ROMA HEROES – Festival Internazionale del Teatro Rom – Generazioni si è svolto a Roma i primi di ottobre coinvolgendo, per la prima volta in Italia, artisti con diverse origini in proposte artistiche multidisciplinari. Il festival, nato nel 2017, è parte del progetto Diverse Roma Theaters for Inclusive Europe 2023, patrocinato dall’European Education and Culture Executive Agency. Oltre che in Italia, la manifestazione si svolge anche a Bucarest e a Budapest, unendo gli artisti nello sforzo condiviso di promuovere l’inclusione e la diversità attraverso il teatro per sfatare i pregiudizi che ancora abitano le coscienze.
Il programma della tappa italiana – promosso da Rampa Prenestina e organizzato in collaborazione con il Tavolo Cultura di Spin Time Labs – ha proposto performance, laboratori, incontri e mostre tematiche con le comunità rom e anche una tavola rotonda dal titolo La voce ai margini per approfondire le tematiche della cultura rom ed illustrare la natura e gli obiettivi del festival.
Per capire meglio le intenzioni del progetto, unico nel suo genere, abbiamo intervistato il direttore artistico, Sebastiano Spinella. La sua biografia personale, e professionale, è legata alla cultura romaní, il suo lavoro nel sociale si ispira al pensiero di Paulo Freire, pedagogo brasiliano, e alle sue idee sull’educazione all’arte e alla bellezza; a José Antonio Abreu Anselmi musicista, attivista politico ed educatore venezuelano e alle orchestre giovanili nelle favelas, da cui provengono artisti che oggi sono direttori d’orchestra e strumentisti di fama internazionale.
«Ho iniziato il mio impegno nel Teatro Sociale», dichiara Spinella, «perché ho scoperto di avere radici rom. L’ho sempre sospettato, ascoltando alcuni racconti di mia nonna, ma era una sorta di tabù in famiglia. Così ho deciso di riappropriarmi di queste radici e l’ho fatto attraverso il lavoro sociale».
Emigrato dalla Sicilia in Danimarca, Spinella a diciotto anni si unisce ad una piccola compagnia di marionettisti svedesi e norvegesi, il cui nome, markustavatt marionettist, in finlandese vuol dire marionette viaggianti. Attraversa in lungo e in largo la Scandinavia e si avvicina al teatro di strada: «nel nord Europa», afferma, «il teatro di strada, diversamente da quello che accade in italia, è un’arte rispettata e sostenuta dalle istituzioni». Più tardi lavora con Dario Fo e collabora per quindici anni con il Teatro de los Sentidos, guidato dal regista e antropologo colombiano Enrique Vargas (Premio UNESCO per il teatro antropologico). Dal 2002 ritorna in Italia con progetti di musica e teatro in contesti sociali disagiati. In particolare, dal 2007, attraverso le attività dell’associazione Rampa Prenestina di cui è Presidente, lavora con gli abitanti del campo rom di via Gordiani, nella zona di Roma Est dove aveva sede l’Associazione. È uno dei pochi campi ancora abitati a Roma e raccoglie una comunità di circa duecentocinquanta persone. Molti dei loro ragazzi hanno frequentato quotidianamente, per anni, le attività promosse dall’Associazione: corsi di fotografia, circo, musica, teatro. «Ogni anno», continua Spinelli, «abbiamo realizzato piccoli spettacoli-concerto in occasione delle feste di quartiere e nelle scuole. I ragazzi hanno avuto così la possibilità di presentarsi nel contesto sociale in cui vivono sotto un’altra veste, hanno potuto percepirsi come cittadini attivi e non appartenenti ad una realtà isolata».
Hanno arricchito il programma del festival due produzioni della compagnia teatrale Rampa Prenestina, composta da professionisti e giovani in formazione, fra cui ragazzi provenienti dalla stessa comunità rom con cui Spinella lavora da quindici anni. Aspettando Bo (adattamento e regia di Claudia Sorrentino), rielabora il tema del capolavoro di Samuel Beckett, sovrapponendo l’attesa di Vladimiro ed Estragone a quella di due ragazzi nati e cresciuti nel campo rom di Via Gordiani che condividono le loro inquietudini, storie e contraddizioni di vita. Romnia, (che significa “donna”) la seconda e più recente produzione della compagnia (adattamento e regia di Nino Racco, ideazione e aiuto regia di Sebastiano Spinella), approfondisce il ruolo della donna nella cultura rom mettendo in scena la storia di tre generazioni al femminile. In scena donne e uomini durante i preparativi della festa di Santa Sarah, un giorno importante per la comunità rom. Mentre preparano la statua della “santina” per la festa, ci invitano ad una riflessione profonda e poetica sull’universo e sul ruolo femminile fra archetipi, tradizione e futuro. Il pubblico viene alla fine direttamente coinvolto nella processione di Santa Sarah e partecipa, cantando, al corteo fino ad uscire dal teatro.
Sono stati molti i momenti di incontro e di partecipazione a questa festa teatrale collettiva dedicata alla cultura rom. Giulia Massimini, responsabile dello staff organizzativo di Spin Time, racconta come fra gli appuntamenti in programma siano nati scambi improvvisati, con musica, canto e danza, fra gli artisti. Questi dialoghi fuori programma hanno coinvolto spesso il pubblico, i tecnici e gli organizzatori: una grande forza di coesione sprigionata dalla musica e dal teatro, a testimoniare ancora una volta come l’arte possa concretamente riunire e cementare la comunità.
Fra gli eventi sono stati presentati, in prima nazionale, anche nuovi spettacoli teatrali dall’Ungheria e dalla Romania. «Il pubblico ha accolto molto bene gli spettacoli stranieri in lingua seguendo la traduzione con i sopratitoli, cosa non scontata», dice la Massimini, «considerando che non ci sono in Italia molte occasioni di incontro con la cultura non italiana».
Partecipata e coinvolgente è stata l’esibizione dell’orchestra Taraf de Metropolitana Musica Nomade, guidata dal Maestro Moni Ovadia che ha voluto anche prendere la parola per affermare la sua solidarietà all’iniziativa e la vicinanza al luogo che l’ha ospitata, un posto speciale: gli spazi di Spin Time Labs, in via di Santa Croce in Gerusalemme 55, fanno parte di uno stabile occupato che ospita ai piani superiori centosessanta famiglie di oltre venticinque nazionalità differenti. È una realtà che rischia lo sgombero, ma che da dieci anni rappresenta un miracolo di inclusione e coesistenza multiculturale, pacifica, organizzata e solidale, coadiuvata dai progetti e dalle iniziative aperte al quartiere che il “il tavolo cultura” organizza. Non a caso il festival ha scelto come sede questo luogo simbolico di rigenerazione urbana e solidarietà: «si può vivere in armonia, si può vivere nel rispetto reciproco, nel riconoscimento reciproco, e questo luogo lo dimostra», dice Ovadia, «si allarga il cuore a venire qui».
Durante il festival, molto incisiva è stata la presenza del gruppo Giuvlipen: il primo collettivo teatrale femminista rom indipendente in Romania (il termine giuvlipen significa “femminismo” in lingua romanì). Il gruppo, fondato nel 2014 dalle attrici Mihaela Dragan, Zita Moldovan e Elena Duminica insieme al regista Mihai Lukacs, ha presentato il Concerto Trap al femminile e lo spettacolo Virale per TikTok. Il linguaggio, lo stile e le tematiche di entrambe le esibizioni hanno attratto un pubblico di giovani e giovanissimi, i quali hanno seguito con entusiasmo anche la stand-up comedy Rom v.s. Everybody – dove Rasid Nikolic ha risposto alle domande del pubblico sulla cultura rom, sfatando pregiudizi e luoghi comuni – e lo spettacolo dal titolo liberatorio Coming Out Etnico, orgogliosi di essere Rom e Sinti di Ivana Nikolic.
Per avere notizie sull’intero progetto e per conoscere meglio gli artisti che hanno attraversato le diverse edizioni del festival dal 2017 ad oggi è possibile consultare l’archivio Roma Heroes – Digital Collection of European Roma Theater and Drama al sito: https://romaheroes.org/ oppure il sito: https://independenttheater.hu/en/roma-heroes-festival/.
Ricordiamo inoltre che la conclusione di ROMA HEROES è prevista a Budapest, dal 27 novembre al 3 dicembre 2023 e si svolgerà presso il centro culturale Eötvös10, sotto la direzione dell’Independent Theater Hungary e con la partecipazione di compagnie teatrali rom ungheresi, svedesi, italiane e rumene.