Il teatro di Emma Dante, attraverso l’analisi dei suoi spettacoli per ragazzi. La rilettura, e spesso il rovesciamento di prospettiva, di molti classici della letteratura fiabesca, «dai Grimm a Perrault, da Andersen fino al Basile», offre alla regista palermitana, la possibilità di illuminare di luce diversa alcuni temi fondanti della sua intera drammaturgia e della sua teatralità, sempre condivisa con la sua famiglia teatrale, ovvero con la Compagnia Sud Costa Occidentale.
Ed è proprio questa l’ottica con cui, Simona Scattina, ricercatrice universitaria dell’Ateneo catanese, nella pubblicazione, edita recentemente da Titivillus, dal titolo «Non tutti vissero felici e contenti» Emma Dante tra fiaba e teatro, sottopone a scandaglio gli spettacoli di matrice fiabesca: partendo dagli albori della nascita del suo linguaggio, La principessa sul pisello e La favola di Farruscad e Cherestanì (2001), passando per Hänsel & Gretel-Cappuccetto Rosso (2008), e poi ancora Anastasia, Genoveffa e Cenerentola (2010), La bella Rosaspina addormentata (2013), Tre favole per un addio (2014), fino ad arrivare agli ultimi capolavori Cappuccetto Rosso vs Cappuccetto Rosso (2015), La scortecata (2017) liberamente tratto da Lo cunto de li cunti di Giambattista Basile, e l’ultimo Hans e Gret (2018).
Nel titolo si cita una frase della regista pronunciata nell’intervista raccolta dall’autrice – così chiarisce, in un’importante prefazione, Anna Barsotti, già autrice di alcuni degli studi più importanti sulla regista palermitana, come La lingua teatrale di Emma Dante. mPalermu, Carnezzeria, Vita mia, (Edizioni ETS, Pisa, 2009), per citarne uno.
E in effetti, il lavoro di scomposizione ricomposizione di Emma Dante, che sapientemente si ricostruisce, passa per l’eliminazione di ciò di edulcorato e moralistico ci possa essere in alcune versioni delle fiabe (il riferimento è, in primis, alla versione cinematografica dei lungometraggi di Walt Disney), con l’accentuazione invece dei tratti spietati, a volte crudeli, sempre con la necessità di rovesciare i valori, di sovvertirli, in chiave ludica, ambivalente, provocatoria, autonoma, sulla scia della propria ricerca personale e del proprio linguaggio.
Che la fiaba sia un terreno creativo in cui l’artista si sente libera di sperimentare è dichiarato dalla stessa regista in una trascrizione, riportata nel testo, che chiarisce: «Mi piace l’idea che la favola, in realtà, non è di nessuno, non è un testo che ha un’autorialità forte come può avere un testo di Shakespeare o una tragedia greca».
Un percorso di riattualizzazione e forte riappropriazione quindi del genere fiabesco, che passa per necessari tradimenti: «il fatto che sia stata sempre tramandata oralmente e che ogni tanto qualcuno decida di metterla per iscritto mi piace moltissimo, perché mi sembra che quando un artista ha un’esigenza particolare di fare una riflessione attraverso la favola di quello che sta vivendo nella sua epoca, la prende e la fa sua».
Il mondo delle fiabe è – come descrive bene la studiosa, supportata dall’autrice della prefazione – fortemente coerente con l’universo autoriale di Emma Dante.
Nuclei fondanti del suo percorso artistico vengono individuati nel rapporto fra la vita, la morte, la sessualità, la vecchiaia, la valorizzazione del diverso, sia per genere che per status sociale, la riproposizione «ossessiva» di una difficile «compagine familiare», il ruolo genitoriale, il tema del doppio, e stilemi ricorrenti, come quello del rovesciamento, del pastiche linguistico. Un universo autoriale popolato da «personaggi fortemente tipizzati» la cui lingua nasce dal corpo, dalla carne, dal ritmo.
«Dalle viscere del mondo deriva la forza dirompente di quello che non è semplicemente un vernacolo, ma una ‘lingua personale’ che gronda di ‘travolgente autenticità’» e qui la studiosa cita perfino Camilleri autore di una prefazione a Carnezzeria. Trilogia della famiglia siciliana (Fazi Editore, Roma, 2007).
Il reperimento dei leitmotive ricorrenti avviene attraverso un utilissimo raffronto che incrocia diversi testi drammaturgici tra di loro, il che offre una notevolissima visione d’insieme che allarga lo sguardo sulla complessità artistica di una delle registe più rappresentative della contemporaneità.
Dopo un interessante panorama sul teatro contemporaneo in Sicilia, la studiosa ricostruisce la genesi laboratoriale e artigianale dei testi spettacolari presi in esame, anche attraverso le interviste, poste alla fine della pubblicazione, a Manuela Boncaldo, Elena Borgogni, Salvatore Cannova, Italia Carroccio, Davide Celona, Salvatore D’Onofrio, Daniela Macaluso, Carmine Maringola, Leonarda Saffi, Stéphanie Taillandier. Fra le parti di maggiore interesse, l’analisi dei singoli spettacoli, condotta dall’autrice, sulla base dei copioni degli spettacoli, di alcuni testi editi, come l’interessante progetto di riscrittura testuale e visiva per i tipi Baldini&Castoldi, con le illustrazioni di Maria Cristina Costa, Le principesse di Emma. Ne viene fuori un godibile racconto delle messe in scena da cui si ricava quasi la sensazione di assistere agli spettacoli. Molti i riferimenti incrociati di elementi ricorrenti che mettono in evidenza come ogni spettacolo vive dentro l’altro. La grande capacità di lettura di tutti i segni scenici, dai costumi alle scene, alle musiche, completano poi una pubblicazione, ben supportata da un’ampia bibliografia e dalla ricostruzione teatrografica, che ha il merito di puntare l’attenzione sul teatro-ragazzi, un genere spesso sottovalutato che, al contrario, si rivela capace di assorbire e rilanciare le «istanze della rivoluzione teatrale» del teatro contemporaneo.
La studiosa sa che «la posta in gioco è alta: creare per i bambini – con metodi artigianali e secondo le regole di un’arte antica e apparentemente anacronistica, nell’età delle comunicazioni sociali di massa – può diventare un azzardo, un gesto provocatorio e donchisciottesco»; eppure il gioco del teatro non si sottrae alla responsabilità di dedicare ai bambini o ai ragazzi, un pubblico nella fase più delicata della formazione, delle opere che, come solo il teatro sa fare, hanno un valore, più che moralistico, formativo e «politico».
Simona Scattina, «Non tutti vissero felici e contenti». Emma Dante tra fiaba e teatro, Titivillus, Corrazzano (Pisa), 2019, pp. 196, euro 19,00.