Nella nuova pellicola di Woody Allen, A Rainy Day in New York, piove così tanto che quando le luci in sala si riaccendono hai l’impressione di aver dimenticato l’ombrello. Questo film conferma ancora una volta quanto Allen ami sopra ogni cosa New York sotto la pioggia e la pioggia in generale. Contrariamente a quanto accade alla maggior parte delle persone, quando il regista si sveglia e, guardando oltre la sua finestra, si accorge che lo aspetta una giornata nuvolosa, sembra essere contento, sollevato.
Nei suoi film, infatti, difficilmente troviamo il sole. Piove in Hannah e le sue sorelle, in Radio Days, in Crimini e misfatti. Addirittura, in Mariti e mogli un personaggio si chiama Rain e sempre in questa pellicola lo stesso Allen, nei panni di Gabe, dirà «Sai che ti dico? Finché non ti hanno baciata in uno di quei piovosi pomeriggi parigini, non sei mai stata baciata». Anche in un film “soleggiato” come Match Point alla fine sarà proprio un temporale a far avvicinare i due amanti. Oltre alla bellezza malinconica della pioggia, Allen crede che essa abbia il potere di avvicinare i personaggi, creando in loro una forma di turbamento che li fa deviare, in qualche modo, dalla traiettoria abituale. Quando piove, essi trovano rifugio sempre da qualche parte e scoprono così una nuova forma di intimità.
A Rainy Day in Ney Work si presenta quindi come la consacrazione definitiva del cinema di Allen alla pioggia e a Manhattan. Se negli altri film, la pioggia è certamente presente, ma rimane comunque una presenza secondaria, qui invece è la protagonista assoluta. È invadente nel suo scrosciare senza sosta. Perfino New York finisce per essere sullo sfondo. È qui che Ashleigh e Gatsby, interpretati da Elle Fanning e Timothée Chalamet, hanno in programma di passare un fine in settimana insieme. Si sono conosciuti al college e sono entrambi appassionati di cinema. Lei ha già le idee chiare sul suo futuro da giornalista, mentre Gatsby non sa ancora bene quale direzione prendere.
Un giorno ad Ashleigh si presenta un’occasione unica: intervistare a New York Roland Pollard, uno dei registi che ammira di più. Gatsby naturalmente l’accompagna. Sarà l’occasione, pensa, di mostrarle la città in cui è cresciuto. Ma, quella che aveva l’aria di essere una breve intervista, si trasformerà presto in un’avventura rocambolesca, da cui Gatsby viene completamente tagliato fuori. Improvvisamente i due protagonisti si separano. Da un lato, lo stordimento e l’entusiasmo crescente di lei, a cui continua ad accadere l’impensabile; dall’altro la delusione e la rabbia di lui, che comincia a vagare nelle strade newyorkesi. Woody Allen è sempre abile nel mostrare come nelle coppie, specialmente in quelle più giovani, il viaggio sia rivelatorio. Lo avevamo già visto in Midnight in Paris e in To Rome with Love.
Questo film allora si presenta come il compimento perfetto di una potenziale trilogia. Anche qui i protagonisti, una volta raggiunta la metropoli, scoprono di avere attese e desideri diversi e finiscono per inseguire altre esperienze. È come se, attraverso questa rottura interna alla coppia, Woody Allen volesse contemporaneamente mostrare una frattura della città, due modi di intenderla e di concepirla.
È una New York da vivere in solitaria quella di A Rainy Day in New York, al contrario di quella che troviamo in Io e Annie del 1977, dove la coppia domina la scena per tutto il film. Si tratta però di una solitudine che non è destinata a durare molto ma che è sufficiente a mettere a fuoco l’altro, come accade durante tutte le assenze.
L’attore Timothée Chalamet riesce a rendere bene lo spirito di un ragazzo delicato e sensibile, non solo quando è al pianoforte, ma anche quando attraversa la città a passo lento. Lo vediamo cambiare in poche ore, abbandonare la leggerezza dell’inizio e afferrare in poco tempo nuove occasioni, senza per questo rinunciare alla sua purezza. Ashleigh invece è più immatura, tanto da non accorgersi di quanto quel giorno abbia cambiato entrambi. Ora che ha tra le mani la sua intervista, il suo scoop, è finalmente appagata e pronta a rientrare. È affascinante nel suo essere abbagliata dalla bellezza del presente, nella sua ansia di dover cogliere ogni occasione.
Woody Allen, fotografando le dinamiche di coppia, mostra come siano i momenti apparentemente più insignificanti, come quando Ashleigh non sa cogliere un verso di Shakespeare, a svelare le verità. Eppure, forse, la grande differenza tra Ashleigh e Gatsby è in fondo soltanto una: mentre lo stato d’animo di lui finisce per riflettersi nella malinconia che la pioggia di New York porta con sé, lei, se non accidentalmente, non si accorge neppure che sta piovendo.