Stando ai dati più recenti il suicidio sarebbe la seconda causa di morte tra i dieci e i venticinque anni. Giovani, ragazzi, bambini. Vittime di un malessere che non trova le parole per essere detto e che quindi diventa disperazione. Perché il “come parliamo delle cose fa la differenza”. Una battuta che arriva dalla versione di Risveglio di primavera della giovane compagnia PoEM (Potenziali Evocati Multimediali) che all’interno della stagione del Teatro Ateneo della Sapienza, a Roma, ha riproposto lunedì 11 e martedì 12 novembre 2024, uno spettacolo che è ormai repertorio: il testo di Hans Wedekind scritto nel 1890 e rappresentato per la prima volta nel 1906 da Max Reinhardt al Deutsches Theater di Berlino, qui allestito con la regia di Gabriele Vacis e una drammaturgia che vive anche di didascalie e inserzioni personali, note, commenti, citazioni dal nostro tempo presente come le canzoni di Fabri Fibra o di Madame, testimonianze di vita dirette a corroborare il testo di Wedekind e la sua mai superata attualità.
L’adolescenza e i suoi affanni, la confusione, il carico di domande che non trovano risposta o semplicemente non la ottengono perché chi sarebbe tenuto a rispondere non è attrezzato per farlo, non riguarda soltanto un’epoca storica in cui la censura ha fatto i suoi danni, come nel caso di questo testo che dovette attendere ben sedici anni per essere rappresentato, ma è una fase della vita di ciascun individuo, a qualsiasi latitudine e in qualsiasi epoca.
L’adolescenza è uno stato del corpo che si trasforma senza avvertirti, un turbamento della coscienza che non sa decifrare emozioni nuove, pulsioni prepotenti e ancora sconosciute. “A quell’età tutto ci capita per la prima volta”, ci comunica il giovane attore che ora ricorda la “vergogna”, la “confusione”, e quella “vocina” che sì gli parlava in modo insistente ma in una lingua che lui non aveva ancora imparato. Tutto assume proporzioni falsate, i successi e le sconfitte, una bocciatura a scuola, i silenzi e i tentennamenti dei genitori, il rifiuto. Ristabilire un equilibrio, riconquistare la pace dopo il conflitto intestino dei sensi, sciogliere i nodi e smascherare gli inganni della mente, comprendere i desideri del cuore e il rumore sordo di sentimenti abbozzati, districare quel turbinio di emozioni che soltanto qualche anno più tardi ci farà apparire a noi stessi ridicoli, esige un linguaggio che si metta a servizio, esige che qualcuno si assuma la responsabilità di fare da tramite tra quelle intermittenti vocine e la paura di ascoltarle o l’incapacità di interpretarle.
È quello che Wedekind ha fatto circa centotrent’anni fa: raccontare per la prima volta l’adolescenza, parlare di educazione sentimentale e sessuale, di stupro, abuso minorile, omosessualità, suicidio, verginità, aborto. Suscitando scandalo e subendo censure. Eppure, anche oggi che scandali e censure suonano anacronistici, resta intatta la necessità di un discorso dedicato.
Questo lavoro è un dichiarato atto di gratitudine nei confronti dell’autore e una presa di posizione di fronte al silenzio, alla svogliatezza e alla superficialità che resiste nell’affrontare certe questioni.
“Oggi chi si assume la responsabilità?” – chiede un’attrice – “Wedekind se l’è presa”. E ancora: “dove impariamo, oggi, quando no vuol dire no e quando no vuol dire continua?”. Come distinguiamo quel confine sottilissimo che passa tra consenso e soggezione? Tra consapevole intenzione e innocente curiosità?
La risposta è questo Risveglio poetico, delicato, a tratti commuovente, che si evolve secondo gli stilemi registici di Vacis, già maestro dei nove interpreti alla scuola del Teatro Stabile di Torino: capillare lavoro sul corpo e sul suono, impiego di tutte le risorse di ciascuno, sia fisiche sia vocali, coordinazione delle singole parti per dare vita a un organismo ulteriore, che le assorbe e racconta senza annientarle, sollecitazione all’ascolto costante, attiva presenza in scena anche quando non si è direttamente coinvolti.
Il risultato è uno spettacolo fluido, coeso, che trova ragione non solo nei contenuti ma nella caratteristica forma, che prevede accanto a momenti più didascalici, la restituzione di scene vissute, le più forti, come lo stupro incominciato per gioco e l’aborto clandestino che porterà alla morte di una poco più che bambina.
Risveglio di primavera
di PoEM
regia Gabriele Vacis
con la compagnia PoEM
allestimento e scenofonia Roberto Tarasco.
Nuovo Teatro Ateneo, Roma, 11 e 12 novembre 2024.