In una non identificabile periferia di una non meglio identificabile città europea, come se questa racchiudesse tutte le periferie del mondo, viene chiamato a insegnare in un istituto professionale Albert, docente proveniente da un campo profughi nominato Lo Zoo. Il suo è un corso di recupero dedicato a chi ha subìto una sospensione per motivi disciplinari. È il punto da cui parte lo spettacolo di Vincenzo Manna, La Classe, interpretato da Claudio Casadio (nel ruolo del Preside della scuola), Andrea Paolotti (Albert) e Federico Le Pera, Edoardo Frullini, Valentina Carli, Andrea Monno, Caterina Marino e Giulia Paoletti, nei panni degli scalmanati allievi, andato in scena al Teatro Quirino e sul palcoscenico al Teatro Rossetti di Trieste fino a mercoledì 27 aprile.
L’ambientazione, di Alessandro Chiti, è l’interno realistico di un’aula scolastica dalle pareti degradate, di una possibile località estrema e lontana, dove dal dopoguerra a oggi il tempo sembra essersi fermato. E in effetti, le sensazioni che si provano a una certa età, durante l’adolescenza, sono un po’ come quelle mura: restano sempre le stesse. Qui si incontrano Albert, che è solo contro tutti (persino contro il Preside che confida in lui), i suoi studenti (quando questi non si assentano in massa) e i loro problemi sociali. Solo perché Albert proviene dallo Zoo, il cui nome spregiativo è tutto un programma, e affonda le sue origini nell’umiltà straniera di un rifugio per chi non ha casa, o meglio, la “propria” casa. Assenza, presenza, sono le uniche cose che contano nell’economia di un microcosmo in balia di sé stesso, come la scuola di una periferia remota. E proprio il registro delle presenze può diventare un oggetto di ricatto che salva dalla potenza minacciosa del più terribile della classe, Nicolas, l’aggressivo capo carismatico del gruppo.
La Classe, co-prodotto da Società per Attori, Accademia Perduta/Romagna Teatri e Goldenart Production, per la regia di Giuseppe Marini, racconta il disagio di chi pur non essendo straniero (Albert è straniero alla terza generazione), deve portare addosso gli occhi dell’altro che lo rendono diverso, un vestito troppo difficile da sfilare, e quindi finisce per diventare il capro espiatorio di un disagio generalizzato e frutto di una malattia severa e infiltrante come l’ignoranza, che porta alla paura e, da questa, alla violenza. Albert prova ogni giorno a smuovere qualcosa nei suoi studenti, di culture e religioni diverse, ciascuno con le sue insicurezze e le sue fragilità, a far compiere loro un passo in avanti, ma i suoi insegnamenti sembrano non essere mai abbastanza. Prova a chiedere loro di fare uno sforzo di immaginazione, di guardarsi da fuori, e provare a pronunciare ciò che gli altri direbbero di noi stessi al nostro funerale. Ma riesce a far stare al gioco solo un paio dei suoi studenti. Quasi porta a casa l’impresa quando Talib, il più empatico fra tutti, propone alla classe di partecipare a un concorso sulle vittime dell’Olocausto che potrebbe far intascare alla classe una grossa cifra di denaro, e chiede loro di scrivere sui genocidi attuali.
Il testo di Manna, costruito su circa duemila interviste ad adolescenti di età compresa tra i 16 e i 19 anni, riesce a non cadere nella formula dello stereotipo o dell’indagine retorica, e anzi raccoglie tante storie diverse e uniche per costruire un intreccio originale, ricco di azione e di sorprese.
La Classe
di Vincenzo Manna
regia Giuseppe Marini
con Claudio Casadio, Andrea Paolotti, Federico Le Pera, Edoardo Frullini, Valentina Carli, Andrea Monno, Caterina Marino, Giulia Paoletti
scene Alessandro Chiti
costumi Laura Fantuzzo
musiche Paolo Coletta
light designer Javier Delle Monache.
Produzione Società per Attori, Accademia Perduta Romagna Teatri, Goldenart Production.
Teatro Quirino, Roma, dal 19 al 24 aprile 2022.
Prossima replica: Teatro Rossetti, Trieste, 27 aprile 2022.