Si intitola semplicemente Un cuore per capire lo spettacolo omaggio a Herbert Pagani, eclettico artista ebreo nato in Libia nel 1944 e morto nel 1988 a Palm Springs per una leucemia fulminante, che Ketty Di Porto, in collaborazione con Paola Traversi, ha costruito a partire da materiali autografi selezionati tra canzoni, poesie, scritti in prosa, pagine di diario. L’esito è un viaggio a ritroso nel tempo che trova il suo centro propulsore, la sua ragion d’essere, nella forza delle “parole”. Le parole sono ciò su cui si cementa la memoria. Su cui prendono il volo le idee, i pensieri. Su cui scivolano le intenzioni. Sono ciò che rende vivi i morti e li trasforma in testimoni emblematici dei loro tempi. A volte, come in questo caso, in profetici visionari del futuro.
L’attrice/autrice romana – qui anche regista – sembra raccogliere con matura consapevolezza questa lezione. Tanto che la pièce, debuttata all’interno dell’ultima edizione del Festival di Cultura Ebraica e andata in scena ai Giardini della Filarmonica come titolo di chiusura della rassegna I solisti del teatro con repliche previste a fine gennaio 2019 al Teatro Tor Bella Monaca – va ben oltre il semplice omaggio personale per tradursi, piuttosto, in una “scoperta” biografica e artistica ricca di spunti interessanti.
Il desiderio di ricerca sotteso al lavoro è una linea di costruzione di senso già intrinseca nelle premesse. Si legge infatti nelle note di regia: <<Pagani era un uomo libero che si è preso la libertà di buttarsi a capofitto nell’esperienza della vita e nello stesso tempo di ribellarsi, di rifiutare le ipocrisie, i sistemi coercitivi, l’impoverimento della realtà. Ha avuto la libertà di rinunciare al successo ottenuto per proporre e proporsi con la sua ricerca, con le tematiche a lui care, con il suo unico e speciale modo di sentire. Un movimento genuino, instancabile, prorompente che lo ha spinto alla ricerca di comunicazione, di rapporto umano e dialogo… >>. Questo aspetto è quanto mai evidente nei suoi scritti su Israele e sul conflitto arabo-israeliano. Un pacifista puro nella ricerca dell’incontro possibile, Pagani pretende: pretende dall’occidente che riconosca le ragioni di Israele, pretende dalla sinistra che riconosca le proprie ambiguità, dai palestinesi che si rendano conto di essere strumentalizzati, dai Paesi arabi che ammettano le proprie responsabilità e da Israele che faccia il primo passo per la pace.
Lo stesso desiderio di ricerca delle premesse innerva l’incipit della pièce, allorquando una voce femminile fuori campo dice di aver conosciuto una persona straordinaria (“un uomo e un artista” unico) e di esserne rimasta affascinata. Ecco dunque che, senza mezze misure, rimandi simbolici o allusioni astruse, questo inizio ci porta subito al cuore del discorso e con estrema semplicità il palcoscenico si anima via via di suoni, luci e figure. Ai bravi cantanti Emanuela Fontana e Vicenzo De Michele spetta il compito di restituire alcuni dei brani più celebri del cantautore libanese, mentre Luca Sgamas (chitarra) e Riccardo Viscardi (violoncello) eseguono la musica dal vivo.
Al centro del palco la stessa Di Porto, recentemente diretta dalla nota regista israeliana Orly Noa Rabinyan in Her Israeli Story, si ritaglia il ruolo di narratrice. Di interprete rispettosa, di alter-ego odierno chiamato a dare forma a quel fiume di parole – ora ironiche, ora sarcastiche, ora preoccupate, ora perentorie, ora sentimentali ma sempre umanissime e “pietose” – di cui la serata si nutre e con cui essa ci nutre. Nutrendo, nel contempo, sia la curiosità di chi già conosce la figura e la produzione di Pagani sia di chi invece sa poco o nulla di lui.
Poeta, cantautore, pittore, scultore (celebre rimane la sua opera multimediale Megalopolis presentata nel ’75 a Parigi e poi a Spoleto), attivista politico, animo inquieto e cosmopolita vissuto tra la Libia, l’Italia, la Francia, voce radiofonica di Radio Montecarlo e grande ammiratore della canzone francese, Pagani fu amico di Tenco. Collaborò con diversi autori tra cui Dalida, Francoise Hardy, Salvatore Adamo, Marco Ferrandini. Influenzò lo stile di grandi artisti come Fabrizio De André. Scrisse e rielaborò brani celebri. Ricordo, tra gli altri, Cento scalini, L’amitié, Teorema, Concerto per un cane, La mia generazione, Canta che ti passa la paura, Le Pays Plat di Jacques Brel (nota da noi con il titolo Lombardia), Les amants du jour di Edith Piaf, trasformata nell’ironica e “scandalosa” Albergo a ore (<<Io lavoro al bar d’un albergo a ore / porto su il caffè a chi fa l’amore. /Vanno su e giù coppie tutte uguali, / non le vedo più manco con gli occhiali…/ Ma sono rimasto là come un cretino / vedendo quei due arrivare un mattino: / puliti, educati, sembravano finti /sembravano proprio due santi dipinti ! / M ‘ han chiesto una stanza, gli ho fatto vedere / la meno schifosa, la numero tre…>>) su cui si abbatté la scure della censura italiana (era il 1969).
In Un cuore per capire l’esecuzione di alcuni di questi titoli si alterna alle vibrazioni di testi poetici o in prosa. Risuonano alcuni passaggi del suo capolavoro, Arringa per la mia terra (1975), dove i temi e gli scenari politici evocati suonano fortemente attuali. Ma le riflessioni di chiara ascendenza sociale (la causa sionista, il pacifismo diffuso e intelligente, la difesa della Natura, il valore incommensurabile dell’incontro con l’altro) lasciano volentieri il posto a momenti più ironici, più sarcastici, più quotidiani, più intimi. Musica e parole si rincorrono a vicenda e finiscono col disegnare un insieme di suggestioni che è anche ricordo di un’epoca, di una stagione del Novecento in cui intellettuali come Pagani – i lunghi capelli ricci alla Bob Dylan, la barba folta, gli occhi luminosi – sapevano difendere grandi ideali di portata universale. Forse in alcuni passaggi della pièce si avverte un calo del ritmo e della fluidità complessiva, ma la serata è davvero una iniezione di intelligenza e “igiene morale”. Tanto più significativa proprio perché straordinariamente attuale.
Un cuore per capire. Omaggio a Herbert Pagani
spettacolo di Ketty Di Porto
con la collaborazione di Paola Traverso
con Ketty Di Porto (attrice), Emanuela Fontana (cantante), Vincenzo De Michele (cantante), Luca Sgamas (chitarrista e compositore), Riccardo Viscardi (violoncello)
foto di scena Ariel Nacamulli.
I solisti del teatro (Giardini della Filarmonica), Roma, 8 settembre 2018.
Nella prossima stagione in programma al Teatro Tor Bella Monaca (gennaio 2019).