È un battito a tre quello di Cuòre, sincronizzato e perfetto. Lo si sente subito, porgendo l’orecchio, oltre il rombo molesto della motosega. Ma anche in quel rombo c’è un senso che aspetta. Lo si comprende un attimo dopo. Basta porgere il cuore. Cuòre. Sostantivo maschile è un testo originale scritto su commissione a partire dalla vita delle due committenti. E di questi tempi, potrebbe anche bastare. Tra brutte copie di inarrivabili classici, rivisitazioni malate di archetipi sani, drammaturgie minimal, para, pseudo engagée che confidano in sprovveduti disorientati e sinceri, questo sembra un piccolo miracolo di rinascita e resistenza.
Rinascita da due anni di buio e resistenza a tutto quello che abbaglia di luce fittizia. Qui si tratta di ritrovare uno spiraglio in penombra dove accucciarsi per riprendere vita, un poco alla volta. Ma si tratta anche di guardare nel buio senza paura. Si tratta di non avere paura di esistere, ovvero di mettersi a nudo. Si tratta di raccontare di sé per raccontare di tutti, che è l’esatto contrario dell’autoriferimento. Ecco allora che due attrici di ottimo corso, amiche e complici nella ripresa, cercano la complicità di una terza persona, una donna, un’amica, un’autrice che le sappia ascoltare, soprattutto ascoltare. Come? Raccogliendo un filo lasciato in sospeso, riannodando un cordone ombelicale reciso, ripercorrendo a ritroso un tracciato fitto di impronte che riposano esili sotto veli di polvere e chiedono a gran voce di venir dissepolte.
Le voci sono quelle di Daniela Giovanetti e Alvia Reale e l’orecchio esercitato all’ascolto quello di Angela Di Maso, artefice di una tessitura libera e insieme fedele a una materia che vibra di vita e come tutte le vite è piena di nodi da sciogliere: con dolore o divertimento, con piacere, ironia, coraggio, rabbia, risentimento. C’è anche il risentimento tra le maglie di questo ordito di emozioni che si rincorrono. Un risentimento che ha trovato la sua nemesi e quindi la sua quiete. Forse persino il suo gioco che si ripete ogni sera e ogni sera è una piccola grande catarsi. Finalmente ho trovato le parole per dirlo. Finalmente vi scaravento in faccia la verità. È stato un genio, d’accordo, ma «cattivo come la merda». Alvia ce l’ha con quel regista che l’ha liquidata perché aspettava un bambino («Hai fatto la tua scelta»), ma ce l’ha con un mondo tutto che ti fa fuori se non stai al gioco, o, ancora di più, se non ne vuoi far parte. I teatri nazionali, gli attori nazionali, i critici nazionali, tutti al muro, tacitati dal rombo di una motosega brandita come uno spauracchio. È la prima scena, tra il furibondo e il comico, attraverso la quale veniamo tirati dentro, senza più riuscire a uscirne.
E forse è per questo che mi riesce difficile raccontare da fuori quello che è successo lì dentro. Ci sono due vite intere che si dispiegano in poco più di un’ora, ci sono gli interlocutori dell’una e dell’altra, gli albori di due vocazioni diverse che poi si ritrovano in uno sforzo comune. C’è la mamma di Alvia, presenza innervata nel suo corpo di figlia, viva anche dopo un funerale in tempo di covid dove la chiesa è spettrale e vuota di gente; c’è il padre di Daniela, tutto da indovinare, cercare e ritrovare come il premio di una mosca cieca infantile, a passo di danza. Ci sono discorsi interrotti da riannodare come si può o da elaborare come immeritati ingombri sul cuore. Ma c’è anche il cuore che scoppia dal ridere e che si fa beffe di pregiudizi, equivoci, luoghi comuni. Sesso, desiderio, preliminari sì e no, pratiche varie di sconfinamento, raccontate e mimate anche grazie a una regia che è davvero uno spasso. Firmata da Alvia, gioca con scene e controscene, siparietti cantati, tributi ilari alle celebrità, raccoglimenti intimi nella memoria racchiusa nei pizzi e nei centrini lavorati a mano, in un tempo che fu. E infine ci sono i loro animali, anzi ci sono loro, i veri animali. Un cane e un gatto, forse una gatta, che ci osservano non visti. Non dico di più, perché il minimo spoiler sarebbe un peccato.
I costumi di Sandra Cardini sono un valore aggiunto di qualunque spettacolo: essi stessi capaci di raccontare una storia che si offre all’immaginazione, vestono non solo gli attori ma le parole, ora con pertinenza ora con dissonanza. Ma il risultato è un unico cuore che batte all’unisono e chiede ai nostri di unirsi in un solo grande respiro che abbraccia e guarisce.
Cuòre. Sostantivo maschile
drammaturgia Angela Di Maso
dalla Storia di Alvia e Daniela
con Daniela Giovanetti, Alvia Reale
regia Alvia Reale
costumi Sandra Cardini
spazio scenico, luci, immagini Francesco Calcagnini
assistente alla regia Ilaria Iuozzo
assistente ai costumi Thiago Marcondes.
Produzione Gruppo della Creta.
Teatro Basilica, Roma, dal 5 al 17 ottobre 2021.
Teatro Satiro Off – Casa Shakespeare, Verona, 28 ottobre 2021.