Quand’ero ragazzina dentro casa circolavano aneddoti sui “pacchi” che i venditori ambulanti di Napoli rifilavano nei vicoli di Forcella. Scatoloni nei quali avevi visto con i tuoi occhi sistemare il televisore appena acquistato, una volta aperti tra le mura domestiche mostravano come per magia il loro contenuto di mattoni. Truffe da strada, piccoli raggiri espressione di quell’arte di arrangiarsi – si sa – tipica partenopea. Niente a che vedere con la colossale impresa narrata in Mixed By Erry di Sydney Sibilia, già regista della celebre trilogia Smetto quando voglio, che dopo L’incredibile storia dell’Isola delle Rose tira fuori dal cilindro del dimenticatoio un’altra vicenda italiana che ha dell’irreale, già romanzesca di suo pure al netto delle libertà concesse dalla fiction. Il film, uscito in primavera nelle sale, è ora in cartellone in molte rassegne estive, oltre che disponibile in streaming on demand.
Siamo a metà degli anni Ottanta. Erry, al secolo Enrico Frattasio, vive con i fratelli Peppe e Angelo giustappunto a Forcella e giustappunto il padre dei tre si industria spacciando thè per whiskey in bottiglie di Jack Daniel’s perfettamente etichettate e all’apparenza intonse. Del terzetto, Peppe è lo “scienziato della famiglia”, potendo vantare il diploma di quinta elementare, Angioletto la “capa tosta”, e Enrico… quello di mezzo, senza ancora una sua precisa identità. Da «Ma insomma che ti piace fare?», a: «Ma chi c… sei?», fino a: «Sei proprio quello che mi hanno detto che sei?», il tema ricorre insistentemente nei dialoghi segnando, quasi un leitmotiv, l’inizio, lo sviluppo e la conclusione della vicenda. E Enrico, che già da bambino restava incantato ad ascoltare i Jackson Five, che sa solo che gli piace fare il dj, il disc jockey, e intanto fa compilation musicali su cassette, prima gratis per la fidanzata del fratello, poi a pagamento per gli amici, i residenti del quartiere, eccetera eccetera… ecco qua che “si” inventa. E quel «mixed by Erry» con cui sigla le sue creazioni diventa un vero e proprio marchio, che dà vita a un’azienda – quella del “falso originale” come lo definisce lui stesso – con giro d’affari miliardario e scala le vette del mercato discografico italiano, finendo paradossalmente per essere contraffatto a sua volta, “piratato”. Enrico e i suoi fratelli hanno in serbo talmente tante risorse da accaparrarsi la partita anche quando un integerrimo finanziere mette gli occhi su di loro o di fronte all’arrivo del digitale, con il compact disc che promette – e sarà così – l’audio revolution. Finché arriva il momento del redde rationem e la “favola”, che tale non è, si avvia verso l’epilogo, giudiziario, con l’arresto e il carcere, e naturalmente il crollo dell’impero.
Scritto dallo stesso Sibilia con Armando Festa, su soggetto di entrambi più Simona Frasca (già autrice di un libro omonimo sulla storia dei Frattasio), il film scivola via – nel senso migliore del termine – e diverte – giustamente si è aggiudicato un Nastro d’Argento per la miglior commedia (anche per il miglior casting director e la miglior scenografia). Gli ingredienti del genere ci sono tutti sotto ogni aspetto – i caratteri, il ritmo, le trovate – e ben cucinati (unico appunto un richiamo un po’ esplicito, probabilmente voluto, a Massimo Troisi). Tanto che l’intrattenimento sembra non lasciare spazio ad altro, a una presa di posizione, a un interrogativo.
Ma forse, come diceva Hugo von Hofmannsthal, la profondità va nascosta. Dove? Alla superficie. Quella di Mixed By Erry non è una storia dalla dimensione universale, le mirabolanti gesta di chi ha duplicato qualcosa come 180 milioni di cassette non hanno nulla di epico né sanno di rivolta sociale, e però è una storia che “ci” appartiene, anche svanita l’esaltazione collettiva del tempo che fu, e vale un racconto.
Per la cronaca: oggi Enrico Frattasio, pagato il suo debito con la giustizia, produce e distribuisce scatole da regalo. S’intende: scatole di quelle di cartone, non “pacchi” …