Non perde assolutamente interesse con l’andar delle stagioni la ormai tradizionale rassegna dedicata alle “nuove frontiere della scena britannica”. Siamo ormai alla XVIII stagione organizzata da Rodolfo di Giammarco, notissimo e bravissimo critico, studioso di teatro, organizzatore teatrale; e con lo spettacolo da me visto, For once, presso il Teatro Belli di Roma, la rassegna giunge alla quattordicesima messa in scena su diciannove, che vedono presenti, tra i tanti, i nomi di drammaturghi d’oltremanica quali Alan Bennett, Sonya Kelly, Phil Porter, Mike Bartlett, Sarah Kane.
A valorizzare scenicamente gli esempi di drammaturgia britannica hanno collaborato nomi di registi quali Fabrizio Arcuri, Giorgina Pi, Lorenzo Lavia, Enrico Frattaroli (col suo splendido, già visto in estiva, 4.48 Psichosis, interprete Mariateresa Pascale); tutti i registi chiamati, assieme ad un cospicuo numero di attori, sono risultati essere fino ad ora all’altezza di una rassegna davvero unica nel contesto delle proposte promozionali in suolo italiano.
Credo che l’impresa offre un’importante e necessaria opportunità a coloro che seguono le vicende, le linee culturali, le realizzazioni teatrali allargando la visuale e l’orizzonte verso tradizioni contrassegnate, diversamente che in Italia, da una “drammaturgia forte”, e cioè da un tipo di teatro che predilige la prassi di mettere in scena un testo pre-scritto, al di qua o al di là del suo stesso valore letterario.
Ponendoci in questa direzione, dunque, diviene interessante verificare in che modo, e in che misura più o meno potenziale, testi che principiano dalla lingua e dalla cultura britanniche possono essere, nel nostro teatro, efficacemente realizzati, oltreché per temi e motivi testuali, anche per modalità drammaturgiche e tecniche di regia e recitazione.
Non conosco l’opera del drammaturgo, sceneggiatore e docente presso l’Università di Manchester Tim Price, di origini gallesi, ma so delle sue collaborazioni a valide imprese editoriali e di studio drammaturgico. Quindi per me For once rappresenta una novità assoluta in tutti i sensi, anche perché non mi risulta esistano edizioni del testo in lingua italiana (è presente nel volume Tim Price Plays One, edito da Methuen Publishing di Londra nel 2015).
April, Gordon, e il figlio diciasettenne Sid costituiscono la famiglia protagonista della pièce di Price: vivono una vita tranquilla, tipica di un piccolo centro di provincia, con ruoli ben assegnati, in apparente armonia, e comunque “connessa” al mondo grazie agli attuali mezzi di comunicazione: Gordon è un rappresentante di commercio, concreto, tranquillo, capace del classico sottofondo umoristico britannico (interpretato da Marco M. Casazza); April è una moglie e madre molto protettiva e accudente (la cui interprete è Selvaggia Quattrini); Sid (Michele Dirodi), è un adolescente che si dedica con generosa attenzione ai suoi tre più cari compagni. All’improvviso irrompe in tale piccolo ma significativo consorzio umano la tragedia, nelle vesti di un terribile incidente d’auto dal quale si salva solo Sid, pur accusando una grave ferita ad un occhio, e dovendo sopportare la perdita irrimediabile degli amici.
L’evento nefasto scopre quanto stava sotto la pelle, specie nella coppia coniugale: scontentezze, malumori, rimpianti, che solo con candida sincerità e sottile ironia forse verranno superati, per riconoscere la decisiva importanza di una più spontanea attenzione alla cura amorosa l’uno dell’altro.
Tim Price ha scritto un testo drammatico di grande perizia perché capace di intrecciare molto efficacemente tre linee: quella dei momenti scenici del tutto mimetici, nel qui ed ora della rappresentazione, con quella più epica in cui ciascuno dei tre personaggi racconta e si racconta; e con quella dei brevi monologhi e soliloqui con cui i personaggi parlano con e di sé stessi. Una simile tessitura drammaturgica esige quindi una forte sensibilità attoriale, che permetta agli interpreti di passare da una linea all’altra, da un piano all’altro, e da un registro all’altro, senza creare ai danni dello spettatore nodi aggrovigliati sul piano della storia. La regia di Marco Casazza si dimostra intelligente: ha imposto toni smorzati, al limite del sussurro (anche grazie allo spazio non grande del teatro Belli), e gesti sempre misurati, anche nei momenti “forti”, di conflitto esplicito, a sé stesso e agli altri due davvero bravi e sempre intensi attori, in particolare la Quattrini; tale scelta ha evidenziato quel velo di continua, discreta ironia, con tratti di umorismo british, che non è facile far vedere allo spettatore italiano.
Senza dubbio la pièce porta anche alla ribalta aspetti sociali ed antropologici, direi anche attuali, quali il confronto-scontro tra metropoli e cittadine di provincia, problematica che ormai investe un po’ tutta l’Europa, e tale aspetto implicito non può che catturare l’attenzione anche di uno spettatore di casa nostra. E, non minore, il testo porta anche a riflettere sui modi in cui l’identità femminile può essere riconosciuta secondo rinnovati paradigmi etici e piscologici.
For once
di Tim Price
con Selvaggia Quattrini, Marco M. Casazza e Michele Dirodi
assistente alla regia Barbara Enna
regia Marco M. Casazza.
TREND, Teatro Belli, Roma, 3-6 dicembre 2019.