Al Teatro Vittoria di Roma, la tragedia Romeo e Giulietta incontra la visione del coreografo Fabrizio Monteverde in una proposta assolutamente moderna. La struggente storia d’amore di William Shakespeare è ambientata, dalla splendida cornice di Verona, in un paese del Sud Italia – non meglio identificato – dilaniato dal ricordo del secondo conflitto mondiale.
La creazione del coreografo (che segue fedelmente il testo scritto originale e conserva la celebre partitura musicale di Sergej Prokof’ev) modifica le motivazioni psicologiche del dramma, abbandonando il tema dell’amore acerbo per porre l’attenzione sulla ribellione giovanile e folle che vede come protagonista degli eventi l’inquieta Giulietta.
La fanciulla, in fuga da una condizione femminile prepotentemente imposta e da un matrimonio scomodo, prevale su un Romeo appassionato ma innocente, silenzioso e sognatore. È lei, sola, che si erge a vera protagonista della scena e che conduce le fila dell’intreccio amoroso. Un gioco che condurrà Giulietta e Romeo a tramutarsi in martiri a causa della propria fede nell’amore puro. A sottolineare l’innovazione, il titolo ribaltato in Giulietta e Romeo dichiara la superiorità scenica femminile in questo balletto, e propone un’audace rivisitazione dell’opera originale.
Monteverde colloca le figure femminili in una posizione predominante e, per far ciò, si serve di alcuni ruoli che nel balletto classico originale rimangono, invece, nell’ombra: le donne Montecchi e Capuleti, madri dei due protagonisti.
Il tentativo scenico e concettuale, però, riesce a metà: se la genitrice di Romeo impone – in modo quasi prepotente – la sua figura sul palco, attirando l’attenzione del pubblico poiché in sedia a rotelle (scelta che non sono riuscita ad interpretare in relazione al contesto!), di contro la madre di Giulietta resta nell’anonimato e partecipa poco allo svolgimento narrativo.
Lo spettacolo si apre con un breve assólo di Romeo (forse una scelta in lieve contraddizione rispetto alla “forza femminile” su cui Monteverde ha costruito la coreografia) e prosegue con la presentazione delle due famiglie che, in questa versione moderna, non sono ben definite dai colori degli abiti – come è d’uso nella versione ballettistica originale – ma sono distinguibili soltanto da pochi dettagli: una camicia, un abito di velluto, un dolcevita, accessori che, tuttavia, non rendono di facile comprensione l’immediato riconoscimento dei componenti delle due fazioni.
Alle spalle dei danzatori un muro “cupo” e spoglio rammenta le macerie lasciate dalla guerra che sarà testimone dell’amore dei due giovani e, soprattutto, del sangue che verrà versato a causa della rivalità tra le due famiglie. Si tratta di un’ottima trovata scenografica perché lo sfondo, seppure non di grande impatto visivo, grazie a poche e impercettibili modifiche, ben si presta ai cambiamenti di ambientazione e supplisce, egregiamente, alla mancanza del celebre balcone di Giulietta.
Il secondo brano ci permette di conoscere la protagonista: bionda e in abiti da camera, indossati per sottolineare la sua purezza e la sua innocenza. Nell’entrata è affiancata dall’inseparabile e complice nutrice, l’unico personaggio comico del dramma. Anche in questa scena un espediente scenografico, la testiera del letto girevole, risulta fondamentale nella resa del carattere giocoso e – a tratti – infantile di Giulietta.
L’incontro tra i due giovani avviene durante un ballo in maschera. Qui è palese che è la fanciulla a compiere il primo passo (elemento utile per ricordare al pubblico che è la donna l’artefice dei futuri eventi).
L’espediente romantico del balcone viene abbandonato per essere “inscenato” da una cavità nel muro che permette a Giulietta di accorrere al richiamo d’amore di Romeo per poi lanciarsi, insieme, in un romantico pas de deux. Il meraviglioso crescendo della colonna sonora domina la scena e i due danzatori, mostrando le loro doti interpretative, si esibiscono in prese di grande effetto.
Il momento coreografico più intenso è dato, invece, da emozioni di tutt’altra natura.
Il violento scontro tra Tebaldo e Mercuzio, infatti, non potrebbe dare sensazioni più discordanti da quelle appena scaturite dal precedente, romantico, passo a due. Con pari passione, seppur mossa da inclinazioni opposte, i due giovani si esibiscono in una rappresentazione danzata del duello con cadute e salti spettacolari che richiamano un reale combattimento in maniera estremamente efficace.
La narrazione si conclude, come da tradizione, con la morte dei giovani amanti in seguito a un tragico equivoco. Un’interpretazione eccellente dove, sebbene la parte della danzatrice sia stata maggiormente valorizzata, anche il danzatore – nei panni di Romeo – ha contribuito a rendere il pubblico partecipe della sofferenza e del dolore dell’opera shakespeariana.
Complessivamente la buona riuscita coreografica del lavoro di Monteverde può essere ricondotta alla scelta di voler richiamare quelle emozioni, quei sentimenti innati negli esseri umani, che fanno commuovere con spontaneità. L’aver preso ispirazione da Shakespeare, traducendo la sua opera in movimento, ha permesso al coreografo di trasformare il testo (e il dolce sentimento in esso contenuto) in una nuova, artistica, espressività gestuale mentre, a mio giudizio, il tentativo di inserire il tutto in un contesto moderno (in una forma, tra l’altro, piuttosto “tiepida”) non riesce a influire, in maniera significativa, sugli eventi né permette di arricchire, significativamente, il lavoro.
Giulietta e Romeo
coreografia e scene Fabrizio Monteverde
con Azzurra Schena, Paolo Barbonaglia, Roberta De Simone, Monika Lepisto, Simone Zannini, Riccardo Ciarpella, Vincenzo Carpino, Lorenzo Castelletta, Eleonora Pifferi, Kinui Oiwa, Matteo Mirdita, Cecilia Borghese
musica Sergej Prokof’ev
assistente alle coreografie Anna Manes
lighting design Emanuele De Maria.
Teatro Vittoria, Roma, dal 9 al 14 aprile 2019.