante condivisa, per regalarsi un momento fuori dall’ego, per prendersi una pausa dal sentirsi solo.
«Mi sono svegliato decomposto». Un po’ tragicamente un po’ paradossalmente, l’interprete guarda da fuori il proprio corpo putrefatto, marcito, ridotto a uno scheletro. «Il cadavere nella stanza sono io». I progetti rimandati, l’ansia di gestire produttivamente il tempo, il bombardamento mediatico di informazioni e contenuti, la dipendenza lavorativa, l’aria marcia di competizione. Il giorno dopo è arrivato, tanto caro alla procrastinazione, ma Lorenzo Guerrieri non è pronto a uscire, fuori dal caldo della stanza, a ripetere le azioni di ieri, sotto gli occhi di manifesti pubblicitari e dating-apps che promuovono il vero amore. Il suo corpo è completamente ossificato. Comincia un viaggio di un’ora, tra macerie interiori e pretese ideali sulla realtà. L’attore chiama continuamente in causa il suo scheletro-fantoccio, cerca di rianimarlo, di motivarlo, ma anche di giustificarlo e, quindi, di giustificarsi contro il tempo che non si arresta, contro la tossicità del “se puoi sognarlo, puoi farlo”, contro l’abisso dell’inconscio che non esiste più, perché la società si è risucchiato anche quello. O meglio, lo ha plasmato a suo piacimento, fino al suo riempimento totale, per cui la malinconia è rimossa, la tristezza è una vergogna personale, «la depressione è una colpa individuale».
Lorenzo Guerrieri ha portato la morte in scena, l’ha incarnata, l’ha fatta camminare, ci si è seduto sopra, a volte l’ha presa in giro, altre volte si è piegato al suo gioco malefico. Ha dato voce e consistenza ai “demoni” che abitano la sua mente: rispettivamente l’autosabotaggio, travestito da professore disumano, che scruta con occhio giuridico e giudicante; e l’autoconsapevolezza, impersonificata dal guru, un po’ satiro, che promuove positività e successo. Morte fisica e mentale, emotiva e sociale: lo scheletro che Lorenzo Guerrieri cerca di ridestare è figlia della contemporaneità guasta e deformata che viviamo. Non c’è catarsi, non c’è epilogo, perché in Esercizi di resurrezione la linea di demarcazione tra realtà e finzione non esiste. La quarta parete è disintegrata. Il pubblico è chiamato a testimoniare e a essere partecipe con continui solleciti da parte dell’attore, che, mantenendo un ritmo frenetico e delirante per tutto lo spettacolo, non risulta mai banale. Esercizi di resurrezione non finisce: si trasporta, resiste, crea e cerca aiuto nella società dell’oggi, pensando a domani, domani, domani, domani.
Esercizi di resurrezione
di e con Lorenzo Guerrieri.
Detriti, CSOA Spartaco, Roma, 15 novembre 2024.
Prossimo appuntamento della rassegna: Radio clandestina di Ascanio Celestini, 20 dicembre 2024.