Roma è fatta di isole, come ha messo bene in luce lo scrittore Marco Lodoli. Luoghi meno esplorati di altri, in cui vale la pena sostare per riconciliarsi con la città, trovare un modo nuovo di abitarla.
Il Teatro Basilica di San Giovanni è una di queste isole e Frammenti è il nuovo progetto teatrale, con cui ha inaugurato il 30 settembre la stagione di quest’anno. Perché frammenti? Perché è ciò che resta dopo l’esperienza di questi mesi di chiusura e ciò da cui bisogna ripartire per ripensare e dare vita a una nuova forma di narrazione. Il teatro, infatti, in quanto da sempre forma di espressione collettiva, non può ignorare il cambiamento avvenuto nella nostra società a seguito della pandemia. Ciò che può fare però è ascoltarlo, elaborarlo e provare a metterlo in scena.
Il Teatro Basilica, oltre a riaprire le sue porte al pubblico, continua a portare avanti un’idea diversa di teatro, che dia spazio alla nuova drammaturgia e che accolga nuove forme di sperimentazione, permettendo l’incontro tra generazioni diverse. È quello che accade con D.N.A – Dopo la Nuova Alba, scelto come spettacolo di apertura.
Il Gruppo della Creta – compagnia residente del Teatro Basilica – che lo ha portato in scena, si è formato con l’idea di costruire un teatro collaborativo, più somigliante a una cooperativa che a una compagnia teatrale. Il nome che hanno scelto è ispirato ad un esercizio di teatro che Vittorio Gassman proponeva ai suoi allievi e che consisteva nel mostrare come la creta, a contatto con l’acqua, possa assumere infinite forme. Gli attori del gruppo infatti, proprio come questo materiale, sono pronti a trasformarsi continuamente, a non fissarsi, come un’incisione sul marmo, in un’idea rigida di teatro.
Il testo D.N.A – Dopo la Nuova Alba è di Anton Giulio Calenda, che esplora la dilatazione dello spazio e del tempo causata dal processo inarrestabile della globalizzazione. Per la seconda volta il regista Alessandro Di Murro sceglie di mettere in scena un suo lavoro, dopo il fortunato successo di Generazione XX. Ad attirarlo verso questa drammaturgia è una frase in particolare: «La rivoluzione è il destino degli esclusi». E in effetti queste parole racchiudono il senso più profondo dello spettacolo, in cui si intrecciano tre storie. Tutti i personaggi che incontriamo sono inquieti: due pellegrini nel deserto senza più riferimenti, una giovane donna rinchiusa in un manicomio, assetata di giustizia, e un ministro conservatore che disperatamente ricerca consensi. Eccoli i primi frammenti da ricostruire. Lo spettatore, esattamente come chi è alle prese con un puzzle, all’inizio è disorientato. Ma piano piano i tasselli cominciano a combaciare e quelle che apparentemente sembravano solamente storie diverse trovano il modo di incontrarsi.
Il Gruppo della Creta realizza con questo spettacolo un lavoro originale e necessario, dimostrando che il teatro, per svolgere fino in fondo la sua funzione catartica e collettiva, deve essere capace di ascoltare le trasformazioni e i traumi della comunità e farsene portavoce. In un momento storico di smarrimento come quello che stiamo attraversando, sapere che esiste un gruppo di giovani attori talentuosi, che lavora alla realizzazione di progetti validi come questo, è un segnale forte di speranza e di fiducia verso la possibilità che, dopo questa lunga notte, ci aspetti, come suggerisce il titolo dello spettacolo, una Nuova Alba.
D.N.A – Dopo la Nuova Alba
di Anton Giulio Calenda
regia Alessandro Di Murro
un progetto del Gruppo della Creta
con Jacopo Cinque, Alessio Esposito, Maria Lomurno, Eleonora Notaro, Laura Pannia
musiche originali di Enea Chisci
scene e costumi Laura Giannisi
aiuto regia Tommaso Cardelli
assistente alla regia Jessica Miceli
vocal coach Pamela Massi
direttore di produzione Pino Le Pera
grafica Studio Turandò
compagnia Gruppo della Creta
prodotto da Fattore K.
Teatro Basilica, Roma, dal 30 settembre all’11 ottobre 2020.