Domani, 16 aprile, presso il Teatro Duse di Genova, sarà in scena Il Figlio della Tempesta. Musiche, parole e immagini dalla Fortezza, il concerto-spettacolo diretto da Armando Punzo e dedicato alla Compagnia di detenuti-attori fondata dal regista nel 1988 all’interno del Carcere di Volterra.
L’opera, a cui chi scrive ha avuto la possibilità di partecipare lo scorso primo marzo in occasione della tappa romana al Teatro Biblioteca Quarticciolo di Roma, è un viaggio di grande intensità poetica nutrito di parole, immagini, suoni che raccontano, evocano, alludono, aprono spazi nella mente e varchi nell’anima. Dall’inizio alla fine, il ritmo non conosce soste e una rara energia passa costantemente dalla scena alla platea. Una vitalità straordinaria, feconda. La stessa su cui Armando Punzo ha costruito negli anni il suo lavoro, animato dalla ferma convinzione di forzare, attraverso il teatro, i “limiti” del carcere e, più in generale, i “limiti” dell’uomo. È così che il teatro diventa “rivoluzionario” e ha il potere – arrivando a toccare le corde più nascoste, intime, dell’essere umano – di trasformare la realtà, o forse sarebbe più preciso dire, tutto ciò che sembra essere la “verità” assoluta.
Ne Il Figlio della Tempesta, il dialogo tra Armando Punzo e il compositore, musicista, sound designer Andrea Salvadori (al quale è andato il Premio Ubu 2019 per aver realizzato il migliore progetto sonoro/musiche originali per Beatitudo della Compagnia della Fortezza) ha in sé il fondamento dell’intesa e dell’affiatamento di chi è abituato ogni giorno, con una pratica quotidiana – disciplinata e inflessibile – a lavorare nel carcere. Una complicità che si evince dalla relazione che stabiliscono tra loro e con gli spettatori.
Quando si entra in scena, Punzo e Salvadori sono già lì, pronti ad accoglierci. Le musiche risuonano nella sala insieme ai sorrisi e ai “grazie” che il regista ripete ad ogni ingresso di ciascuno dei partecipanti.
Nello spazio scenico, pochi oggetti: un pianoforte a coda, una chitarra, un mandolino e tanti fogli, quaderni, adagiati a terra sovrastati da grandi palle bianche sulle quali, durante la performance, scorrono immagini e stralci dei lavori della Compagnia della Fortezza. Colpisce, poi, sistemata vicino al pianoforte, una valigia, simbolo del viaggio intrapreso in trent’anni. Una Memoria da custodire con cura come quelle pagine, quegli appunti, cui Armando Punzo attinge costantemente per testimoniare e ripercorrere il cammino fatto. Non sorprendono, allora, neanche le pause cariche di emozioni, le sospensioni e le incertezze del regista-attore quando si tratta di dare voce e corpo ad alcuni brani in grado di esprimere i passaggi fondamentali di molti degli spettacoli rappresentati. L’incertezza non è insicurezza, indecisione, è piuttosto l’espressione autentica di un percorso laborioso, e non privo di difficoltà, che, però, ha dato i suoi frutti.
Anche per quanti non hanno avuto l’occasione fortunata di conoscere e di prendere parte alle messinscene della Compagnia, il concerto-spettacolo è un’opportunità per entrare in relazione con il lavoro straordinario, teatrale e culturale, di Armando Punzo e di tutti i suoi collaboratori.
Quella sera al Teatro Biblioteca Quarticciolo di Roma, ho conservato dentro di me la forte energia ricevuta da Punzo e da Salvadori. Ho capito, allora, il perché lo spettacolo è dedicato all’inventore, fisico e ingegnere serbo-statunitense Nikola Tesla, il quale con le sue indagini scientifiche ha avuto l’obiettivo di trasmettere energia libera all’Universo. Qualcosa di impercettibile e di incorporeo, ma di fatto estremamente tangibile e concreto, che entra a far parte dei movimenti invisibili, eppure vitali, dell’uomo.
Il Figlio della Tempesta. Musiche, parole e immagini dalla Fortezza
concerto spettacolo per i trent’anni della Compagnia della Fortezza
di e con Andrea Salvadori e Armando Punzo
regia Armando Punzo.
Teatro Duse, Genova, 16 aprile 2019.