Tra il 29 settembre e il 5 ottobre 1944, alle pendici del Monte Sole del comune di Marzabotto (Bologna), le truppe nazifasciste tedesche guidate da Walter Reder commettono una serie di stragi dei civili che sostenevano i partigiani italiani del territorio. Trovano la morte circa 770 persone, 216 delle quali sono costituite da giovani al di sotto dei 12 anni (cfr. ora per approfondire Luca Baldissara, Paolo Pezzino, Il massacro: guerra ai civili a Monte Sole, Bologna, Il Mulino, 2009). Tre anni più tardi, nel 1947, Italo Calvino pubblica con Einaudi il suo primo romanzo Il sentiero dei nidi di ragno. Qui il narratore racconta, attraverso lo sguardo di un bambino di 10 anni di nome Pin, la guerra di resistenza dei partigiani contro le truppe tedesche, alternando il resoconto realistico alla descrizione favolistica e poetica. Il giovanissimo protagonista trova infatti periodicamente rifugio dal mondo dei grandi, ossessionati dal sangue e dal sesso, in un’area naturale dove i ragni fanno i loro nidi, incuranti della guerra umana che intanto continua inesorabile il suo corso. Il 13 luglio 2019, infine, un ragazzo di 13 anni (Marco Mochi Sismondi) recita, all’interno dello spettacolo Cos’è un GAP? Dialogo ludico sulla Liberazione di Ateliersi, le parole del romanzo di Calvino di fronte al monumento commemorativo dei civili di Marzabotto, insieme ad altri tre membri della compagnia (la madre Fiorenza Menni, il padre Andrea Mochi Sismondi, l’attrice Eugenia Delbue). Attraverso il corpo e la voce di questo giovanissimo artista, vengono dunque concentrati quattro anni di storia italiana (1944-1947) e riscattate le esistenze dei 216 bambini deceduti prematuramente. I morti trovano in un vivo il riflesso della vita che non hanno avuto modo di proseguire.
Abbiamo dunque tre livelli temporali che si sovrappongono in Cos’è un GAP? Anzitutto, il passato della Resistenza e degli uomini, delle donne, dei bambini che parteciparono alla stessa. Segue il tempo irreale e sospeso del romanzo di Calvino: un tempo in cui la realtà storica viene trasfigurata e reinterpretata dal gioco della letteratura. Si sovrappone, infine, il piano temporale del presente del teatro. Il corpo e la voce degli attori si fanno carico delle parole di Calvino, costruendo un gioco teatrale dentro al gioco letterario. Le parole già anti-retoriche del romanzo sono rese ancor più ironiche con la distruzione della quarta parte e l’uso di un dispositivo ludico.
Il dispositivo in questione è rappresentato dal gioco della tombola. Gli attori della compagnia Ateliersi distribuiscono al pubblico alcuni volantini cartonati con numerose citazioni de Il sentiero dei nidi di ragno. Ciascuno degli spettatori ha la possibilità di vincere in premio uno o più romanzi italiani sulla resistenza facendo “ambo”, “terna”, “quaterna”, “cinquina” e “tombola”, segnando sul proprio tabellone le parole che corrispondono a quelle pronunciate da Marco in scena. L’operazione teatrale crea un effetto di voluto distanziamento rispetto alla materia letteraria e consente agli spettatori di diventare parte attiva della narrazione, in un duplice senso. Da un lato, essi sono costretti a ricostruire da sé il contesto e la progressione del romanzo, ossia si calano nel personaggio di Pin e formulano le stesse riflessioni del giovane protagonista. Esse comprendono frasi come «c’è un oscuro culto del sangue in lui», o domande quali «E perché si combatte allora?» e soprattutto «Cos’è un gap [Gruppi di Azione Patriottica]?». Dall’altro lato, gli spettatori sono obbligati dalla tombola a soffermarsi più sul significato delle parole di Calvino e sui nessi che le varie citazioni intrattengono tra loro, piuttosto che sul loro ritmo e sulla loro forma. Tale gioco serve allora a focalizzare l’attenzione su quello che Calvino ha da dire sulla poesia e sulla storia, nonché a riverberare questo contenuto sul presente.
Si crea così un curioso paradosso. Il massimo distanziamento creato dal dispositivo della tombola comporta negli spettatori un estremo avvicinamento alla riflessione poetica di Calvino sulla resistenza, o più in generale al tentativo di ragionare sul genuino istinto umano a combattere per degli ideali di giustizia. Non a caso, il sottotitolo dello spettacolo riporta che ci troviamo di fronte a un Dialogo ludico sulla Liberazione. “Ludico” perché centrale resta pur sempre il gioco del teatro. Ma è appunto anche un “Dialogo”, in quanto lo spettacolo intende incitare gli spettatori a prendere posizione decisa sulle questioni o sulle domande che il giovane Pin pone ai grandi che, spesso, male ragionano e su ben poco si interrogano.
Sulla scia della sua concezione estetico-politica, dunque, Ateliersi concepisce il classico di Calvino come un tramite e non come un fine. Scopo del loro teatro è, in questo caso, invitare a riflettere su che cosa significhi “resistere”, sul perché si lotti e sul modo in cui occorre prendere posizione. Il fatto che problemi così gravi siano posti dal gioco di un bambino che nemmeno sa che cosa sia un gap o «Gruppo di Azione Patriottica» dimostra solo che dall’infanzia – apparentemente semplice e ingenua – vi sia in realtà molto da imparare. Infatti, che cosa sia un gruppo di azione che sa resistere alla barbarie va ancora capito, o addirittura costruito. Il gioco si rivela essere un’attività serissima di carattere conoscitivo e propulsivo.
Cos’è un GAP? Dialogo ludico sulla Liberazione
di e con Fiorenza Menni e Andrea Mochi Sismondi
con Eugenia Delbue e Marco Mochi Sismondi
da Il sentiero dei nidi di ragno di Italo Calvino
musiche Hazina Francia e Vincenzo Scorza
progetto sonoro Vincenzo Scorza
design grafico Diego Segatto
foto di scena Ateliersi.
Bologna Estate 2019, Parco Storico di Monte Sole, Marzabotto, 13 luglio 2019.
Prossime date:
Teatro delle Ariette, Castello di Serravalle, Valsamoggia, 15 agosto 2019.
Festival Resilienze, Serre dei Giardini Margherita, Bologna, 12 settembre 2019.