Quando mi è stato proposto di recensire il volume Te lo leggo negli occhi. Carlo Taranto, una vita per l’arte, scritto da Domenico Livigni e Roberta Verde e con la prefazione di Benedetto Casillo, delle Edizioni Morghen di Roma, ho subito risposto con favore in quanto, benché fossi sempre stato un ammiratore del “piccolo” Taranto, non avevo mai avuto occasione di leggere nulla che fosse dedicato direttamente a lui.
Carlo, in effetti, è sempre vissuto un po’ nell’ombra del più noto fratello maggiore Nino non perché fosse un artista meno bravo di questi ma, e lo si scopre chiaramente leggendo il volume di Livigni/Verde, per scelta e carattere. Professionalmente impeccabile, Carlo aveva però una personalità “chiusa”. Era schivo, introverso, poco incline a quella socialità che, invece, spesso, contraddistingue le vedettes del varietà. Alla fine dei conti, nel periodo storico in cui i fratelli Taranto cominciarono a calcare le scene, il successo era decretato proprio dal rapporto diretto, dall’empatia tra artisti e spettatori. Il pubblico – in particolare per questo genere di spettacoli – era da considerarsi, infatti, un componente “attivo” della messa in scena con il quale l’artista cercava l’interazione (ma questo valeva anche in situazioni che, oggi, definiremmo fuori luogo, ad esempio durante la rappresentazione di un dramma) perché tale coinvolgimento era ritenuto elemento indispensabile per conquistare (o mantenere) la notorietà acquisita da parte della vedette, ma anche per verificare il livello di attenzione dei presenti.
Te lo leggo negli occhi è scritto in maniera precisa e con una scansione cronologica puntuale tanto da rispecchiare le classiche metodologie accademiche. La forma, tuttavia, risulta fluida, tipica della narrativa “leggera” che non rende faticosa la lettura del notevole flusso di informazioni storiche contenute nel volume.
Nel dettaglio, le 212 pagine del testo (comprensive di una corposa appendice) ripercorrono con cura tutto il percorso artistico e (in parte) familiare, di questa grande figura teatrale, decisamente trascurata, che è stata Carlo Taranto.
Di Carlo, innanzitutto, scopriamo una grande virtù morale: la modestia. Il saper rimanere sempre in secondo piano per non creare alcun contrasto col fratello Nino. Aver accettato il ruolo del “fratello minore” del grande comico, del macchiettista geniale, non lo faceva sentire sminuito (cosa che non era infrequente in altre famiglie teatrali, si veda i De Filippo in primis) ma, a suo agio, in quel ruolo da gregario in cui lui stesso aveva deciso di relegarsi senza, spesso, pretendere il giusto onore per il suo apporto sulla scena. Potremmo dire che se Carlo non fosse stato il fratello di Nino, probabilmente, avrebbe conquistato un posto di maggior rilievo nel mondo del teatro nazionale tanto da poter essere annoverato tra i principali artisti napoletani di tutti i tempi.
Una carriera iniziata da giovanissimo quella del piccolo Taranto. Debuttò, a soli 13 anni, nella compagnia di Nino nel 1934. Abbandonati gli studi, nel 1935, decise di dedicarsi interamente al teatro facendo la “gavetta” a Napoli nel momento in cui Nino si trasferiva a Roma scritturato da Anna Fougez, una delle dive più note del Café chantant dell’epoca.
Cresciuto nell’ambiente del varietà era un buon interprete di macchiette tanto da inserirsi perfettamente in quel mondo fino al declino del genere, avvenuto verso gli anni Cinquanta dello scorso secolo, in favore della più organica commedia musicale.
Negli spettacoli di prosa, segnalano gli autori del volume, memorabile la partecipazione a Virata di Bordo (inizi anni Sessanta), commedia in tre atti scritta da Titina De Filippo ideata, in origine, per la compagnia dei fratelli poi discioltasi. In scena, Carlo – accanto a Nino (che rivestiva il ruolo pensato da Titina per il fratello Eduardo) – prese la parte scritta per Peppino. Alcuni brani sono reperibili in rete su YouTube mentre le Teche Rai hanno a disposizione l’intera ripresa.
Anche nel cinema, Carlo Taranto fu molto attivo (si conta la partecipazione a 54 pellicole) ma, è sicuramente indimenticabile la sua partecipazione a Il Presidente del Borgorosso Football club, con la regia di Luigi Filippo D’Amico e accanto ad Alberto Sordi. Carlo si calò perfettamente nella figura dell’allenatore “magico” José Buonservizi. Una spettacolare interpretazione “macchiettistica” che si inspirava al noto Helenio Herrera allora coach vincente dell’Internazionale.
Debbo confessare che, dopo aver letto il volume, ho voluto rianalizzare alcuni brani dedicati al fratello Nino letti nel periodo dei miei studi e questo mi ha permesso di guardare, sotto una nuova luce, entrambi gli artisti della famiglia Taranto. Te lo leggo negli occhi. Carlo Taranto, una vita per l’arte è un volume che non può mancare nelle librerie di coloro i quali amano le biografie di attori teatrali e del varietà e, in particolare, di quelli di cultura napoletana.
Domenico Livigni e Roberta Verde, Te lo leggo negli occhi. Carlo Taranto, una vita per l’arte, prefazione di Benedetto Casillo, Edizioni Morghen, Roma, 2022, pp. 212 con illustrazioni, euro 17,00.