Se in questi giorni doveste trovarvi a Genova, andate assolutamente a vedere la mostra 100Luzzati che fino al 6 gennaio è allestita al Teatro della Tosse. Il percorso espositivo è dedicato a Emanuele Luzzati, illustratore e scenografo genovese che della sua arte – anche se preferiva definire se stesso un artigiano piuttosto che un artista – ha riempito le scene per spettacoli di registi illustri, da Alessandro Fersen a Franco Enriquez, da Gianfranco De Bosio a Luigi Squarzina, e con Aldo Trionfo e Tonino Conte fu tra i fondatori del Teatro della Tosse. La mostra nasce da un’iniziativa della Fondazione Luzzati-Teatro della Tosse, presieduta da Emanuele Conte, per celebrare il centenario dalla nascita. Ci siamo recati in novembre a Genova in occasione del festival Testimonianze, ricerca, azioni di Teatro Akropolis, compagnia fieramente attiva anche in termini di relazioni coltivate con le realtà del territorio, e siamo venuti a conoscenza di questa mostra cogliendo l’occasione per fare un salto.
Bellissima e interattiva, 100Luzzati si articola in più aree differenti che riflettono la moltitudine e la poliedricità dell’immaginario e delle tecniche adottate da Luzzati. Illustratore, scultore, pittore, decoratore, ceramista. Luzzati ha lasciato un mondo di immagini e di forme sorprendenti e affastellatissime, e la mostra recupera proprio quest’ampiezza e molteplicità attraverso la fruizione di un percorso articolato fra più spazi e linguaggi. Emanuele Luzzati nacque e morì a Genova, città cui rimase per sempre legatissimo, la trovava più bella e affascinante di tutte le città del mondo che avesse conosciuto in sessant’anni di carriera. «A Genova scopri sempre qualcosa di nuovo che ti sorprende», diceva spesso Luzzati, come ricorda Tonino Conte in un volume edito nel 2001, e ripubblicato dopo la sua morte, Emanuele Luzzati – Lo scenografo della porta accanto (Edizioni della Tosse). Genova è la città dai mille volti. Porto di mare stratificato, a livello culturale e urbanistico. E così sono i disegni, i collage, le tavole, gli oggetti, le decorazioni, i personaggi, i vasi di Emanuele Luzzati. Donne con tre seni, quattro gambe, lune antropomorfe, «magrezze spettrali e grassezze oscene: creature forse ridicole, forse mostruose. Per inventarle pareva che Luzzati avesse allegramente mescolato Bosch con Ionesco, Picasso con Topor», come scrive puntualmente Tonino Conte.
Così, al Teatro della Tosse, non mancano in mostra, e anche acquistabili, marionette, burattini, pupazzi, maschere. Tavole digitali interattive fanno incontrare l’”uomo” dietro l’artista, i suoi rapporti di collaborazione, i fruttuosi sodalizi. In sala siedono figure che impersonano caratteri e maschere comiche, il palcoscenico pullula di creature antropomorfe, un re solitario e panciuto, una donna sbracata e distesa comodamente su una poltrona; in alto, a incorniciare la platea, una sfilza di tarocchi in scala umana, simboli esoterici, ed è fortissima, in generale, sempre pulsante, magmatica, questa dimensione oscura e lunare nell’immaginario di Luzzati. E proprio l’altrove, come nei tagli di Lucio Fontana – che pure in qualche modo si apparenta cronologicamente con Emanuele Luzzati detto “Lele” – è presente concettualmente in questo percorso espositivo che conduce fino a oltrepassare quella soglia simbolica per antonomasia, il sipario. Dietro, infatti, un’opera di videoarte che avvolge il fruitore a trecentosessanta gradi, in cui si susseguono, animate, incrociate, mescolate, dissolte l’una dentro l’altra, re, regine, pagliacci, cavalli, cavalieri, maghi, terra, acqua, fuoco, sole, luna, stelle. I personaggi e gli elementi naturali che popolano la mente di Luzzati rivivono sullo schermo consegnandoci in forma di film il messaggio più alto della sua poetica, e cioè che la fantasia è un esercizio sconfinato, un esperimento che funziona se si resta fanciulli nello sguardo. Perché la magia dell’arte emerge dal basso e un cappello su una sedia può costruire, sinteticamente, l’idea di una figura umana. «Un bambino, la prima cosa che fa è giocare. Se uno ha la fortuna, continua a giocare per tutta la vita» (E. Luzzati).