Da Soul Makossa, antesignano delle radici musicali afro-americane che aprirono le porte alla musica del “corpo” fino alle meteore dell’era post-disco che conservano l’illusione di un’epoca d’oro che fermentò gli animi unendo in pista milioni di persone: così il completo e metodico saggio di Andrea Angeli Bufalini e Giovanni Savastano La storia della Disco Music (Hoepli Editore) ripercorre non solo un tracciato musicale contaminato da molteplici tradizioni etniche e di genere, ma uno stile di vita e pensiero che ha reso più dinamica e spensierata l’esistenza umana per oltre un decennio e forse oltre mezzo secolo, considerandone derivazioni e condizionamenti subconsci perfino in tempi attuali. Un’analisi minuziosa e a macchia di leopardo che entra nel dettaglio di costumi, mode, tecniche, contesti storici e psico-sociali cercando, a partire dalla sua illuminata struttura, di suggerire più letture, diacronica e sincronica, aneddotica e cronologica, condendo di centinaia di immagini “cult” il nostro immaginario collettivo supportato dalla memoria soggettiva di chi quell’epoca l’ha respirata e diversamente vissuta. All’origine del “nuovo mondo” che in questo caso coincide con l’entrata ufficiale della Disco, vi è un’Africa che, liberata dal colonialismo, scatena il proprio grido di indipendenza con ritmi tribali e “gesti indemoniati”: non è un caso che il mix di musica e danza sia alla base del ritmo dance quasi come un concetto intrinseco scolpito nell’anima di chi quella musica l’ha sperimentata, composta, interpretata e soprattutto ascoltata per saperla reinventare. L’impresa dei due infaticabili esperti – Bufalini, giornalista, critico musicale e scrittore; Savastano, psicoterapeuta, docente e scrittore – parte proprio da lì per condurre, con una minuziosa tracciabilità documentaristica, dei percorsi a rete che alimentano la curiosità dell’occhio (e di un orecchio musicale che potremmo definire “proustiano”) nella disseminazione graduale e ragionata di uno sterminato repertorio tratto, in principio, da un incommensurabile archivio privato. Ma è soprattutto il loro geniale input a far crescere nel lettore uno stimolo cerebrale e intuitivo al fine di costruire un itinerario personale tra artisti e brani, territori e luoghi, mode e tendenze, verso un sapere enciclopedico dell’argomento che provoca la ricostituzione di un passato-presente per restituirci anche solo tramite la lettura quella incredibile energia vitale motivante che la Disco Music forgiava su corpo e mente.
Corredata dalla Prefazione di Gloria Gaynor e dall’Introduzione di Amii Stewart, due regine che ne hanno vissuto il periodo d’oro, ed arricchita dagli interventi di chi la Disco l’ha trasformata nei propri paesi di origine adeguandosi a certi canoni musicali o provocando con nuovi suoni una società in assestamento (pensiamo al post Sessantotto o al terrorismo italiano degli anni Settanta), la monumentale opera consta di dieci sezioni tematiche con saggi divulgativi, box e mini resumé degli eventi socio-culturali più significativi del decennio, con oltre 200 album consigliati, 300 date-simbolo e spunti di riflessione per un’attenta indagine sociologica. Vi è la curiosità di chi vuol ricostruire la carriera di ognuno degli artisti menzionati (e si scoprono in questo ambito numerose “chicche”), come anche l’introspezione del contesto geo-fisico delle “discothèque”, scrigni di esibizionismi ad personam e al contempo fucine democratiche di livellamento sociale che vede tutti scendere in pista, senza limiti di classe, generazione e pensiero politico.
Interessante è poi la microanalisi delle strumentazioni in studio e di come i primi sintetizzatori (il minimoog su tutti) abbiano influito su ritmi e orecchi musicali: l’accoppiata Moroder-Donna Summer di I Feel Love ne è uno dei mille esempi! Il vinile a 12 pollici creava il Disco mix sostituendo il 45 giri dei juke-box, ma anche la figura del dj, fondamentale non solo nei missaggi ma nella scelta del ballo di molte ore di folle appassionate, diveniva una sorta di guru, o meglio influencer di oggi, in grado di captare con le proprie antenne non solo i gusti dei suoi follower in pista, ma il clou di certi pattern o melodie che necessitavano della sua percezione socio-auditiva per essere lanciate. E, come lui, talent scout erano i manager delle etichette discografiche che dedicavano alla Disco intere collane, se non addirittura la mission della propria company: citarle tutte non troverebbe qui spazio, ma gli autori ricordano come le stesse singole città, ognuna caratterizzata da un suo specifico sound (prime fra tutte Philadelphia e New York) portarono alla nascita di preminenti discografie e studi di registrazione ad hoc. E così, se il Philly Sound segna il passaggio dall’era dello Swing alla Disco mixando il suono orchestrale con i ritmi della strada urbana, Miami si dedica alla contaminazione di un latin mood con i rimti 4/4 della Disco e il soul della Motown lascia l’R&B per andare verso il Funky, prima di approdare alla Dance Floor. Non è strano dunque scorgere artisti come Diana Ross e Stevie Wonder tra gli innumerevoli rappresentanti di questo cambiamento e di rilevare altre aperture di vedute artistiche che cominciano proprio da una modifica strutturale dell’orchestra, ora maggiormente supportata dagli archi a scapito degli ottoni, e dell’elettronica, grande sconvolgimento e primo passo verso la digitalizzazione dell’industria discografica moderna.
Altro passo significativo, indovinato dagli autori, è una stretta corrispondenza tra gli atteggiamenti dei creatori della Disco e la loro mission sociale, a partire dai testi: la Disco vuol essere un inno alla felicità e tematiche come la Vita, l’Amore, il Movimento non fanno altro che alimentare quel senso di condivisione scaturito da un tutt’uno rintracciabile nei Disco Dance Parties. Conseguenziale a questo spirito free e di gioia universale (da alcuni musicologici o musicisti tacciato di superficialità) è la ricerca forsennata nei negozi all’accaparramento del disco, una novità da conservare a casa e riprodurre perché evocativa di un momento magico vissuto a contatto con l’altro ma anche fonte di stimolo interiore. E anche l’abbattimento di certe frontiere sociali e di genere, quali l’omofobia e il conflitto di classe, sono illustrati nell’indagine di luoghi, media, citazioni e riflessioni che inseguono, tra racconti, brani saggistici e pure menzioni quell’idea di pacifismo umanitario che durò molto tempo ma che molti provarono a distruggere in più occasioni (come il triste evento Disco Demolition Night organizzato dal dj Steve Dahl nel 1979 che incitava al rogo di vinili “Disco”).
Se non sapevate che John Lennon e Stephen King erano acclamati fan di questo genere, che John Travolta girò la maggior parte dei balli de La febbre del sabato sera su altre basi musicali perché i Bee Gees non avevano ancora consegnato le musiche, che Donna Summer e Gloria Gaynor non erano antagoniste ma amiche e colleghe rispettose, che certi nostri intellettuali italiani come Moravia e Arbasino consideravano la Disco un’apologia del cambiamento e che artisti nostrani come Mina, Battisti, Vanoni e i New Trolls furono ampiamente influenzati in alcuni lavori discografici dalla Disco Music, non vi preoccupate: non sono che degli stuzzichini che alimenteranno la vostra voglia di conoscere a fondo un rispettabile settore della cultura contemporanea, ragion per cui questo valido manuale deve diventare un prontuario da comodino, accompagnato da una piattaforma musicale online (possibilmente a pagamento per il rispetto del diritti d’autore), con cui far rientrare in sinergia mente e orecchi per sviluppare un film immaginario condito da ricordi ed immaginazione sulla Disco Music che, non a caso influenzò anche il settore entertainment e che continua a far sospirare i più nostalgici e a stimolare i ricercatori del “nu sound”. Tremate gente: «Disco is still around!».
Andrea Angeli Bufalini e Giovanni Savastano, La storia della Disco Music, prefazione di Gloria Gaynor, introduzione Amii Stewart, postfazioni Mario Biondi e Ivan Cattaneo, Hoepli Editore, Milano, 2019, pp.470, euro 29,90.