«Una farsa, una bugia nera». È forse tutto qui il senso ultimo de Il crogiuolo di Arthur Miller, uno dei testi più feroci e critici nei confronti della società tutta, non solo quella americana. A dirigerlo Filippo Dini che sceglie per sé il ruolo di John Proctor, protagonista di questo dramma scritto nel 1953 e poco frequentato in Italia.
Calunnia, delazione, intolleranza e violenza sono gli ingredienti che generano e accrescono la follia e il panico collettivo che accendono, come una fiamma, la comunità di Salem ricordata proprio per la sua caccia alle streghe. «Questa storia accadde a Salem, nel Massachusetts, nella primavera del 1692» racconta il narratore e vice-governatore Danforth, interpretato da un impeccabile Nicola Pannelli, che da una sedia a rotelle ripercorre la vicenda che travolse la piccola comunità americana descrivendone i protagonisti che, schierati sul palco come in un quadro, a turno guadagnano la luce presentandosi alla platea. Quando Danforth entra in scena, però, lo spettatore ha già assistito all’antefatto: un rito tribale, una sorta di danza lisergica che sei ragazze (Virginia Campolucci, Didì Garbaccio Bogin, Fatou Malsert, Valentina Spaletta Tavella, Caterina Tieghi, Gloria Carovana) hanno forsennatamente composto al suono della chitarra elettrica, suonata da Aleph Viola, immerse in un fumo sempre più denso. Lo stesso fumo che avvolge le menti di tutti gli abitanti di questo villaggio ma anche di chi vi arriva, chiamato per cercare prove come il reverendo John Hale (Fulvio Pepe), parroco di Beverly.
«A Salem tutto ebbe inizio dallo strano comportamento di un paio di adolescenti» spiega Filippo Dini «I medici rimandarono la faccenda alle autorità, alla comunità, quindi alla chiesa, al pastore. Ne conseguì che le ragazze, considerate in preda a un maleficio, si videro costrette ad accusare altri di averle stregate e grazie a un crescendo di follia e paura, centoquarantaquattro persone furono processate e diciannove furono giustiziate».
A partire da questi fatti Miller costruisce una storia, la sua, riambientandola però nel 1692. Negli anni Cinquanta, ai tempi del Maccartismo, lui e altri intellettuali americani furono accusati, con il meccanismo della delazione, di essere anti-americani, filo-comunisti e quindi sovversivi. Ed è così che, attraverso la storia della caccia alle streghe, Il crogiuolo racconta la vicenda dello stesso Miller che Filippo Dini sceglie di portare in scena nella sua interezza imbastendo uno spettacolo corale in cui guida una compagnia di ben quattordici attori.
Il protagonista è John Proctor che, dopo aver tradito la moglie Elizabeth (una bravissima Manuela Mandracchia) con la giovane Abigail (Virginia Campolucci), nipote del parroco della piccola comunità, Samuel Parris (Andrea Di Casa), che serviva presso la sua casa, allontana da sé la ragazza che, abbandonata, medita vendetta dando inizio a una serie di accuse a catena che sfoceranno nella vera e propria caccia alle streghe.
«Vedo un fuoco, un fuoco che brucia» dice Proctor. «Sento scalpitare lo zoccolo forcuto di Lucifero. Vedo già la sua lurida faccia ed è la mia faccia e la vostra, Danforth. La faccia degli uomini come me che non hanno il coraggio di combattere per liberare l’umanità dall’ignoranza, e come voi che non avete il coraggio di ammettere quello che sapete nel profondo del vostro cuore maledetto, che qui si commette una frode. È soprattutto su uomini come noi che si abbatterà la dannazione di Dio. E noi bruceremo, bruceremo insieme all’Inferno», conclude il protagonista che alla fine troverà il coraggio di impedire alla menzogna di trionfare scegliendo di morire per salvare il proprio onore, quello delle vittime ingiustamente accusate e la vita di sua moglie.
Filippo Dini si conferma ancora una volta come un regista che ha una visione stimolante del lavoro che va fatto sul palco. Ognuno degli attori che dirige ha una sua compiutezza, niente viene lasciato al caso. L’atmosfera cupa data dal disegno luci di Pasquale Mari, quasi a simboleggiare la bassezza che può raggiungere l’animo umano, avvolge anche la scena di Nicolas Bovey che spesso fa da sfondo a dei veri e propri quadri collettivi. Su tutto poi campeggia una enorme bandiera americana, sbiadita come i suoi ideali di democrazia e libertà, calpestati dalla miopia dei protagonisti di questa vicenda, e la musica dal vivo della graffiante chitarra elettrica, che ripropone anche il suono distorto del celebre inno americano suonato da Jimi Hendrix a Woodstock nel 1969.
Il crogiuolo racconta una storia quanto mai attuale. Oggi, con la pandemia e la guerra ancora in corso in Ucraina, viviamo in una società in cui sono presenti «diversi stili di follia e di isteria collettive, sia mentale sia intellettuale, sia ovviamente sociale» afferma Dini. Ed è per questo che il pubblico, entusiasta e numeroso, ama questa pièce dimostrando ancora una volta, qualora ce ne fosse bisogno, che l’essere umano ha bisogno di veder proiettata sul palco quell’ombra di se stesso per riflettere e capire cosa sia il bene e cosa il male.
Il crogiuolo
traduzione Masolino d’Amico
con (in ordine alfabetico): Virginia Campolucci, Gloria Carovana, Pierluigi Corallo, Gennaro Di Biase, Andrea Di Casa, Filippo Dini, Didì Garbaccio Bogin, Paolo Giangrasso, Fatou Malsert, Manuela Mandracchia, Nicola Pannelli, Fulvio Pepe, Valentina Spaletta Tavella, Caterina Tieghi, Aleph Viola
regia Filippo Dini
aiuto regia Carlo Orlando
scene Nicolas Bovey
costumi Alessio Rosati
luci Pasquale Mari
musiche Aleph Viola
collaborazione coreografica Caterina Basso.
Produzione Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale / Teatro Stabile di Bolzano / Teatro di Napoli – Teatro Nazionale
con il sostegno della Fondazione CRT
in accordo con Arcadia & Ricono Ltd per gentile concessione di ICM partners c/o ICM Partners c/o Concord Theatricals Corporation.
Teatro Quirino, Roma, dal 22 al 27 novembre 2022.
Prossime date:
Teatro delle Muse, Ancona, dall’ 8 all’11 dicembre 2022.
Teatro Sociale, Trento, dal 15 al 18 dicembre 2022.
Teatro LAC, Lugano, dal 21 al 22 dicembre 2022.