Il suo gesto intimo mentre scolpisce è presente, esattamente come in meditazione, dove non esiste l’altro e si è concentrati sul proprio obiettivo. Il suo è il “fare”, ossia il dare vita alla materia scolpendola e privandola di quella massa che ne imprigiona l’essenza. Questo è Jago, all’anagrafe Jacopo Cardillo, classe 1987 e originario di Frosinone, un artista che possiamo non a torto definire il nuovo “Michelangelo” del Millennio oltre che il talento del marmo attualmente più seguito sui social media. La sua prima grande mostra è ora ospitata al secondo piano di Palazzo Bonaparte, davanti ad una suggestiva visuale di Piazza Venezia. Un’esposizione che raccoglie alcuni dei capolavori che hanno fatto parlare di lui nel mondo, curata da Maria Teresa Benedetti e in programma fino al 2 luglio a Roma. Le emozioni che l’artista Jago trasmette con la sua mano ancorata ad una mente fulgida e reattiva, con uno sguardo indagatore costante della realtà che si trasforma, tenendone comunque d’occhio i valori primari, si cangiano in opere d’arte che superano la prova del tempo. Aveva appena ventiquattro anni Jago quando fu presentato dalla curatrice a Vittorio Sgarbi per partecipare alla Biennale di Venezia con la sua scultura raffigurante papa Benedetto XVI che gli valse la Medaglia Pontificia, successivamente rielaborata e nominata Habemus hominem e oggi presentata insieme ad un video del suo “farsi” proiettato sul soffitto della sala. Da allora Jago ha il suo lavoro, oltre che in Italia, Cina e Stati Uniti e insegna a New York, dove ha realizzato un’altra opera in mostra nella sua magnificenza, il Figlio velato, che racconta una storia di dolore e speranza e le cui fasi lavorative sono state trasmesse in diretta streaming e riportate in un unico filmato. Multimedialità e arte interagiscono in tutta l’esposizione, una caratteristica fresca e innovativa che vuole avvicinare soprattutto i giovani per far comprendere loro i segreti della tecnica scultorea e farli immergere nella contemplazione dei numerosi soggetti prescelti dal proprio “Social Guru”. Un’intuizione felice ma che va effettivamente oltre ogni target generazionale perché il linguaggio essenziale e preciso nei dettagli di Jago è anche estremamente semplice. Sceglie degli elementi basici, come dei sassi di fiume, che fa diventare contenitori di kalashnikov o arti rinchiusi all’interno della materia (Excalibur e La Pelle Dentro) o moltiplica i ventricoli di un cuore, traducendo i fotogrammi della frequenza di un battito cardiaco in trenta calchi in gesso all’interno dei quali è stata colata l’argilla prima di essere cotta e smaltata (Apparato circolatorio, che occupa l’intera seconda sala).
La collocazione delle opere di questa mostra è funzionale alla semantica espressa dal singolo lavoro: così la monumentalità de La Pietà, definita in tempi di quarantena e terminata dopo 16 mesi di lavoro, svetta luminosa in primo piano con il Milite Ignoto che troneggia sullo sfondo, oltre la finestra. Il dolore di un padre che sorregge il cadavere di un adolescente, tuttavia, ci riporta, anziché a La Pietà michelangiolesca, alla contemporaneità della guerra in Ucraina, come anche al più atroce dei dolori quale è quello della perdita di un figlio: il riferimento diretto di Jago, in questo caso, è però il conflitto in Siria, come emerge anche dalla fotografia ispiratrice del disegno, scattata dal fotoreporter Manu Brabo, e dal bozzetto esposti. Altro spazio emblematico concepito per un altro capolavoro è la stanza di specchi che circonda la Venere, una figura privata della sua giovinezza e seduzione i cui segni del tempo non ne cancellano né la grazia femminile né la maestosità della sua funzione mitologica.
C’è anche una dolcissima e curiosa opera in mostra che cattura l’attenzione: The first baby, il minuscolo neonato in marmo che ha viaggiato nello spazio in occasione della missione Beyond dell’ESA, protetto dall’astronauta Luca Parmitano e ritornato sulla terra nel 2020.
E per chi ancora non avesse avuto modo di conoscere Jago perché tecnologicamente arretrato nel linguaggio dei social media, consigliamo l’incisivo video in apertura della mostra dove le parole di Maria Teresa Benedetti sanno egregiamente cesellare i particolari del suo stile, scolpendone le scelte tematiche quanto le motivazioni sociologiche.
JAGO. The Exhibition
Un’esposizione prodotta e organizzata da Arthemisia e da Jago Studio.
www.mostrepalazzobonaparte.it
Palazzo Bonaparte, Nuovo Spazio Generali Valore Cultura, Piazza Venezia 5, Roma, dal 12 marzo al 3 luglio 2022.