La questione identitaria secondo Mundruczó: uno spettacolo e un film di Katia Ippaso

Foto di Nurith Wagner-Strauss

«Quando non potevamo essere ebrei, eravamo ebrei. Ora che possiamo essere ebrei, non lo siamo più». Budapest, primi anni Duemila. Lena chiede alla madre il certificato che attesti la loro ebraicità: il fatto che la nonna ebrea abbia partorito una bambina ad Auschwitz deve essere pur scritto da qualche parte. La vecchia donna è riluttante: «per cosa ti serve?». «Mi serve per far entrare mio figlio in un asilo berlinese. Senza questa scorciatoia è un inferno». Cortocircuiti della Storia, capogiri del senso, ribaltamenti che illuminano gli angoli più nascosti.

La prima scena di Parallax, lo spettacolo del Proton Theatre presentato in esclusiva nazionale al Piccolo Teatro di Milano, si presenta come una ipnotica mise en abyme che dispiega tutti i temi cari a Kornél Mundruczó, regista di teatro e di cinema (per il suo Pieces of Woman, prodotto da Martin Scorsese, Vanessa Kirby è stata candidata all’Oscar come migliore interprete femminile): il confronto con la Storia del Novecento, il corpo femminile, le storie parallele, la compresenza di scene d’insieme e primi piani realizzati con le telecamere presenti in scena.

Parallax si compone di tre movimenti: la prima scena interroga il tema della Shoah attraverso il dialogo tra chi non vuole (e non può) dimenticare mai e chi, invece, vorrebbe disancorare la propria esistenza dalla Shoah, ancorandola, piuttosto, alle esigenze semplificatrici della vita contemporanea. Nel secondo movimento, Jonas, figlio di Lena, entra nella casa della nonna, appena morta: una inondazione “reale” fa da cesura tra un tempo e l’altro. Nella notte che precede il funerale di Eva, il ragazzo organizza un’orgia con soli uomini che, oltre ai corpi nudi degli attori, mette in gioco le complesse dinamiche delle identità culturali e sessuali. Nel terzo quadro, infine, Lena e Jonas raccolgono i pezzi delle loro frantumate esistenze per andare a celebrare un funerale ebraico in piena regola.

Foto di Nurith Wagner-Strauss

Tra tutti, il primo movimento è quello che sintetizza meglio il senso dell’operazione culturale e teatrale di Mundruczó. Eva è nata nel campo ad Auschwitz, riuscendo miracolosamente a salvarsi dallo sterminio. Ha condotto, di conseguenza, l’intera sua esistenza nel ricordo dell’orrore: «Io sono un miracolo. Per quei demoni, mia madre avrebbe dovuto strangolarmi o affogarmi in un secchio d’acqua». Da sopravvissuta, ha vissuto una doppia tragedia: dover testimoniare (con la scrittura) ogni giorno della sua vita, e provare vergogna per il fatto di non essere morta ad Auschwitz. Jena, che ha lasciato Budapest per Berlino, vuole invece solo “essere viva”: «Non voglio più essere sopravvissuta».

Il dialogo è sconvolgente, anche grazie alla eccezionale bravura delle due attrici: Lili Monori (Eva) ed Emőke Kiss-Végh (Lena). Che questa scena sia il cuore di tutto lo dimostra il fatto che si può vedere, fondamentalmente identica, nel film che lo stesso Mundruczó ha realizzato nel 2021 partendo proprio dalla stessa storia (scritta dalla moglie Kata Wéber), Quel giorno tu sarai – Evolution (disponibile su Prime Video).

L’opera cinematografica parte con una sequenza lentissima e dolorosa: dopo aver scoperto il funzionamento dei forni crematori, gli uomini della Croce Rossa polacca estraggono da un tombino una neonata. Un’altra variazione si trova nel modo in cui si narra la storia di Jonas: ancora adolescente, lo vediamo muoversi tra le strade di Berlino, come se fosse solo, gettato nel mondo, senza radici né futuro.

La questione dell’identità sessuale e delle tante anime che compongono il movimento LGBTQ+ viene sviluppata, dunque, solo a teatro, con un realismo senza compromessi che sfida apertamente la censura e la svolta reazionaria dell’Ungheria di Orbán.

Foto di Nurith Wagner-Strauss

Parallax

testo Kata Wéber
regia Kornél Mundruczó
con Lili Monori, Emőke Kiss-Végh, Erik Major, Roland Rába,
Sándor Zsótér, Csaba Molnár, Soma Boronkay
scene Monika Pormale
costumi Melinda Domán
luci András Éltető
collaborazione artistica e producer Dóra Büki
dramaturg Soma Boronkay, Stefanie Carp
musica Asher Goldschmidt
coreografia Csaba Molnár
produzione Proton Theatre
in coproduzione con Wiener Festwochen | Freie Republik Wien, Odéon-Théâtre de l’Europe,
Comédie de Genève, Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa, HAU Hebbel am Ufer,
Athens Epidaurus Festival, Festival d’Automne à Paris, Maillon Théâtre de Strasbourg – Scène européenne, International Summer Festival Kampnagel – Hamburg, CNDO Orléans, La Bâtie – Festival de Genève.

Piccolo Teatro, Milano, dal 13 al 15 marzo 2025.

Prossima data:
Staatstheater Wiesbaden, Wiesbaden (Germania), 17 maggio 2025.

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