Se Giuda potesse parlare di Renata Savo

Foto di Luigi Cerati

A Roma, dopo il Teatro Vascello e il Teatro di Roma, anche il Teatro Lo Spazio, situato alle spalle della Basilica di San Giovanni, è approdato nell’era post-covid riaprendo le sue porte lo scorso 6 maggio. Qui, fino a domenica 9, è in scena Maximilian Nisi con Giuda, un testo di Raffaella Bonsignori che narra la versione dei fatti del discepolo di Gesù passato alla storia per essere il traditore di Cristo, colui che con un bacio, per trenta denari, portò al riconoscimento del figlio di dio e alla sua crocifissione. Nella scrittura intensa di Raffaella Bonsignori, Giuda è una sorta di spirito dall’oltretomba che immagina di rivolgersi direttamente al Dio padre per tentare una rivalsa nei confronti della Storia, quella che gli ha addossato le colpe della morte di Gesù e lo ha destinato all’imperitura fama di personaggio negativo per antonomasia. L’uomo tratteggiato in questo spettacolo ha tradito per troppo amore, un amore ovviamente malsano, e il famoso bacio, quindi, non era che «una parte della verità». Anche se un dubbio in alcuni momenti sfiora lo spettatore, non si tratta di un amore omosessuale, ma di una vera e propria voragine affettiva: «Eravamo tutti uguali. E questo era un problema… sì… perché noi uomini siamo meschini: per sentirci amati, abbiamo bisogno di vedere il non-amore posarsi sugli altri (…) E più Gesù amava tutti più noi facevamo follie per diventare speciali ai suoi occhi, cosa che, oltre a renderci abbastanza ridicoli, gli dava un potere enorme su di noi». Gesù viene, nelle parole di questo Giuda, spogliato della sua natura divina e ricondotto su un piano di mera umanità, con riferimenti anche alla sua passione per le donne, «piene d’amore», soprattutto per Maria Maddalena.
Lo spettacolo è accompagnato dalle musiche di Stefano De Meo, che ricreano suggestive atmosfere emotive conferendo dinamismo e ritmo a un monologo che, per la sua trasposizione sulla scena, curata da Maximilian Nisi, sarebbe risultato altrimenti troppo statico. Non bastano, infatti, le proiezioni alle spalle, la “video art” di Marino Lagorio, a conferire movimento al bel testo della Bonsignori, su cui anche l’interpretazione vocale di Nisi si articola bene, merito il tappeto sonoro, mai invadente o soverchiante, fatto di strumenti musicali diversi e leitmotiv. Ciò che non convince, o che non appaga lo spettatore ritornato finalmente a teatro dopo sei mesi di astinenza, è la scelta di confinare il corpo a una porzione esigua e laterale del palco, quasi interamente vuoto. Nella semioscurità. Inchiodato in un angolo della scena. Su un “trono” che allude a una prigione, con uno schienale segnato da sbarre, Nisi infatti giace per la maggior parte del tempo di spalle al pubblico. Sembra recitare più per se stesso che per gli spettatori. E se da un lato ci lascia l’amaro in bocca perché in questo momento desideriamo più che mai guardare l’altro nel volto libero da dispositivi di protezione, quasi una “fantasia” concessa almeno a teatro, dall’altro lato emerge, in modo prepotente, il valore sonoro dello spettacolo, la sua totale riuscita sul piano vocale e musicale. 

Giuda
di Raffaella Bonsignori
a cura di Maximilian Nisi
musiche Stefano De Meo
video art Marino Lagorio
costumi Tiziana Gagliardi
elementi scenici Luigi Sironi
aiuto Paola Schiaffino
coordinamento Cristina Ferrazzi
si ringrazia per la collaborazione la Sartoria Farani di Roma
foto di scena Luigi Cerati
produzione Centro Mediterraneo delle Arti, Festival Teatrale di Borgio Verezzi.

Teatro Lo Spazio, Roma, dal 6 al 9 maggio 2021.