Più che una semplice casa editrice amano definirsi come “collettivo di teatro editoriale”, proprio per la multidisciplinarietà intermediale che caratterizza ogni progetto. Un ponte tra linguaggi, un ponte tra città, Napoli e Bologna, in cui hanno fatto nascere Caracó, tra pubblicazioni, produzioni teatrali, formazione per le scuole, un ponte tra cultura ed imprenditoria. Dimostrando che si può, rischiando un po’, coniugare la parola imprenditoria con il mondo del teatro e dell’editoria.
«Più che un’edizione, curiamo un progetto che può nascere dalla formazione per le scuole, diventare un e-book, assumere forma teatrale e diventare spettacolo, arrivare poi di nuovo alla carta stampata, o al linguaggio video. Da noi è tutto collegato».
Siamo a colloquio con Alessandro Gallo, scrittore, attore, editore e regista teatrale, curatore della collana Teatri di carta delle edizioni Caracó e ci facciamo raccontare cosa è e come nasce.
Essenzialmente è un centro di produzione interdisciplinare e multimediale. Nasce 11 anni fa.
Il primo progetto è nato da un progetto per una scuola del bolognese, da cui è nato Il vocabolario delle mafie (2018), una pubblicazione sulle mafie scritta insieme ai ragazzi che ha avuto anche un’edizione cartacea. Quel lavoro divenne poi uno spettacolo teatrale.
Siamo nati come casa editrice digitale in un momento importante in cui la percentuale di vendita on line, nei canali privati, negli store più grossi e commerciali, degli eBook arrivava all’80 per cento. Grazie alla vendita degli eBook siamo riusciti poi a fare un grosso investimento per il cartaceo. Dopo due anni, essendo una no-profit, ci siamo accorti che avevamo un segno più nel bilancio e abbiamo deciso di investire in attività teatrali. Ci è andata così bene che abbiamo deciso di aprire tutta una serie di canali privati e pubblici per la formazione nelle scuole, rivolto agli alunni dai sei anni in su, ci è andata così bene che adesso stiamo pensando di investire nel campo del cinema.
La collana Teatri di carta di Caracó Editore presenta un ventaglio di pubblicazioni, con uno sguardo ben preciso al teatro d’autore e alla Nuova drammaturgia.
Tre libri meritano un’attenzione particolare, pubblicazioni dal piccolo formato, ma animate da una giusta intuizione e da una forte coerenza interna, che, nella cifra dell’intervista-biografia, raccontano tre vite e tre percorsi artistici, raccontando, in ultima analisi, il teatro stesso. La misura dell’errore. Vita e teatro di Antonio Latella (2016), Voglio fare l’attore. Vita e teatro di Roberto Herlitzka, (2018), entrambi curati da Emanuele Tirelli e Ferita di parole. Il teatro di Oscar De Summa a cura di Graziano Graziani (2019): tre ritratti che, con estrema fluidità, con la giusta ironia, affrontano a piene mani un discorso teorico sul teatro e sulle poetiche e pratiche teatrali.
Pratica scenica e vita si fondono e si compenetrano, la complessità diventa semplice, leggibile, la semplicità si problematizza, si va comunque al cuore delle cose, al senso del fare teatro, e ci vuole una vita per capirlo fino in fondo. Una narrazione che comunque conferisce significato alla pratica scenica e ne delinea le coordinate interpretative. La narrazione diventa allora tessitura di accadimenti ed eventi che mette in relazione esperienze, situazioni presenti, passate e le rende oggetto di ipotesi interpretative e ricostruttive. Anche la transitorietà dell’evento teatrale supera se stessa attraverso l’immanenza temporale di un racconto. Si narra allora un’arte fatta di principi, di idee e pensieri, di segni che si sedimentano e si tramandano. Sono testi pensati non per un pubblico specialistico o settoriale, ma per lettori comuni che si avvicinano al teatro con immediatezza. E sono testi che conservano freschezza e insieme profondità.
Dare peso alle parole, per un teatro fatto di testi, di scrittura, scritture che sentono ancora il fiato degli attori, l’alito del palco, il contatto con il pubblico: così sono le pubblicazioni dei testi drammaturgici. Nel catalogo ce ne sono diversi tra cui segnaliamo quello di Antonella Questa con Questa sono io (2017), che riunisce due testi teatrali, il testo di Massimiliano Palmese, Il caso Braibanti (2017), e ancora Malagrazia (2018) di Michelangelo Zeno della Compagnia Phoebe Zeitgeist, con l’introduzione di Diego Vincenti. Questi testi ci dicono che la scrittura drammaturgica ha dignità letteraria, ci dicono che il logos è fondamento stesso del teatro, è la sua origine e il suo fine, ci dicono che l’editoria teatrale oggi è sintomo di coraggio, di accettazione del rischio, è azione che va sostenuta come si sostengono le cose preziose.
Chiediamo ad Alessandro Gallo, che della Casa Editrice è fondatore, insieme a Carmine Luino e Alessandro Pecoraro, se esiste un mercato per questa editoria.
I nostri numeri dicono che un mercato per l’editoria teatrale esiste, ma va potenziato e curato. I nostri libri non hanno tirature basse, anche se non possono reggere il confronto con i numeri delle grandi case editrici. Spesso nelle librerie si toglie invece la sezione teatro. Perché? Non rende forse? Non deve rendere. Non tutto nel settore culturale può sostenersi da solo, quindi va sostenuto, protetto. Il nostro percorso però è stato sempre in evoluzione. Sono stati 11 anni di crescita continua.
E in questo periodo di emergenza Covid come avete reagito?
Non siamo indietreggiati, abbiamo perso in editoria, ma abbiamo recuperato in didattica a distanza. Nelle scuole dove abbiamo progetti siamo partiti subito con contributi video, laboratori, minifestival privati tra gli studenti. Così a settembre nascerà una nuova Caracó 2.0, dove racconteremo tutto quello che abbiamo seminato, lanceremo un nuovo sito, una nuova grafica. Per noi sono stati due mesi di grande creatività. Ci occuperemo anche di offrire servizi multimediali ed educational alle scuole e stiamo per investire nel mondo del cinema.
Che altri progetti editoriali stanno adesso nei vostri cantieri?
Un manuale sul corpo comico e un libro saggio che racconta la Compagnia Occhi sul mondo di Perugia, con cui si sono aperti progetti di collaborazione produttiva.
Importante poi, per noi, dare voce e visibilità al teatro ragazzi. Questo per avvicinare il mondo scolastico al teatro e offrire percorsi di studio e comprensione dei grandi autori del teatro ragazzi sia ad allievi che ad insegnanti.
E per il futuro, quali altri linguaggi incrocerete?
Penso ad una sperimentazione che faccia incontrare il linguaggio narrativo e quello teatrale, una forma di meta-romanzo o meta-drammaturgia che giochi con i linguaggi e le forme. Sto ancora cercando gli autori giusti, ma credo che nel teatro di narrazione si trovino le penne adatte a questo progetto, una scrittura che gioca con diversi piani e livelli e li faccia deflagrare in un una forma nuova che viaggia dal teatro alla pagina scritta.
In fondo è questa la specificità di Caracó, traghettare parole tra forme e medium diversi, accompagnarle nel loro viaggio.