LIBERTEATRI> Storie di donne, teatro e cooperazione in libreria di Renata Savo

Negli ultimi anni l’editoria italiana che si occupa di teatro ha visto il proliferarsi, rispetto al passato, di una saggistica che si mette sulle tracce di un grande rimosso della storia: il contributo delle donne. Una grande spinta in questa direzione si deve senz’altro all’indagine sui cartelloni dei teatri italiani svolta da gruppi e collettivi di addette ai lavori fioriti nell’ultimo quinquennio, come la Rete nazionale per la parità di genere nelle arti performative e il collettivo Amleta, reti composte da realtà che hanno giocato un ruolo da protagonista nella recente storia femminile del teatro, con l’auspicio che le loro azioni arrivino a superare, da un lato, la ghettizzazione sulla base del genere che queste stesse realtà denunciano e, dall’altro, la scarsità di spettacoli a firma femminile nelle Stagioni teatrali, nonché la quasi totale assenza di donne ai vertici dei circuiti teatrali istituzionali.

Sarebbero tanti i volumi da segnalare, che provano a colmare una imperdonabile lacuna nella storiografia teatrale. Ci limitiamo a ricordare: la riedizione (2022) del corposo volume La scena delle donne (1992) di Emilia Costantini e Mario Moretti, pubblicato con un aggiornamento che comprende interventi di Patrizia Monaco, Alina Narciso e Bruna Braidotti; Che peccato essere una curiosità – Dive dimenticate della Belle Époque, verso la donna moderna di Enrico Pastore (Miraggi Edizioni 2024) e, fresco di pubblicazione, La vita delle parole. Il teatro di Dacia Maraini di Maria Dolores Pesce (Editoria & Spettacolo 2025), che si addentra nelle opere teatrali di Dacia Maraini per analizzarne la poetica da un punto di vista estetico (come puntualmente accade per gli autori di sesso maschile, quasi mai per le donne).

Una storia femminile del teatro è stata molte volte anche l’esito di dialoghi, autoritratti, biografie di attrici e il frutto di convegni di cui sono stati pubblicati gli atti. Le operatrici teatrali – dalle autrici alle organizzatrici, alle attrici – hanno più volte, infatti, provato a riunirsi, immaginando insieme un cambiamento strutturale nel presente dove esse occupano, nella maggioranza dei casi, solo posizioni marginali, in una già bistrattata nicchia del settore culturale come quello teatrale.

Per farlo hanno dovuto costruire delle reti, esercitare la loro straordinaria determinazione e generare degli incontri proficui tra le realtà di cui fanno parte. Incontri di cui resta, appunto, memoria tra le pagine.

Così è nato, in seguito al convegno Donne e impresa teatrale – La nascita delle cooperative teatrali dagli anni ’70 a oggi. Ridefinizione dei ruoli femminili all’interno dei nuovi scenari organizzativi, produttivi e artistici, il volume Donne e impresa teatrale a cura di Stefania Bruno e Loredana Stendardo (fondatrici, insieme a Tiziana Sellato, della cooperativa socioculturale femminile En Kai Pan che ha sede a Napoli), pubblicato per i tipi di Editoriale Scientifica (Napoli 2024) e inserito nella collana puntoOrg.

Il convegno, promosso e organizzato da coop En Kai Pan, in partenariato con l’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale”, CGIL, CulTurMedia e Legacoop Campania, ha avuto luogo a Napoli il 10 e 11 giugno 2021, al termine del biennio pandemico che ha fatto emergere in modo ancora più lampante le disparità di genere.

Le curatrici hanno raccolto e messo insieme, in modo polifonico, non solo le voci di donne che lavorano in teatro – che, come spesso avviene, raccolgono sulle proprie spalle più mansioni (cosa che accadeva anche in passato; si pensi a Isabella Andreini o a Eleonora Duse, attrici molto ammirate che erano anche capocomiche) – ma anche quelle di studiose, attiviste, rappresentanti di associazioni di categoria e sindacati: Anna Ceprano, Dora Iacobelli, Susanna Camusso, Giovanna Barni, Fabiana Sciarelli, Loredana Stendardo, Stefania Bruno, Tiziana Sellato, Debora Zuin, Giulia Maino e Laura Tedesco, Alina Narciso, Roberta Gandolfi, Maia Giacobbe Borrelli, Francesca Fava, Carlotta Pedrazzoli, Paolo Sommaiolo, Mimma Gallina, Mariella Fabbris, Silvia Ricciardelli, Natasha Czertok, Cristina Maccioni, Costanza Boccardi.

Il libro è quindi suddiviso in tre sezioni diversissime, per offrire una narrazione che renda giustizia all’apporto che le donne hanno dato alla nascita e allo sviluppo di numerose imprese teatrali. Esperienze che in alcuni casi, seppure abbiano avuto una vita breve, hanno dato avvio alle carriere di alcune brillanti artiste che proseguono ancora oggi il loro cammino.

L’approccio del volume è multidisciplinare, e la presentazione dei fenomeni ricca di spunti e dati statistici. Vi si affrontano problematiche di genere purtroppo ancora molto sentite come l’eterna dicotomia tra famiglia e carriera, ma anche la necessità di avere una continuità di reddito, la mancanza di reali opportunità di crescita professionale e le discriminazioni esistenti nell’accesso al lavoro, la parità salariale, per poi passare, con Amleta, attraverso la piaga degli abusi di potere e le molestie che riguardano il mondo dello spettacolo dal vivo, su cui pesa, ingiustamente, anche la tara di essere considerato un mondo professionale di serie B e, di conseguenza, scarsa si rivela l’attenzione delle istituzioni verso i problemi che lo affliggono.

La seconda parte del libro entra nel vivo della questione storiografica: la storia delle donne di teatro degli ultimi sessant’anni in qualche modo non può essere disgiunta dalla storia del Nuovo Teatro in Italia. Parliamo di anni di forte sperimentazione (quelli dalla fine degli anni Cinquanta alla metà degli anni Ottanta), connotati da un fortissimo incremento delle piazze e delle occasioni teatrali su tutto il territorio italiano, un fenomeno che viene associato all’impatto del sistema cooperativistico che iniziava ad avere sempre più fortuna.

In particolare, ricordano Stefania Bruno e Loredana Stendardo, «nella stagione 1973-74 le cooperative teatrali passano da 17 a 25; nel 1974-75 da 25 a 34; nel 1975-76 sono 90 generando un incremento del 75% della produzione nazionale (Trezzini, 1984)» (pp. 89-90). Ma non tutti scelsero la forma della cooperativa (e il volume si sofferma anche sui motivi di tale scelta), preferendo piuttosto costituirsi in associazione e avere meno vincoli burocratici come fecero, a Roma, il Teatro La Maddalena e il Collettivo Isabella Morra o, nel torinese, il Laboratorio Teatro Settimo e l’esperienza di Divina, singolare associazione, quest’ultima, che univa ricerca teorica – grazie alla collaborazione con l’Università di Torino – e pratica (qui nacquero i primi lavori individuali di artiste come Laura Curino e Mariella Fabbris) accanto al confronto e allo scambio internazionale: quasi un unicum nel panorama teatrale. «Un’invenzione sprecata», come la definì Claudio Meldolesi (citato a p. 82), la quale pur avendo tutte le carte in regola si esaurì troppo precocemente per essere messa al centro del discorso storiografico.

Chiude la seconda parte del libro di Stefania Bruno e Loredana Stendardo un’ampia panoramica sul teatro napoletano dopo un’epoca in cui Eduardo aveva regnato indefesso. Finalmente si cedeva il passo, sul finire degli anni Sessanta, a un periodo fortemente influenzato dall’arrivo di compagnie internazionali come il Living Theatre, tuttavia snobbate dalla critica di quegli anni.

In una Napoli vivacissima, animata dall’attività rigogliosa di ambienti come l’Accademia di Belle Arti, iniziavano a pullulare, sul modello delle “cantine romane”, salette definite caves adatte a ospitare, nell’intimo raccoglimento che esprimevano, opere teatrali per nuovi pubblici, votate alla multidisciplinarietà e alla sperimentazione. Si avviò così anche nel capoluogo campano una vera e propria stagione d’oro dell’off, che trionfava in via Martucci.

Il ricchissimo volume si conclude con le testimonianze, corredate anche da immagini d’archivio, delle protagoniste di storiche cooperative: da Mimma Gallina che racconta gli albori della sua formazione all’interno del Gruppo della Rocca come curatrice e organizzatrice di compagnia, all’attrice e regista Natasha Czertok del Teatro Nucleo, il collettivo fondato dai suoi genitori Cora Herrendorf e Horacio Czertok che, partiti dall’Argentina, s’insediarono nel 1978 a Ferrara.

Stefania Bruno e Loredana Stendardo (a cura di), prefazione di Anna Ceprano, Donne e impresa teatrale, Editoriale Scientifica, Napoli, 2024, pp. 324, euro 24,00.

In copertina: Teatro Nucleo, “Dame la mano”, training prima del debutto”.
Foto di Loredana Stendardo. Napoli, 2018

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