Ho visto, nell’agosto scorso, programmato dal Festival di Mezza Estate a Tagliacozzo, in Abruzzo, Uno, Nessuno, Centomila, interpretato da Enrico Lo Verso con la regia di Alessandra Pizzi che ha pure curato l’adattamento del testo pirandelliano, frutto di una sua ricerca universitaria, centrata sui significati ancora attuali dell’opera.
Spettacolo senz’altro fortunato, visto già in un paio di stagioni da moltissimi spettatori. Credo che sia Enrico Lo Verso, conosciuto quasi esclusivamente per le sue performances cinematografiche di notevole valore, sia il nome di Pirandello, abbiano agito da richiamo forte; poi, senza dubbio, avrà anche agito, ai fini del successo, il passa parola circa l’interesse che provoca la messa in scena che ha senza dubbio una sua forza di attrazione molto efficace sullo spettatore.
Io credo che la chiave di lettura che fin nel concepimento dello spettacolo hanno usato drammaturgicamente la Pizzi, e come presenza scenica l’attore siciliano, sia quella che a suo tempo un filone di studi sul grande scrittore ha individuato, vedendo in molti personaggi pirandelliani una caratteristica loro tendenza al recitare, all’essere e al fare gli attori nell’ambito delle loro rispettive fabulae.
Avviene, così, che più che un monologo quello recitato da Lo Verso sia piuttosto un monodramma, dove l’attore riveste più personaggi, dando voce e movenze fisiche al protagonista Vitangelo Moscarda, alla di lui moglie, all’amica Anna Rosa, e ad altre secondarie figure. Ottima scelta drammaturgica, che muove il testo assicurandogli energia drammatica, e che ravviva la tessitura narrativa dello spettacolo.
Naturalmente sto parlando di un’opera chiave di Pirandello, di un romanzo che, uscito in versione definitiva nel 1926, fece dire ad Einstein in persona che lo scrittore si apparentava a lui nel concepire il mondo e la vita umana come dimensioni relativistiche.
Ho notato, durante la replica a cui ho assistito, un’attenzione silenziosa e attenta del pubblico, lungo tutti i 75 minuti della rappresentazione. Il merito è soprattutto di Lo Verso, che, con la sua pronuncia siciliana, tale da rendere la lingua pirandelliana ancor più legata ad uno stile espressivo da italiano fortemente regionale, con coloriture dialettali, rende molto credibili, spesso gustosi, i personaggi a cui via via dà voce.
Lo stesso Vitangelo-Lo Verso, vestito con una sorta di veste bianca da guru orientale, o di casacca che richiama certi abbigliamenti alla Franco Battiato, e\o richiamante i danzatori sufi, riesce a catturare l’attenzione con la narrazione del suo percorso certamente anche filosofico oltre che esistenziale, teso, in finale, alla radicale realizzazione del Sé: balla dalla ricchezza familiare al ritiro finale in un luogo di raccoglimento immedesimandosi nell’hic et nunc della vita cosmica.
Sulla scena minimale, con pochi elementi quali specchi con solo le cornici, una scritta finale su schermo circa la vita che non conclude, testualmente riportata dal libro pirandelliano, Lo Verso traccia una parabola che sa conservare significati etici, antropologici, esistenziali ancora del tutto vivi.
A volte, anche attraverso l’uso della voce, si registrano dei passaggi disarmonici, stonati, coi quali Lo Verso – Moscarda traccia il senso di un’ironia, e autoironia, che prende le distanze dalle ambiguità, dalla follia, dall’ipocrisia, dalla totale relatività del vivere e delle sue mascherature.
Il finale, giocato a mio parere un po’ frettolosamente, è una sorta di catarsi, o meglio, di invito a una catarsi interiore, nel saper riconoscersi parte dell’infinto tutto della Vita (la Zoè dei Greci) e del Cosmo-Kaos.
Uscendo mi è parso di cogliere che tale finale fosse poi atteso un po’ da tutti gli spettatori, grazie anche alla probabile memoria letteraria a molti comune.
Sono previste ancora repliche in diverse piazze italiane, e non.
Uno, Nessuno, Centomila
dall’omonimo romanzo di Luigi Pirandello
adattamento e regia Alessandra Pizzi
con Enrico Lo Verso
foto di scena Fiorello e Frank.
Festival di Mezza Estate, Tagliacozzo, 18 agosto 2018.