I Manetti Bros. tornano al cinema con un sequel più riuscito. O forse no?
La sinossi: Un piano apparentemente perfetto per Diabolik ed Eva Kant. Ma non sanno che dietro questo colpo si nasconde una trappola dell’astuto ispettore Ginko, che mette a dura prova il loro legame. Tradita dal Re del Terrore, Eva decide di vendicarsi, proponendo all’ispettore di collaborare alla cattura di Diabolik. Una decisione difficile per Ginko che deve anche affrontare l’arrivo di Altea, duchessa di Vallenberg.
Per questo sequel, i registi tra le tante storie pubblicate del criminale mascherato creato dalle sorelle Giussani, hanno optato per il sedicesimo album pubblicato per la prima volta nel 1964.
Anche in questo Diabolik targato 2022, si rinnova il gioco di parallelismi tra le tavole illustrate e le inquadrature cinematografiche, in un nostalgico revival vintage. Il film recupera il fascino del grande cinema di genere made in Italy.
Una delle più felici intuizioni di questo film è la scelta del protagonista. Rispetto a Luca Marinelli che interpretava Diabolik nel film del 2021, Giacomo Gianniotti risulta più credibile ed efficace nei panni del geniale criminale. Tuttavia, si ripropone lo stesso problema del primo film: come va recitato Diabolik? La scelta, ancora una volta, pare andare verso l’automatico e il distaccato. Diabolik sembra non esprimere una sua personalità e tantomeno un piglio psicologico al di là di come vuole realizzare i suoi colpi. Perciò non ci si distanzia per niente dal primo, anzi se ne replicano tutte le caratteristiche.
Dopo i titoli di testa cantati da Diodato, si pensa (o si spera) che ci si possa dirigere verso il meglio, ma poi arrivano i dialoghi che non sono propriamente da film, ma vengono ripresi dal fumetto originale.
Più che dialoghi, sono pensieri parlati dai personaggi per fare capire dove vogliono arrivare, proprio come le nuvolette dei fumetti.
Un altro neo di questa pellicola è il ritmo, forse troppo calibrato. Il film continua con lentissimi inseguimenti e scene smielate tra l’ispettore Ginko e Altea, interpretata da Monica Bellucci con un accento che io, personalmente, non ho capito. Sempre ammaliante Miriam Leone e un po’ troppo appesantito Valerio Mastandrea.
Questa concezione di cinecomic non funziona. Non va al di là di una semplice messa in scena di ricostruzione. Nulla, in questi due film, è pensato per coinvolgere il pubblico, per trascinarlo nel mondo poliziesco e dell’élite del Re del Terrore. Tutto è appiattito sullo schermo. Tutto è così distante.
Anche la sceneggiatura non convince fino in fondo, con alcuni snodi di trama che verso il finale della pellicola appaiono un po’ troppo prevedibili.
Comunque, Diabolik – Ginko all’attacco! rimane un film godibile e, a tratti, fascinoso soprattutto per i fan storici del fumetto, un sequel più efficace rispetto al suo predecessore. Il prossimo, magari, andrà meglio.